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mercoledì, febbraio 17, 2010

Vediamo se hanno le palle

"Si muovono i pm dell'Aquila", minaccia il Corriere della Sera come se un'orda di Lanzichenecchi fosse alle porte o se un inimmaginabile Balrog stia per uscire dal suo buco millenario per divorare l'umanità.
Bene, il ventilatore caricato ad escrementi gira sempre più veloce; ma vediamo se questi "eroi" hanno le palle: se trovano irregolarità (secondo loro) nella ricostruzione post-terremoto, che vadano fino in fondo e tolgano le case alla gente, ributtandoli nei container che fanno tanto Irpinia.

mercoledì, dicembre 23, 2009

Giuliani non procurò allarme


Il gip del Tribunale di Sulmona ha archiviato il procedimento per procurato allarme a carico di Giampaolo Giuliani, sostenendo che la teoria sul rapporto tra le emissioni di gas radon ed i terremoti è "attendibile anche a livello internazionale" e che, di conseguenza, non poteva dirsi "inesistente" un "pericolo di terremoto".
Ora, fermo restando che se fosse veramente così Giuliani sarebbe l'uomo più ricco del mondo e non uno sfigato ridotto a chiedere asilo al blog di Beppe Grillo, fa sorridere il "parere scientifico" del giudice secondo il quale la sua città - Sulmona - è, sostanzialmente, solo per un qualche scherzo della natura che non è stata rasa al suolo dal terremoto "previsto" dal tecnico del Laboratorio del Gran Sasso, con epicentro proprio là.

sabato, luglio 11, 2009

Fuori dal bunker, tra la realtà delle rovine

Dal punto di vista della comunicazione, l’idea di far svolgere il G8 tra le macerie del terremoto dell’Aquila e non sull’isola de La Maddalena è stata di forte impatto, non solo emotivo. Una sfida vinta, bisogna ammetterlo. Le immagini di Barack Obama e di Silvio Berlusconi stretti in silenzio davanti al Palazzo di governo dell’Aquila completamente distrutto hanno fatto il giro del mondo as­sumendo una forza espressiva degna dei grandi eventi mediatici. Così come la visita del cancelliere tedesco Angela Merkel al paesino di Onna o la commozione di Michelle Obama davanti alla Casa dello studente o la passeggiata delle first lady, munite di caschetto della Protezione civile, in mezzo alle macerie, o le numerose strette di mano ai Vigili del fuoco o lo striscione con la scritta «Yes, we camp» o gli sguardi «indiscreti» dei leader sono immagini che vanno oltre la pura cronaca e si ergono a testimonianze capaci di rivelare qualcosa di sconosciuto, e raccontare qualcosa di più su noi stessi e sul mondo.


Attraverso questa immersione nella disastrografia - L’Aquila è il ground zero di un’Italia ferita dal sisma - è come se l’immagine tutta del G8 si sia redenta: in tv, sulla stampa, nella Rete. Non solo lasciandosi alle spalle il ricordo dei terribili scontri di Genova (anche quando il G8 si è svolto in altre sedi, la memoria è sempre legata alla protesta, agli scontri tra manifestanti e polizia), ma fornendo una nuova rappresentazione di queste riunioni dei Grandi. Di solito, gli incontri dei potenti sembrano cerimonie chiuse, impenetrabili, blindate: un gruppo ristretto di persone discute dei destini del mondo, ma lontano dal mondo. Sono liturgie di una nuova governance mondiale, vissute però come rituali anonimi, invisibili, e perciò sostanzialmente fittizi e inutili. Le case distrutte dal terremoto, le ferite ancora aperte, la caserma della Guardia di Finanza di Coppito, lo stato di pre­carietà in cui si è svolto il G8 dell’Aquila hanno dato prima di tutto visibilità all’incontro, immergendolo nella realtà di tutti i giorni, come mai prima era successo. Per questo Obama, nella conferenza di congedo, ha promesso la ricostruzione della città, come primo atto concreto della riunione.

Le fotografie possono essere ricordate più facilmente delle immagini in movimento, perché fissano un istante, lo sottraggono al flusso televisivo, e queste foto rappresentano appunto un momento privilegiato, di riflessione. I Grandi della terra che si aggirano per le rovine sono immagini che assurgono immediatamente a simbolo, sintetizzano una presa di coscienza, diventano più reali del reale. Ma c’è di più: le macerie, dal punto di vista allegorico, rappresentano la volontà di ri­costruire (non solo L’Aquila, ma tutto il Sud del mondo, le zone che necessitano di aiuti immediati), di rifondare un nuovo ordine del mondo, di dare vita a un ciclo nuovo: the day after tomorrow, l’al­ba del giorno dopo. Nella storia della rappresentazione, dal racconto del diluvio agli ultimi giorni di Pompei, dai film del filone catastrofico all’interminabile notte di Vermicino, il disastro serve a stimolare l’attenzione, la compassione, persino il senso estetico.

Come ci ricorda Borges con le sue famose domande: «Perché ci attrae più la caduta di Troia che le vicissitudini degli achei? Perché preferiamo l’Inferno della Commedia al Paradiso? Perché, istintivamente, pensiamo alla sconfitta di Waterloo e non alla vittoria?...». Il tragico, catturato dai media, implica la promozione di un fatto a una categoria superiore: la sua enigmaticità si accresce, il suo essere raccontato o rievocato si fa esemplare. Certo, in queste foto c’è anche molta retorica, molta enfasi, forse persino una punta di cinismo. Stati d’animo, peraltro, non diversi da quelli che hanno spinto cinque famosi registi italiani, a brevissima distanza dalla tragedia, a realizzare al­trettanti corti. Stessa intenzione, comunque, che ha spinto in Abruzzo George Clooney, secondo il discutibile rituale della celebrity che va a farsi fotografare in mezzo ai più sfortunati.

venerdì, giugno 19, 2009

Per quelli che in Abruzzo il Governo dorme

Ecco, leggano pure qua, se proprio credono alla parola dei peggiori sciacalli mai visti sulla faccia della terra. Roba che Beppe Grillo, in confronto, è Sandro Bondi.

venerdì, aprile 17, 2009

Gli sciuscià ed il terremoto in Abruzzo

Nessun lustrascarpe è morto a causa del terremoto in Abruzzo, ed è un fatto. E' evidente che avevano una strategia, e l'hanno applicata. Erano pronti. Sono sopravvissuti. Tutti. Perché la stessa strategia non è stata messa in atto da tutto il resto della popolazione? Perché ci sono stati 300 morti ed un numero impressionante di feriti, anche gravi, quando bastava seguire i consigli della comunità degli sciuscià abruzzesi per cavarsela?


Questo si chiede Beppe Grillo. Questo io chiedo a voi: lo vogliamo far curare, o lo lasciamo soffrire così?

lunedì, aprile 06, 2009

Terremota, governo ladro

Le macerie non hanno ancora finito di rotolare a terra col loro carico umano, quindi i segnali sono ancora timidi: ma l'inevitabile è dietro l'angolo. E' solo questione di ore, forse di pochissimi giorni, prima che la macchina della propaganda antigovernativa si abbatta con la sua solita ridicola furia contro Berlusconi e chiunque gli assomigli, addossandogli l'intera colpa del terremoto.
Già in quel nido di serpi che è l'Italia dei Valori (?) questa mattina si sono levate le prime voci a gracidare di responsabilità di Bertolaso che - a loro dire - non avrebbe dato peso alle previsioni di Giampaolo Giuliani, facendolo apparire un rabdomante col bastoncino in mano ed il cappello di Mago Merlino. Cloppéte-clòp, in sella a cavalcare l'onda. E per non smentirsi, anche lo sciacallo per antonomasia, l'Altro Giullare, l'odioso cantastorie Travaglio si è già dato da fare: a giudicare dalla lunghezza del pezzo col quale mette in relazione il Piano Casa del governo col terremoto, c'è da giurare che ha iniziato a scriverlo alle 3:34 con la scrivania che ancora gli ballonzolava per la stanza.
A questi signori - e a quelli che inevitabilmente li seguiranno a breve - è bene ricordare che la scienza non è una partita a tresette fatta al baretto sotto casa: evacuare un po' di città "solo" perché un collaboratore di un istituto scientifico ha sotterrato nel 2001 qualche cubo di piombo e sostiene che c'è una correlazione tra il gas radon ed i terremoti, perché se ne è accorto casualmente mentre studiava le particelle cosmiche, semplicemente NON BASTA.
Ovvio, è facile e bello dire che "lui prevede i terremoti": fa figo, riempie le pagine dei giornali, smuove le solite anime belle sempre pronte ad incoronare l'eroe di turno, il Davide che affronta il sistema-Golia, la Cassandra squattrinata ed un po' sfigata che si batte contro i mulini a vento dell'establishment governativo ed accademico. Bello, sublime. Ma fasullo.
Intendiamoci: magari Giuliani ha ragione e tra dieci anni si becca un Nobel vero (non come quello che hanno dato a Gore) ed a lui sarà intitolato il M.I.T. e, una volta morto, sarà proclamato santo per direttissima. Ma AD OGGI non c'è traccia di alcuna evidenza scientifica tale da giustificare un qualsiasi intervento preventivo basato sul suo lavoro. E, purtroppo, il terremoto di stanotte è avvenuto stanotte, invece che il 6 aprile del 2019 o del 2039.
Si faccia certamente tesoro del suo lavoro, per carità: la scienza saprà tenerne conto, oppure non lo farà se siamo di fronte ad un altro Di Bella. Ma invocare l'uomo dei miracoli e - soprattutto - crocifiggere chi non lo adora è la solita, stupida, miope, schifosissima barzelletta italiota piazzabile allo stesso livello di chi crede che l'11 settembre il WTC sia stato abbattuto dalla CIA o delle piazzate di Beppe Grillo.
I morti meritano rispetto, e tributarglielo in questo caso è facile: basta stare zitti.

Nel frattempo, agli inevitabili scettici cui gli insulti stanno venendo su come un travaso di bile, consiglio di leggersi l'intervista rilasciata da Giuliani stesso il 25 marzo scorso, che è alla base di tutta la querelle di queste ore e che - evidentemente - pochi hanno letto. Ecco cosa dice testualmente Giuliani:

«[...] Attraverso il Precursore sismico abbiamo potuto riscontrare, in questi 9 anni di studio, che il territorio di L’Aquila è interessato ogni anno nello stesso periodo da uno sciame sismico, non intenso e, per questo, in genere non percepito dalla popolazione. Quest’anno questo sciame sismico è stato più intenso e con delle scosse più forti, che sono state rilevate dalla popolazione. Lo sciame non è un fenomeno preparatorio ad un evento sismico più rilevante, né ha correlazione con grandi piogge o nevicate, come ho sentito dire da molti. E’ un fenomeno normale per una zona come quella di L’Aquila. [...]»
(In foto: uno sciacallo)