domenica, maggio 31, 2009

L'ultima spiaggia

Inizia oggi l'ultima settimana prima delle elezioni europee ed amministrative (seguite poi dai ballottaggi e dal referendum sulla legge elettorale). E' l'ultima occasione per un Pd disperato di assestare la zampata all'odiato nemico: finora tutti i tentativi sono risultati vani.

Sentenze ad orologeria, gossip di bassissima lega, diffamazioni, finte inchieste, corruzione di falsi testimoni, sputtanamento internazionale, accuse di pedofilia, tutto è stato tentato e tutto ha fallito.
Ma ci sono ancora sei giorni ed infinite possibilità. Già oggi si è tentata la carta delle fotografie compromettenti, anche quella andata a vuoto. La cosa più probabile (conoscendo i soggetti) è che spunti fuori una qualche "super-testimone" che dirà di essere stata adescata o violentata o costretta a chissà quale prestazione in cambio di qualche favore, magari nel mondo dello spettacolo; con tanto di codazzo di super inchieste di Repubblica e di fotografie taroccate di qualche paparazzo assoldato per l'occasione.
Teniamo presente che di fronte a sé il Pd ha il baratro: l'oblio, la scomparsa definitiva dalla scena politica, lo smembramento. Che, per quella gente, significa la fine del potere. Hanno moltissimo da perdere, e lo sanno. E tra il mantenimento di questo potere e loro stessi c'è, in fondo, un maledetto settantaduenne che non vuole morire. Non lasceranno nulla di intentato, perché in questo non hanno niente da perdere.

venerdì, maggio 29, 2009

La mala información: Introduzione e Capitolo I

Inizia oggi una nuova rubrica: "La mala información" (in spagnolo: "Disinformazione"), sottotitolo possibile "La distrazione come come strumento di consenso".

E' un vizio molto presente nel giornalismo italiano, ben rappresentato dai due quotidiani più importanti: Repubblica e il Corriere della Sera. A volte sembrano fare a gara a chi implementa meglio quest'arma, subdola, quasi invisibile, ma che ottiene l'effetto voluto sul breve e medio termine: instillare il dubbio, deviare l'opinione pubblica, creare luoghi comuni artificiali. Basta vedere cosa sta succedendo in questi giorni con l'affare "Noemi": un classico dello stalinismo per principianti, eppure applicato come se nulla fosse e foriero di seri grattacapi per le sue vittime, nonostante il ridicolo dell'impianto. Si butta là una mezza accusa, velata, non circostanziata, appena al di qua del limite della querela, ma si pretende dalla vittima una presa di posizione invece netta, pubblica, chiara e definitiva, pena il ricorso al piagnistéo della libertà di stampa vilipesa e della verità occultata. Un giochino facile da implementare e dal sicuro successo, perché instilla il dubbio, crea un precedente: la prossima volta sarà ancora più facile, perché si potrà basare la nuova calunnia sulla vecchia, come se quest'ultima fosse da sempre un'acclarata verità.
Si gioca sull'ingegneria sociale (anzi, psico-sociale), sulla scarsa attenzione del pubblico, come fa un bravo illusionista: tutti a seguire ipnotizzati la mano destra mentre la sinistra fa il trucco. Tutto alla luce del sole.

Bene, questa è la teoria. Come si mette in pratica? Facilissimo, se hai a disposizione un quotidiano a tiratura nazionale. Si dirà: serviranno "strilli" nello stile de Il Manifesto? Articolesse ingiuriose come quelle pubblicate un giorno si e l'altro pure su L'Unità o sul blog di Beppe Grillo? No. Fosse così sarebbe facile, ma di scarso successo: la gente sa leggere, mediamente.
Invece, non sa pensare. E, soprattutto, è superficiale e di memoria molto corta. E ragiona con la pancia. Quindi, si gioca di fino.
Gli esempi sono innumerevoli, come moltissimi sono gli ambiti nei quali la stampa "mainstream" (ma anche la televisione) utilizza tecniche di ingegneria psico-sociale per tentare di creare o deviare il consenso; ma mi limiterò al bersaglio grosso, alla vittima più facile da colpire e contro la quale gli attacchi sono, più che quotidiani, all'ordine dell'ora se si considerano le edizioni online dei giornali in questione. Si, certo, sto parlando di Berlusconi, ovviamente. E di come - scientificamente - ogni fatto, ogni dichiarazione, ogni cronaca, ogni riferimento alla sua persona ed alle istuituzioni che rappresenta o appoggia sia studiato a tavolino e costruito col preciso intento di fornire al lettore un messaggio preconfezionato, che prescinda dal suo orientamento politico, culturale ed ideologico, nonché dalla materia particolare del "pezzo" giornalistico in questione. Un messaggio che segua pedissequamente i dettami della Direzione, il climax imposto nelle sale riunioni, che deve essere quello e guai a deviare. Un misto di parole ed immagini "montate" ad arte, come nei tristemente famosi film dei complottisti sull'11 Settembre o sugli UFO, che decidono una Verità e piegano ogni realtà di conseguenza in modo da giungervi comunque e senza possibilità di contestazione o replica. A meno di non conoscere il trucco.
Andiamo quindi ad incominciare. Vedremo che, come dicono gli anglosassoni, there's more than meets the eye.













Il Corriere della Sera online, 29 maggio 2009, ore 23:00

Osserviamo il box qui sopra: nella sua apparente normalità, è un classico compendio di quasi tutte le tecniche di distrazione ed incalanamento ampiamente usate in questi quotidiani contro il loro Avversario.
Iniziamo dal titolo, in realtà composto da due titoli: "Il premier: pm vogliono ribaltare voto" è il titolo minaccioso; "E ai terremotati: li mando in crociera" è quello apparentemente ridicolo. E' una tecnica efficace: unire assieme queste due categorie di attribuzioni in modo da creare l'immagine di un pericoloso pazzo che un po' tira legnate a destra e a manca e un po' esce di testa e spara assurdità ad alzo zero. Risultato: inaffidabilità e pericolo.
Ma prima dei titoli, l'intestazione: "Berlusconi a tutto campo". Viene usata spesso, questa frase, per indicare il fastidio di un soggetto che "si impiccia" di cose che non lo riguardano, l'irritazione di fronte ad uno che si permette di parlare di questo e di quello quando dovrebbe limitarsi ad una sola parola, e forse manco a quella.
Subito sotto: "Berlusconi insiste". Altro escamotage: si dipinge il soggetto come uno che "da 'sta recchia proprio nun ce sente", come si dice a Roma. Si lascia sottintendere che, nonostante il finora bonario richiamo di qualche autorità superiore, il "discolo" si incaponisce nella sua marachella. Risultato: delegittimazione. La frase riportata in virgolettato, poi, completa l'opera: spesso sono spezzoni avulsi dal loro contesto, scelti per il colore delle singole parole, spesso riorganizzate o rafforzate ad arte. (Attenzione ad una cosa molto importante: nonostante quanto si sia portati a presupporre, le virgolette non sono mai garanzia di stenografico. Anzi.)
Subito dopo, il riferimento a due soggetti "autorevoli": il CSM e Nicola Mancino. Un tocco di ufficialità alla "ramanzina" rafforza l'effetto e dipinge la vittima come uno che non ha rispetto neanche per tali istituzioni. Risultato: eversione.
A sugello della bassezza della persona, infine, la galleria di immagini che la mette alla berlina, pur non avendo alcun nesso col soggetto dell'articolo. Evidente il contrasto con la "serietà" degli argomenti trattati nelle righe precedenti. Risultato: sprezzo ed incoscienza.
Su tutto, la scelta - arbitraria - di far commentare ai lettori l'articolo collegato al box: è il primo livello di enfatizzazione e pubblicizzazione, molto efficace dal momento che fa leva sulla voglia del lettore di apparire col proprio nick, di poter dire "la sua" in un'illusione di partecipazione. Il secondo livello - usato in altre occasioni che non mancheranno di entrare in questa ribrica - è la traduzione in inglese in modo da esporre più facilmente la vittima al ludibrio internazionale, da riusare poi di ritorno per
guadagnare punti-autorevolezza.
Sullo stesso argomento, Repubblica mette in atto anche un altro sistema, ancora più diretto (il lettore medio di Repubblica è meno raffinato culturalmente di quello del Corriere, quindi basta meno): il contrasto tra il tema serissimo del dopo-terremoto in Abruzzo e la fotografia di un Berlusconi ilare. Risultato: vilipendio e presa per i fondelli.

giovedì, maggio 28, 2009

Italy isn't a "Repubblica"

It's time to write down some words in English, since you foreign newspaper employees and reporters don't understand Italian at all. I'm sure about that, since the only news you're pulling out from Italy are those copied and pasted from the Repubblica web site, the only italian newspaper (along with the infamous Beppe Grillo's blog) that translate its junk in a language suitable to you.

You have to be aware that Repubblica isn't a real window over the italian country and people: is a political arm driven by restless enemies of the italian Government and people, and its journalists and columnists are only workers paid by Carlo De Benedetti, one of the worst and strongest Berlusconi's enemy since its defeat in the SME affair. Repubblica and Beppe Grillo translate in English their political actions in order to gain foreign support from newspaper and politicians not aware neither of the italian history and culture nor of its language. They count on you: they take back every word you write back about Italy and use them as a proof of their honesty and authority, using you as a remote controlled echo machine.
In Italy, the left parties are dead. The History and the parties itself killed them. People don't trust them anymore, event the Fiat workers now sopport Berlusconi's PdL party, the only able to rebuild this country after six decades of non-govern. Repubblica (and the Democratic party behind it) is trying to distract italians (and you) pushing a blonde teen into the Berlusconi's bed after pulling its wife out of it: page two of the Little Stalinist How-To Manual.
So, please: learn yourself the Italian language and begin to read other news sources than Rapubblica and Beppe Grillo's blog. You'll be surprised.

mercoledì, maggio 27, 2009

Senza controllo

Sono come i bambini, senza il senso della misura tipico dell'esperienza, degli adulti. Che se dai loro in mano il telefonino di papà non si limitano a giocherellarci schiacciando i tasti ed ascoltando rapiti gli strani suoni che produce: lasciati a loro stessi, in capo a tre minuti del prezioso gingillo non rimangono che vaghi ricordi e qualche frammento di plastica contro ad un muro.

Così 'sti poveretti della sinistra e del resto delle sedicenti "opposizioni" al Governo italiano: lasciati a loro stessi non sono capaci di controllare le proprie estremità e pisciano fuori dal vaso.
Con la differenza che un bambino magari lo sgridi un po', ma poi lo prendi in braccio e lo rassicuri che è bravo e che la prossima volta farà meglio; questi qui no. Per lorsignori non basterà manco la scarica di legnate che sta per abbatersi sulle loro chiappe: diranno che è colpa del fratellino un po' fascista.

Quattro veli di bile

Puntuale come la morte arriva l'ormai canonico editoriale inglese ammazzasette, ennesima replica dell'ormai mitico "unfit" col quale l'Economist bollò Berlusconi prima delle elezioni 2001. Leggendo il pezzo, stavolta propinato dal Financial Times, nessuna sorpresa: il solito decotto di luoghi comuni, falsità e leggende metropolitane preso di sana pianta da Micromega o L'Unità o Repubblica e spiattellato per il diletto dei pochi giapponesi che ancora non hanno capito un'acca di cosa stia succedendo.

Bontà sua, l'anonimo pennivendolo d'oltremanica concede che Berlusconi non è Mussolini e che l'Italia non sia già in un secondo Ventennio; ma poi si riprende subito, e precisa che la differenza sta nel fatto che Mussolini aveva al suo comando squadracce di camicie nere, Berlusconi ne ha di vallette.
Tra un'amenità ed una pretesa di analisi politicoide, lo scribacchino conclude affermando che no, non è "fascismo" (è fissato, poverino...), ma è un "pericolo" ed un "esempio maligno" per tutti.
Il poveretto, evidentemente, non vive in Inghilterra, dove farebbe bene a rivolgere il suo scandalizzato e spaventatissimo sguardo. Una nazione già finita nel baratro dell'autoannullamento identitario e culturale, che s'è calata braghe e mutande e s'è messa a 90° di fronte a tutti gli imam di passaggio, retta da una classe politica corrotta che fa da contraltare ad una casata reale ridicola e totalmente fuori dal mondo; una nazione che è alla radice della quasi totalità delle guerre e dei genocidi attualmente in corso, il cui colonialismo misto a menefreghismo gettarono le basi per l'infinito conflitto mediorientale; una nazione la cui economia è ridotta ad un lumicino, molto molto molto più fioco di quello italiano, ma tenuto su a suon di fanfare, cioccolata alla menta e pretesa di superiorità sui "terroni" europei. Nebbia sulla Manica, continente isolato.
Non ha alcun diritto, quel giornale, di emettere giudizi copiaincollati da Repubblica a pochi giorni dalle elezioni: ma lo fa, ed entra così trionfalmente nel gotha dell'Autorevole Carta Igienica di Qualità, cosa della quale - è noto - c'è sempre bisogno.

martedì, maggio 26, 2009

Only the brave

Fa specie notare come, al di là del rumor di unghie sugli specchi, nessuno dei neomoralisti all'amatriciana che volteggiano attorno alla ragazzina napoletana e alla sua famiglia abbia le palle per dire la parola magica.

Si fanno le Dieci Domande che manco Mosè, si va a caccia del video dell'amica della cugina, si traduce in inglese l'articolo-monnezza in modo che il solito Guardian possa lanciare i suoi strali d'oltremanica per poi europeisticamete gongolare dell'ennesima pretesa fasulla figura di merda italiana, ci si avvita in inchieste, retroscena, fondi, editoriali, sermoni e pistolotti da stracciar gli attributi pure ad un morto, ma nessuno ha il coraggio di mettere in fila Berlusconi e la ragazzina nel modo giusto.
In fondo, settantadue anni e rotti mica sono un problema per uno senza mezza prostata, un pace maker e Dio solo sa quali altre diavolerie bioniche in corpo. E non dimentichiamo che - Bill docet, l'avete chiamato voi "metodo Carfagna", se non vado errato - non c'è poi stringente bisogno di faticare le proverbiali sette camicie per deliziar il reale augello.

Quindi, caro D'Avanzo, caro Lerner, caro Franceschini, cari farisei tutti, vi preghiamo: non abbiate paura di schiantarvi, mettete a dimora tutto l'encomiabile lavoro di fantasia fatto finora ed andate al sodo, fate il salto di qualità, fate l'unica domanda che è degna di essere fatta, e prendetevene la responsabilità, mettetela nero su bianco, tradotta in dieci lingue, col vostro nome sotto. «Berlusco', ma poi: te la sei trombata o no? Racconta!»

lunedì, maggio 25, 2009

Gli zoccoli, il Titanic e l'Armageddon

Sono mesi che Beppe Grillo va cianciando sul "suo" blog che giugno sarà il mese della verità, che mandrie di bufali incazzatissimi stanno marciando a ritmo serrato verso Roma e che il rumor di zoccoli aumenta ogni giorno.

A cosa si riferisce? Boh. A volte alla crisi economica, a volte alle sue liste civiche, a volte alle scie chimiche, a volte alle palline di ceramica da mettere in lavatrice. Lo sa solo lui. Ma non ce ne frega nulla, il punto è un altro.
Il punto è che giugno sarà veramente il mese della svolta: sarà il mese del definitivo, totale, abissale, insondabile, inimmaginabile, stellare successo del PdL e di Berlusconi in particolare. E, come al solito, il merito andrà tutto alle sedicenti "opposizioni", Pd in testa. Che, come anche i sassi sanno, di Berlusconi sono da anni i migliori alleati.
Come il Titanic che, tronfio e vanesio, marcia spedito verso l'iceberg che lo aspetta per distruggerlo nel suo mito prima che letteralmente, così il Partito Democratico è lanciato come un bolide a bordo della velocissima (ma scarsamente manovrabile) corazzata "Repubblica" contro un ostacolo che - per sua sfortuna - è molto, molto, molto più robusto dell'accozzaglia di lamiere messe su per l'occasione dal capitano Franceschini e dal nostromo D'Avanzo: il nome di questa bestiale parete di travertino a picco sul Mar della Politica è "Noemi". Roba da documentario "monster" di Discovery Channel. Un nome che, tra meno di un mese, equivarrà a quello dell'asteroide che ha schiantato la Terra spazzando via i dinosauri, verrà ricordato nei loft di tutta Italia con un moto di terrore e scoramento pari solo a quello provato di fronte ai nomi Katrina e Krakatoa, sarà l'orrendo protagonista delle storie di paura che i bambini progressisti dei decenni a venire si racconteranno sotto le coperte.
E non è un caso che il comandante dell'altra nave, il commodoro Di Pietro, che anche se comanda un cargo carico di letame non è uno scemo, abbia abbaiato nell'interfono di bordo "30° a dritta e macchine avanti tutta!", staccandosi decisamente dal "Repubblica" e quasi cappottando per la virata a 3g cui ha costretto la sua sgangherata carretta. Sperando così di portarla in salvo. Verso Capo Mills.
Ha ragione, quindi, Beppe Grillo: giugno sarà il mese dell'Armageddon. Ma non per tutti, anzi.

Distrazioni

Ecco uno stralcio del drammatico appello che un gruppo di intellettuali, accademici, studiosi, comuni cittadini appartenenti all'antichissima etnia Baloch ha rivolto all'UNHCR (il cosiddetto "Alto Commissariato ONU per i Rifugiati"):
«[...] With respect to the Baloch Nation struggle for freedom, and abduction and cold-blooded murders of Baloch political leaders, we, the undersigned Baloch national and international organizations, and the Baloch people wish to draw your attention to the deteriorating human rights situation in Balochistan and to the abuse of human rights by the state fascist military organizations, illegal and extrajudicial abductions, tortures and killings of Baloch people and encourage your organization to take initiative to probe the cases and bring the perpetrators to the court of Justice.
After the lapse of a more then 45 days of the incidence of cold-blooded murders of Baloch political activists Ghulam Mohammad Baloch, Sher Mohammad Baloch and Lala Muneer Baloch by the Pakistani Military Intelligence Agency (MI) and Inter Services Intelligence (ISI). Until now not a single initiative has been taken neither by UNO, nor by UNHCR and nor by any other organization to probe the cold-blooded murders and bring the perpetrators to any court of justice. [...]»
E certo. Sono tutti impegnati a catalogare i crimini contro l'umanità dell'Italia.

[Immagine: balochwarna.com]

Non si dimentica

Nonostante qualche povero deficiente abbia pensato bene di distruggere la stele commemorativa delle vittime dell'11 Settembre, che si trovava a piazza di Porta Capena a Roma, qui non si dimentica quell'atroce giorno che ha segnato una svolta definitiva nella Storia moderna.

3017 morti, 6300 feriti, un quartiere di New York semidistrutto, un'ala del Pentagono ridotta in macerie, quattro aerei di linea usati come missili, due guerre con un numero indefinibile di vittime, un dittatore caduto, la Storia cambiata per sempre: tutto questo e molto altro era ricordato da una piccola stele di pietra, lì a testimoniare la vicinanza della città di Roma con tutte le vittime di questa follia. Un simbolo, certo, ma un simbolo importante; evidentemente non per il balordo (o i balordi) che, magari convinti di abbattere un'altra "torre" e sputare così sulla stessa società che li ha inutilmente partoriti, pasciuti e protetti, lo hanno disintegrato portandosene via la maggior parte.
Non era il simbolo di un capitalismo ferito, era un ricordo per chi - innocente - ha perso la vita quel giorno terribile; per chi non è stato ancora ricomposto in una bara. Ci sono più di diecimila frammenti di ossa e tessuto umano che non si sono a tutt'oggi riusciti ad associare ad alcuna delle vittime accertate, gli ultimi resti umani sono stati ritrovati nel 2006 a centinaia di metri da Ground Zero, sul tetto di un palazzo da demolire. Neanche un pensiero così ferma i decerebrati che vagano nella notte romana, rifiuti di un'umanità troppo generosa nel dispensare vita ove se ne farebbe volentieri a meno mentre è troppo provata nel perderla dove ve n'era di meritoria di essere vissuta.

venerdì, maggio 22, 2009

La carica delle mummie

Quando 200 tra "esponenti del mondo della cultura, della scienza, dello spettacolo, della societa' civile e del mondo del lavoro" (non ho ancora controllato, ma ci saranno certamente anche magistrati e giudici assortiti) escono dalla tomba della Storia e si mettono a camminare per le luminose strade del Comunismo (ma non era morto?), abbiamo la certezza che il Giorno è giunto. Quello del Giudizio, l'Armageddon, la Notte dei Morti Viventi, il Ritorno della Mummia.

Chi si salverà?

giovedì, maggio 21, 2009

Il Quirinale risponde a Grillo

Non era dovuto. Il Quirinale s'è abbassato - come istituzione, non come signor Napolitano - a colloquiare con Beppe Grillo, dando a quest'ultimo una dignità che non possiede (fatta eccezione per quella di default di un comune cittadino italiano).

Il comico aveva posto cinque "domande" a Napolitano circa il Lodo Alfano, ovviamente col suo solito modo di fare sprezzante, odioso, altezzoso, presuntuoso, pretestuoso, prevenuto, parziale e falso (non erano infatti domande: erano piuttosto affermazioni tendenziose e retoriche - dal suo punto di vista); ed il Quirinale ha ribattuto, ovviamente facendogli fare - ed è solo un dettaglio secondario - l'inevitabile figura da cioccolataio.
Chissà se Grillo farà pubblicare la risposta sul "suo" blog. Io dico di no; almeno, non senza infarcirla degli abituali insulti sudati ed urlati.

**UPDATE del 22/05/2009**
E invece l'ha pubblicata. Ovviamente c'è rimasto male, proprio non si capacita di come possa il Lodo Alfano "risultare costituzionale" a Napolitano. Come se il fatto che il Presidente della Repubblica abbia risposto ieri alle cinque domande di Beppe Grillo metta il sugello definitivo di costituzionalità sulla legge; oggi è "costituzionale", fino ad ieri non lo era veramente fino in fondo.
L'Italia se n'è fatta una ragione da un pezzo, chissà che un giorno non se ne faccia una anche Beppe Grillo.

One question

Qualcuno trovi una singola ragione al mondo per l'aver tradotto in inglese questa pagina del sito di Repubblica (disponibile anche a parte), che ovviamente non sia il patetico tentativo di sputtanamento internazionale del governo, degli italiani e di Berlusconi facendo credere ai boccaloni oltre confine che questo ignobile popolo s'è eletto un bieco pedofilo per capo.
Repubblica è un problema, è una vergogna nazionale. Ma non la elimineremo, ce la terremo così com'è: il 40% è ancora poco, il PdL con questi nemici può arrivare tranquillamente al 90%. E allora di Repubblica proprio più nessuno sentirà la mancanza.

mercoledì, maggio 20, 2009

Aguzzate la vista

Scovate le dieci piccole differenze.

Domanda: ma li trattano con l'elettroshock prima di mandarli al macello contro Berlusconi? No, perché si spiegherebbero molte cose...
Ma, un momento: anche tra i manettari non togati pare dilagare lo stesso problema:

La cosa è decisamente preoccupante. Qui c'è sotto un gomblotto bello e buono, governo ladro!

E poi di' che non mantiene le promesse.

martedì, maggio 19, 2009

La disintegrazione dell'identità

Bisogna fermarli. Presto. Prima che il danno sia irreparabile, prima di fare la fine dell'Inghilterra o dell'Olanda. Cominciamo da Nunzia Marciano, direttrice (ora tocca dire "dirigente scolastica", come "operatrice ecologica" per spazzina, "non-normodotata" per handicappata) della scuola elementare statale "Carlo Pisacane" di Roma. O meglio, di quella che rischia di essere la scuola elementare statale "牧口 常三郎" (si legge "Tsunesaburō Makiguchi") di Roma.

Perché l'insigne direttrice, già nota per aver obbligato i suoi scolaretti a fare un presepe con personaggi vestiti con cristianissimi burqa, per dirigere la scuola a più elevato tasso di stranieri in Italia (solo 8 alunni sono italiani) il cui problema starebbe - secondo lei - nell'emarginazione dei bimbi stranieri da parte di quelli italiani (sic!) e per aver fatto confezionare ai bambini cappellini di carta fatti con manifesti antisionisti, ora fa bingo e pretende di cambiare direttamente il nome alla scuola, intitolandola a un "famoso pedagogista giapponese". Che sarà pure famoso a casa sua e per i suoi tanti e tali meriti magari sarà pure degno di avere scuole intitolate in giro per il mondo; ma che si cambi in questo modo l'intitolazione di una scuola che è già icona della disintegrazione dell'identità e della cultura italiane è semplicemente inaccettabile.
Poveri bambini. Non basta che si debbano sorbire nei "progetti scientifici" colà propinati i sermoni di Alberto Alberti (pedagogo comunista che va discettando del dualismo tra Figaro e l'Omino di Burro); ora debbono pure mettersi a piangere se un amichetto gli chiede "a che scuola vai?", dato che non saranno mai in grado di pronunciare quel nome senza slogarsi la lingua.

**UPDATE del 21/05/2009**
Com'era ovvio, la direttrice fa marcia indietro e rinuncia all'insulto del cambio di intitolazione della "sua" scuola. Casca pure dal pero affermando che "non si aspettava tanto clamore". E l'insulto viene così girato agli italiani, che si agitano per un nonnulla. Tipico.

sabato, maggio 16, 2009

Il due di picche

Fa sempre piacere (un piacere intenso, una goduria) leggere le dichiarazioni di chi non porta il cilicio del politicamente corretto e del pensiero unico. Oggi è la volta di Ignazio La Russa, Ministro della Difesa: «L'UNHCR conta come il due di picche, cioè un fico secco».

Amen, fratello! Mai fu detta cosa più giusta, eppure nel nostro tempo infettato dal buonismo terzomondista e progressista all'amatriciana, essa suona come una bestemmia.
Non staremo a ripetere quanto già ampiamente detto e ripetuto, registriamo solo come stavolta a saltar su è l'ennesimo esponente delle anime belle, l'ulteriore vedova candidata dalla sinistra per raccattar consensi ormai impossibili: «Speriamo che alle frasi vergognose del ministro della Difesa contro l'Alto Commissario per i rifugiati dell'Onu seguano le immediate e opportune scuse. Disumano è fare respingimenti senza attenersi alle regole internazionali». Parola di Rosa Calipari, che di "regole internazionali" dimostra di non conoscere un bel niente, così come delle azioni della sua parte politica: l'accordo con la Libia, finora mai applicato, fu siglato dal governo Prodi, lo stesso che le regalò lo stipendio al Senato.

**UPDATE del 17/05/2009, 13:51**
Il giorno dopo, La Russa tiene botta e ribadisce quanto affermato (e ci mancherebbe!) non cadendo nel tranello delle "richieste di precisazione", vecchio trucco usato per far dire a qualcuno tutto ed il contrario di tutto, a seconda delle convenienze.
Ovviamente lo schiamazzo dall'altra parte del fiume non si placa, e Casini e D'Alema fanno a gara a chi spara la panzana più ridicola. Buon segno.

venerdì, maggio 15, 2009

Promesse

George W. Obama: «Chiuderò Guantanamo in 7 giorni». «Anzi, no».

giovedì, maggio 14, 2009

Mirror climbing

Non contenti di seminare pelosa disinformazione e patetici arrampicamenti sugli specchi ogni giorno che Dio manda in terra, a Repubblica hanno deciso di tentare il tutto per tutto e, visto che le elezioni si avvicinano e le cose si mettono sempre peggio, di affidare a Giuseppe D'Avanzo una chilometrica "inchiesta multimediale" sulla ragazzina e sul "papi", che promette di andare avanti per settimane. Leggendola, è roba da farsi venire la pelle d'oca: nel fare domande e dare anche le risposte, si usa la stampa (Repubblica in primis) come leva per dimostrare la falsità o l'incoerenza delle dichiarazioni date da Berlusconi ed altri alla stampa stessa, il tutto a mezzo stampa. Come a dire, ci si affida a Rumsfield ed al suo staff per indagare sulle torture di Abu Ghraib e si usano le sue dichiarazioni per dimostrare che là non c'è mai nemmeno stato un carcere. O a Di Pietro e Marco Travaglio per dimostrare che Dell'Utri e Mangano sono due parrucconi progressisti iscritti all'Italia dei Valori.

Il ridicolo nel quale si immerge D'Avanzo e nel quale tira tutto il giornale (ma non è certo una novità) porta automaticamente ad un'unica azione: mettere bene da parte il link a quella "inchiesta multimediale" e rivederci subito dopo le elezioni per sommergerli di grasse e berlusconianissime risate.

mercoledì, maggio 13, 2009

Le colpe dell'ONU

Apriamo bene tutte le orecchie. Tutti, soprattutto quegli esemplari farisei-anime-belle pronti ad indignarsi per il "razzismo strisciante di stampo leghista". Davide Giacalone ci spiega perché l'ONU non ha diritto di aprire bocca su quello che l'Italia decide e fa in materia di immigrazione clandestina.


«L’Onu ha grandi responsabilità, o, quanto meno, è colmo d’incapaci che aiutano il mercato degli schiavi ad essere fiorente. Visto che, al commissariato che si occupa dei rifugiati (Unhcr), non riescono a star zitti, è utile rinfrescare loro la memoria. E dato che non sono in grado, diciamogli anche che cosa dovrebbero fare. Il lettore scusi la pedanteria, ma questi ciarlieri e strapagati perditempo hanno stufato.

Cosa sia un “rifugiato” è stabilito dal primo articolo della convenzione relativa, firmata a Ginevra nel 1951. Può chiedere rifugio chi scappa da persecuzioni che abbiano ad oggetto la fede religiosa, la razza, la cittadinanza, l’appartenenza ad un determinato gruppo sociale o le opinioni politiche. Dato che non è ragionevole scappare da un Paese che l’Onu considera affidabile, sotto il profilo dei diritti umani e dell’assistenza ai rifugiati stessi, il punto E del sesto comma chiarisce: “La presente Convenzione non è applicabile alle persone che secondo il parere delle autorità competenti del loro Stato di domicilio hanno tutti i diritti e gli obblighi di cittadini di detto Stato”.

E, per evitare equivoci, poco dopo stabilisce che non è applicabile nemmeno alle persone che “hanno commesso un crimine grave di diritto comune fuori dal paese ospitante prima di essere ammesse come rifugiati”.

E veniamo alle cose pratiche: noi italiani saremmo degli incivili perché riaccompagniamo in Libia, dopo averli soccorsi, i barconi di migranti, fra i quali potrebbero esserci dei presunti rifugiati. Questa è la tesi dell’ex presidente dell’internazionale socialista, oggi a capo dell’Unhcr. La Libia, ci dice questo signore, non ha firmato la convenzione di Ginevra (grazie, lo abbiamo scritto noi per primi). Ebbene, abbia la cortesia di prendere una cartina geografica. Difficile credere che i migranti arrivino in Libia via mare, visto che da lì salpano per venire da noi. Arrivano via terra.

Quello che segue è l’elenco dei Paesi confinanti, e quella fra parentesi è la data, per ciascuno, dell’entrata in vigore della convenzione: Algeria (16 agosto 1992); Ciad (17 novembre 1981); Egitto (20 agosto 1981); Nigeria (21 gennaio 1968); Sudan (23 maggio 1974); e Tunisia (20 maggio 1956). Detto in modo diverso: ammesso e non concesso che il Paese di partenza non abbia aderito alla convenzione, per arrivare in Libia questa gente è, per forza, passata da un altro Paese, dove la convenzione è vigente. Perché non hanno chiesto lì, di essere rifugiati? Avrebbero fatto meno strada e corso meno pericoli.

L’Onu, anziché dedicarsi alla propaganda politica ed all’elaborazione di stupidaggini, potrebbe rendersi utile, perché visto che dall’Africa arrivano in tanti, sperando d’essere assistiti e rifugiati, la cosa più sensata è prenderli nel primo Paese convenzionato, anziché sottoporli al taglieggiamento dei criminali ed al rischio d’annegare. Quindi, scollino le chiappe dal lussuoso palazzo ginevrino, ed anziché regatare sul lago Lemanno si barcamenino in loco, rendendosi utili. Aprano dei begli uffici, o li rendano operativi, in uno od in tutti i Paesi elencati sopra, registrino le richieste, ne valutino la fondatezza ed assegnino delle destinazioni. Noi italiani prendiamo quelli che ci spettano, gli altri si rifugiano altrove.

Che fanno, invece, questi burocrati mondiali? Ci dicono: no, prima ve li prendete e poi esaminiamo. Naturale, a quel punto, che vengano tutti da noi, anche perché in Germania, in Francia, in Gran Bretagna ed in Grecia (per citare alcuni) l’immigrazione clandestina è un reato, mentre in Spagna no, ma provvedono sparando alle frontiere. Noi, invece, li soccorriamo, li facciamo sbarcare, e poi ci mettiamo mesi per capire chi sono, da dove veramente vengono e se hanno diritto all’asilo. I rifugiandi li mettiamo in albergo, come capita al Cara (centro assistenza richiedenti asilo) di Arcinazzo, vicino Frosinone, gestito dall’arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, dove la località turistica li fa villeggiare e li cura, a spese della collettività. Il sindaco dice anche che è un affare, visto che ci lavorano una quarantina di persone, mentre il proprietario dell’albergo non crede alle sue tasche, così trasformando un’economia sana in economia assistita, con la scusa dell’assistenza. Un capolavoro. In Svizzera, dove gli straparlanti commissari alloggiano, una roba simile non la permettono neanche se gli dichiari guerra.

La solare evidenza è un’altra: quei disperati sui barconi non sono perseguitati, sono morti di fame che, legittimamente, cercano una vita migliore. Solo che l’ignavia dell’Onu li consegna ai mercanti d’esseri umani e l’arroganza dell’Unhcr pretende di rifilarceli tutti perché siamo i più vicini via mare, i più esposti e quelli che non considerano reato la clandestinità. C’è un limite, e questi signori lo hanno superato».

Amen.

lunedì, maggio 11, 2009

Ciarpame italiano

Prendiamo un quotidiano online a caso, il Corriere della Sera, ed un giorno a caso, oggi, ed un'ora a caso, le 14:40. Elenco delle notizie più "cliccate" oggi dai lettori:

  1. Beatrice Borromeo accusa: «Marano mi ha insultato»
  2. Il regalo del premier a Noemi un collier da 6 mila euro
  3. Settecento invitati alla festa di matrimonio di Ginevra Elkann
  4. Londra sdogana la mini per tutte le età
  5. Berlusconi bloccato dal torcicollo ad Arcore: serata con il figlio Luigi
  6. Raidue blocca Vauro e Borromeo all'«Era Glaciale» della Bignardi
  7. «Il premier grande uomo. Ci ha riavvicinati il mio piccolo Lorenzo»
  8. Sul menu c'è l'insalata? Allora «potrai» scegliere il fritto misto
  9. Palermo: folle colpisce a martellate passeggeri alla stazione, 2 feriti gravi
  10. Albergo in Tirolo rifiuta famiglia ebrea e a Mauthausen irrompono i nazisti
Dici, vabbe': sarà l'ora di pranzo, sarà un giorno particolarmente sfigato di notizie serie.
Allora, ecco le più lette dell'ultima settimana:
  1. «Veline in lista? No, sono laureate Ecco la verità sulla festa di Noemi»
  2. Le foto di "papi" e il tormentone web Chi: scatti autentici, pronti a mostarli
  3. La «sorpresa» di Veronica Quella telefonata con Letta
  4. Veronica Lario prepara il divorzio Berlusconi: «Provo dolore, non parlo»
  5. «L'ho aiutato fino all'ultimo ma ora ha superato i limiti»
  6. Il premier e la festa di Napoli Scambio di accuse in tv
  7. «La signora» si dimette da moglie
  8. Franceschini e il caso Lario «Dal premier frasi patetiche»
  9. La pancia di Julia Roberts Elogio della bellezza non più perfetta
  10. E Fiorello scherza sul divorzio Berlusconi
Ancora increduli? Forse è stata una settimana atipica? Dici che non è possibile che il sito del maggiore quotidiano nazionale sia una specie di Novella 2000 travestita?
OK, allora andiamo all'ultimo mese, certamente troveremo la crisi, la pandemia, l'Afghanistan...
  1. Noemi, la diciottenne che dice «papi» al premier
  2. «Veline in lista? No, sono laureate Ecco la verità sulla festa di Noemi»
  3. Veronica Lario: «L'uso delle donne per le Europee? Ciarpame senza pudore»
  4. La mamma di Noemi irritata «Squallore sulla mia bimba»
  5. Berlusconi e il caso Veronica «Ecco le mie candidate»
  6. Le foto di "papi" e il tormentone web Chi: scatti autentici, pronti a mostarli
  7. Berlusconi: «Tre mie case per gli sfollati»
  8. La «sorpresa» di Veronica Quella telefonata con Letta
  9. Veronica Lario prepara il divorzio Berlusconi: «Provo dolore, non parlo»
  10. La febbre suina è in Europa L'Oms alza il livello di allerta
Com'era la storia delle veline-ciarpame?

domenica, maggio 10, 2009

I nuovi schiavi

Siamo alle solite: ogni qualvolta un esponente di una parte politica non allineata al pensiero unico delle sinistre dice le cose pane al pane e vino al vino, apriti cielo! ecco che si ricomincia a strillare e strepitare invocando tutti i santi (rigorosamente laici) del paradiso progressista.

In genere, tocca a quelli della Lega. Si sa, sono quelli meno politicamente corretti, quelli abituati a dire le cose come stanno, senza troppi giri di parole e metafore melliflue. Stavolta, tocca a Berlusconi: «La sinistra aveva aperto le porte, la sinistra era ed è quella di un'Italia multietnica: la nostra idea non è così, è quella di accogliere solo chi ha le condizioni per ottenere l'asilo politico».
Questa è una lapalissiana ovvietà, tanto banale da far storcere il naso. Eppure, nel clima pre-elettorale e - soprattutto - di putrescenza delle opposizioni, anche questo è utile per stracciarsi le vesti. E quindi, giù tutti a dissezionare il termine "multietnico", a pontificare su diritti umani, carità cristiana (sic!) e più o meno polverose teorie sociologiche viste in trasparenza contro la storia (ri-sic!). Una schifosa piccionaia.
Al solito, la realtà è molto più semplice, così stupidamente banale: le sinistre - progressiste o spaccavetrine che siano - hanno interesse a fare dell'Italia una specie di suk non certo per nobili ragioni umanitarie (la stessa storia delle sinistre mondiali nega seccamente tale possibilità), ma per mero calcolo elettorale a lungo termine. Caduto il muro di Berlino, venuta a mancare la forza oscura e onnipresente dell'Unione Sovietica, con i regimi totalitari comunisti ridotti a ridicole macchiette di essi stessi (se non fosse per i morti ed il dolore che tuttora riescono a provocare), private insomma della linfa vitale sia politica, che ideologica, che di consenso e che - soprattutto - economica, le sinistre dovevano sostituire il perduto bacino elettorale proletario, ormai smaliziato ed orientato da decenni da tutt'altra parte, con un altro bacino elettorale: e fu la posizione geografica stessa dell'Italia a fornir loro l'occasione.
Chi ricorda di un solo clandestino approdato sulle nostre coste prima della famosa ondata di albanesi, che avvenne in corrispondenza delle guerre balcaniche, gestite dall'infame "Ulivo mondiale"? Si, certo, ci furono i polacchi: distinti gentiluomini e quattro gatti, in confronto a coloro che li seguirono. Ma tolti i polacchi, chi? Ecco, nessuno.
Perché prima degli albanesi, e comunque prima del 1989, l'Italia non conobbe alcun flusso di immigrazione degno di nota, clandestina o regolare che fosse.
Ma da allora in avanti, fu una vera e propria manna: una marea di genitori di potenziali nuovi elettori, terreno vergine tutto da coltivare a pane e Marx, sfruttando l'incredulità ed il tentennamento del popolo italiano, non certo abituato a fenomeni di questo tipo, ed incline - tendenzialmente - a solidarizzare col "povero migrante". E questa, con il successivo ed insperato aiuto dell'islamismo post 11 Settembre e con quello invece ben calcolato e datato della distruzione generazionale ad opera della scuola stuprata e privata delle proprie funzioni, fu la chiave che aprì le cateratte africane e mediorientali al solo scopo di annientare (in prospettiva, in fondo non c'è troppa fretta) l'elettorato indigeno sostituendolo con una nuova massa a bassissima cultura ed altissima manipolabilità, e mentale e sociale.
Esagerato? Complottone? Manco per niente. Anche se di tutti i clandestini che approdano nel nostro Paese quelli che arrivano via "gommone" sono il 15% - il che fa dell'uscita di Berlusconi più una bandiera che altro, in questo frangente - su un livello più generale se Cipputi ormai tutto SUV-a-rate e Grande Fratello ti volta le spalle, tu Peppone il tuo maledetto elettore da qualche altra parte lo dovrai comunque pur trovare. E se per trovarlo lo si deve trascinare qui in catene, beh... in fondo, mica sarà la prima volta, l'africano ci sarà pur abituato.
Ah, se a qualcuno fosse sfuggito: nella "multietnicità" cui Berlusconi fa riferimento come obiettivo delle sinistre, quella indigena non è mica detto che sia compresa. Anzi.

sabato, maggio 09, 2009

Silvio superstar

Ormai non è più un fenomeno solo italiano: ormai la sinistra nostrana e le sue armate mediatiche hanno spinto Berlusconi verso la conquista del mondo intero. E con gli USA in declino e la Cina che non decolla, non è detto che non riesca.

Primo passo? La Finlandia.

mercoledì, maggio 06, 2009

Alitalia, non dimentichiamo

«Nel 2008 non concludemmo l’accordo su Alitalia per l’opposizione dei sindacati e per il prezzo del petrolio», ricorda oggi Jean-Cyril Spinetta, amministratore delegato di Air France, riferendosi alla figura barbina rimediata dal nostro paese a causa della patetica e dilettantesca gestione della vicenda Alitalia da parte e del governo Prodi e (soprattutto) dei nove sindacati che nella Compagnia fanno il bello ed il cattivo tempo.

In un mio vecchio post, intitolato "Per non dimenticare", tracciavo le linee essenziali di quella brutta storia; in particolare, il racconto del drammatico 2 aprile 2008 (sembra passata una vita!) mostrava chiaramente cosa fosse successo, e non per tesi campate in aria, ma per documenti. Ne riporto qui uno stralcio:

[...] Anche Spinetta non sembra avere in effetti moltissima fretta, un cambio al vertice in Italia è sempre più sicuro e la questione OpenSkies / Lufthansa preme a casa sua e rende sempre più appetibile l'acquisizione di Alitalia e, soprattutto, dei suoi preziosissimi slot che potrebbero costituire un'importante porta verso gli USA e quel ricco mercato aereo.
Prende piede l'idea di congelare le trattative fino a dopo le elezioni politiche, e pare un'idea condivisa da tutti (tranne che da Prodi, ovviamente).

Ma il 2 aprile, il giorno successivo, accade l'irreparabile: Air France abbandona la trattativa e Spinetta se ne va incazzatissimo sbattendo la porta. Maurizio Prato lo segue a ruota e si dimette. Bum. Fine dei giochi.

Che diavolo era successo? E' presto detto, e non fu certo "colpa di Berlusconi" (ahah) come vanno oggi farneticando i sopravvissuti del PD: era successo che i trogloditi del sindacato, che purtroppo son mentalmente e culturalmente fermi alla fine dell'800, avevano tirato troppo la corda edavevano iniziato a prendere per il culo Spinetta, chiedendogli di accollarsi gli oneri di tutte le attività di terra. Portavoce di tutti loro si era fatto Guglielmo Epifani.
Nello specifico, sbandierando la cosa nei TG come "ora presentiamo noi il nostro piano!", pretesero: la non chiusura delle attività Cargo (moratoria sulla moratoria), diminuzione del numero di aeromobili da dismettere (mantenendo il numero di piloti, però), partecipazione di Fintecna all'aumento di capitale (!!!, e qui si sente tutta la puzza di Prodi e TPS dietro ai sindacati) e conferimento della sua quota in AZ Servizi per il 100% alla "Nuova Alitalia" (bum!).
Ovviamente, appena sentite queste farneticazioni, Spinetta ha ruttato in faccia ad Epifani e se n'è tornato a Parigi col primo volo (Air France).


"Interpellata da Alitalia al fine di chiarire la situazione legale creata dall'interruzione dei negoziati fra Air France-Klm e Alitalia, il gruppo Air France-Klm ha comunicato alla compagnia italiana che gli impegni contrattuali presi il 14 marzo scorso con l'obiettivo di lanciare un'offerta pubblica di scambio su Alitalia, non sono piu' validi dal momento che non sono state soddisfatte le condizioni sospensive che dovevano essere attuate prima del lancio dell'offerta."
Parigi, 21 aprile 2008 [...]

Non che ci fosse bisogno di risentire Spinetta in proposito, ma visto che da allora (come previsto) non s'è fatto altro che addossare al solito Berlusconi-buono-per-tutte-le-stagioni la colpa del fallimento della trattativa con Air France, forse giova una rinfrescatina ai neuroni.
Chiaramente, parlando di neuroni la cosa lascia fuori Di Pietro: lui continua imperterrito con la sua tesi che fu il richiamo alla "italianità" fatto da Berlusconi a far scappare Air France. Liberissimo di pensarlo, se si diverte così. La verità, invece, la sappiamo tutti e non la dimentichiamo.

Se Veronica non ce l'ha fatta

Allora, sotto! Niente paura, kompagni, sono solo brutti e beceri! Avanti col prossimo atto!

Sinistra a valanga ad Avigliano!

Come ai bei tempi andati con l'Unità che strillava a nove colonne il "travolgente successo" del PCI in borghetti sperduti nell'entroterra toscano mentre la DC viaggiava sul 40%, oggi Francesco "Er Pupone" Rutelli si esalta per il "successo del Pd" a Trento.

E dice: ripartiamo da là. In salsa centrista, ovviamente. Auguri, France': mo' che dal 2,7% trentino riuscirai a tornare a percentuali a due cifre, l'odiato zio Silvio avrà fatto a tempo a mummificarsi due volte e saranno i nostri nipoti a godere della vista dell'Udc a Palazzo Chigi. Forse.

lunedì, maggio 04, 2009

Siamo tutti divorzisti

C'è da giurarci. Dopo che siamo stati tutti fisici, tutti biologi, tutti medici, tutti astronauti, tutti disoccupati, tutti agenti segreti, mentre siamo sempre e comunque tutti commissari tecnici ed allenatori, ora siamo tutti avvocati divorzisti. E dei migliori.

Forza Italia!

venerdì, maggio 01, 2009

L'intercessione del boia

Curiosa richiesta, quella di Iran Human Rights, che si appella all'ONU affinché faccia pressioni sul governo iraniano per interrompere la scia di sangue delle impiccagioni di minorenni.

Infatti fu proprio l'ONU, non più di due settimane fa, a tributare all'islamofascista Ahmadinejad una servile e deferente cerimonia di benvenuto, manco fosse stato il Papa. Come si può chiedere al più bieco covo di terzomondisti razzisti di intercedere per i diritti umani di chicchessia? E' come chiedere al boia di intercedere per la propria esecuzione.

Il lupo perde il pelo...

Karin Karlekar è tornata. L'indomita sedicente paladina della libertà di stampa ricade nello stesso errore di due anni fa, segno che o è un po' tarda oppure non le interessa minimamente il risultato del proprio lavoro.

Già nel 2007, a valle della pubblicazione dell'annuale rapporto di Freedom House sulla libertà di stampa nel mondo - del quale è curatrice e che costituisce fonte prelibata di "autorevoli" dimostrazioni di un'Italia sotto regime, al quale i media nostrani assurdamente si abbeverano felici - dovette fare una pubblica confessione nella quale ammetteva di non sapere praticamente nulla della situazione italiana, della legge Gasparri, dei finanziamenti pubblici all'editoria, di Berlusconi o della RAI, e che firmò un rapporto redatto da altri (tra i quali molti italiani, e ci immaginiamo di che tipo). Si era infatti incartata tra la sua ignoranza ed il fatto che i dati che le avevano messo sotto il naso si riferivano al 2005, ma il suo primo giudizio stroncante lo emise in pieno governo Prodi (nel 2006), cosa che le fu fatta notare. Quindi, la retromarcia e l'innalzamento del "rating" italiano manco fossimo improvvisamente diventati tutti svedesi.
Oggi, di nuovo. Stesso copione. «Il problema principale dell'Italia è Berlusconi», stesse parole di allora. «Una situazione anomala a livello mondiale di un premier che controlla tutti i media, pubblici e privati».
Anomala a livello mondiale. Peggio di Cuba e della Corea del Nord. Tutti i media. Forse la signora Karlekar avrebbe bisogno di un po' di distrazione, magari in un centro benessere, o di qualche "attenzione personale" in più. Si rilassi, Karin, prima che uno tsunami di risate la seppellisca. Nuovamente.