Il martellante (e pateticamente scopiazzato) slogan "yes, we can!" è diventato "yes, we did it!", "si, l'abbiamo fatto!". Barack Hussein Obama ha stravinto le elezioni ed è diventato il primo presidente nero nella storia degli Stati Uniti, completando di fatto il percorso iniziato secoli fa dal repubblicano Abramo Lincoln e affrancando definitivamente i democrats dalla loro storia grondante sangue di schiavi.
Tutto bene, dunque? No. NO. L'unica cosa positiva è che Obama ha stravinto: una vittoria di misura sarebbe stata drammatica. Ma al di là di questo, è il buio più totale: le incognite sull'adeguatezza del personaggio al ruolo incredibilmente gravoso cui è stato destinato permangono tutte e, anzi, si acuiscono con lo scemare della musica rap e dei fuochi d'artificio che hanno illuminato la scorsa notte.
Il "change" professato in tutti questi mesi (anni) durerà molto di più: a meno che Obama non si circondi fin da subito di un certo numero di collaboratori repubblicani nel segno della continuità istituzionale (cosa che, peraltro, aveva promesso più volte), questa sorta di "interregno" dovuto alla necessità di sostituire praticamente tutti gli apparati di potere americani è destinata a durare, e come tutti gli interregni sarà un periodo di alta instabilità geopolitica, in cui tutti i galli faranno a gara a chi starnazza più forte. E non è che il mondo difetti di galli, ultimamente. Non sommiamoci poi sopra la crisi economica, che da grande alleata ora è la grande sfida del neo presidente e dei democrats.
L'impressione è che Obama sia troppo piccolo per il futuro che lo aspetta: vedremo se l'impressione si rivelerà sbagliata, ed il Cielo lo voglia. Vedremo se sotto lo strato di lustrini e ottima retorica c'è la stoffa di un leader con gli attributi. Il Cielo lo voglia.
Registriamo, intanto, e a malincuore, le scomposte reazioni nei tradizionali luoghi della politica da bar, Italia in testa. Da una parte, il prevedibile, povero, triste e patetico Veltroni che ci ricorda come il vento, già cambiato al di là dell'Atlantico, sta per cambiare anche al di qua (sic!); dall'altra, Beppe Grillo e Travaglio in piena estasi da "l'avevo detto io!" (ovviamente oggi), e giù con i vari Testa d'Asfalto & C.; Berlusconi che non aspetta neanche tre secondi dal concedes di McCain per ricordarci che è molto spiritoso e che, da bravo nonnetto settantaduenne, ha due o tre cosine da insegnare allo sbarbatello dell'Illinois (cosa, peraltro, molto probabilmente vera, ma un "buon lavoro Presidente!" era sufficiente); ci manca solo Franceschini che rivendica il ruolo del Pd nel trionfo dei neri d'America, e siamo a posto.