mercoledì, marzo 28, 2007

Astensione e caduta

Leggo nella blogosfera di area centrodestra e liberale un certo senso di confusione e scoramento dopo il voto di ieri al Senato. In particolare, si accusa Berlusconi (e Fini e Bossi) di aver "sbagliato", di aver fatto "autogol", di aver "rafforzato Prodi". Beh, questo lo dice Prodi, attenzione a non credere alla sirena.
Le motivazioni a sostegno dell'astensione erano e rimangono valide: il decreto licenziato ieri sera dal Senato non aiuta i nostri militari, anzi li espone a rischi enormi soprattutto in Afghanistan, in quanto lascia sostanzialmente le cose come stavano (non sarà un Predator ed un C130 in più a far la differenza, né lo faranno le promesse di "sentire i comandanti") a fronte di una recrudescenza del teatro di guerra. E non potrebbe essere altrimenti, dal momento che il decreto medesimo non è altro che il risultato di un certosino lavoro di bilancino politico tutto teso a non scontentare i comunisti ed i verdi domestici, possibilmente senza farsi mettere troppo all'indice dagli ormai iper-sospettosi alleati europei e, se avanza qualcosa, d'oltreoceano/manica. E la dimostrazione di ciò è stata la bocciatura dell'OdG che chiedeva l'ovvio: che "in tempi brevi, ai nostri militari venissero messi a disposizione veicoli di massima blindatura, elicotteri, postazioni per attivare la reazione immediata in caso di attacco, eliminando così quanto più possibile il rischio della vita dei soldati".
Con tutto ciò ben presente, l'astensione è stata un chiaro segnale di protesta contro questo governo e la sua non-politica estera, a favore dei nostri militari e non contro di loro.

Poi, voltiamo pagina, e veniamo alla questione di far cadere Prodi quanto prima. Nella seduta di ieri, le speranze in merito erano tutte accentrate sul balletto degli ordini del giorno (che, come le mozioni, sono una vera e propria trappola politica per una maggioranza risicata e rissosa - ne sa qualcosa Prodi che vi è caduto sopra il mercoledì delle Ceneri), e si è cercato il bis. In aggiunta, la quasi matematica certezza che il "quorum politico" di 158 voti non sarebbe stato raggiunto dalla maggioranza induceva a perseguire la strada del "trappolone" per tentare di unire astensione e caduta in un'unica mossa combinata e letale. La tattica non ha avuto successo e Prodi è uscito indenne dal pantano degli OdG. Il voto successivo, grazie al palese e noto sostegno da parte dell'UDC, è stato una (quasi) passeggiata.
Quasi, perché i fatidici 158 voti non ci sono stati. Ora, si attendono le decisioni dell'UDC e della CdL - li cito volutamente separati in queto modo, prendiamone atto - per vedere se si terrà fede a quanto annunciato ieri e se si salirà al Quirinale per chiedere le dimissioni di Prodi. Atto puramente formale e "dovuto", dal momento che Napolitano si guarderà bene dall'accogliere una simile richiesta, per quanto legittima.

Occhio, quindi: non ci si pianga addosso per colpe che non esistono e non si confonda il decreto con gli OdG, l'astensione con l'auspicata caduta di Prodi. Non si pratichi lo sport della banderuola agitata, nel quale tanto bravi sono i nostri avversari politici, che un giorno gridano una cosa ed il giorno dopo, come se nulla fosse, gridano l'opposto. Si lasci a loro questo ridicolo comportamento.
Noi guardiamo avanti e traiamo il buono dagli eventi: probabilmente ci leviamo di torno "i casini" dell'UDC (la vera "svolta politica" di cui va parlando Prodi) e la CdL ha finalmente ascoltato come un solo uomo la sua base ed il suo grido. Altro che sconfitta.

martedì, marzo 27, 2007

Il decreto passa, Prodi no

Il Senato ha approvato la conversione in legge del decreto sul rifinanziamento delle missioni all'estero: 155 voti dell'Unione, 20 dell'UDC, 4 dei senatori a vita ed uno di un senatore di Forza Italia "impazzito".
La maggioranza politica richiesta era di 158, mancano tre voti. Domani, pellegrinaggio al Quirinale e situazione estremamente fluida.

venerdì, marzo 23, 2007

Non diamo dell'ingenuo a D'Alema

Altro che ingenuo: arrogante e superficiale, ma non certo ingenuo. Il comportamento del governo italiano, non dimentichiamolo, al di là dei proclami pro-Mastrogiacomo e pro-vite umane, è in realtà dettato dalle condizioni della politica interna all'Unione. L'eventuale morte di Mastrogiacomo sarebbe stata subito devastante per la tenuta del governo e della maggioranza, ogni mezzo era lecito per tirarlo via da là. Per di più, non si poteva essere certo da meno di Berlusconi, che di ostaggi ne aveva tirati fuori già un bel po'. Ma serviva un punto di rottura, una discontinuità, come nella migliore tradizione.

La quasi infantile soddisfazione di Bertinotti, come è evidente, è stata la più chiara conferma di questo fatto: la vicenda si è risolta, e si è risolta nel modo gradito alla sinistra radicale (niente USA, niente militari - ministri della Difesa compresi, niente intelligence, centralità delle ONG, sostegno ai terroristi, depistaggio e disinformazione, appoggio e sfruttamento della stampa amica, mobilitazione delle piazze e dei consueti vivai di utili idioti della politica, dello sport e dello spettacolo, e tutto il repertorio canonico che ben conosciamo). Il voto al Senato incombe ed occupa l'intero campo visivo di Prodi e kompagni assortiti, del resto: meglio sobbarcarsi i mugugni di Rutelli e Mastella (e del resto del mondo civilizzato), che inimicarsi i comunisti ed i verdi domestici.
La strada era già tracciata, dunque: mentire con tutti (a cominciare dagli USA, ma forse anche con l'Afghanistan stesso e Dio solo sa con chi altro), tirare a campare finché Strada non avesse fatto le sue cose e solo poi mettere in campo tutte le arti acrobatico-labiali per negare l'evidenza; cosa che, come si vede, D'Alema riesce a fare benissimo. Come sempre.

Altro che ingenuità: quest'operazione è stata un capolavoro nel suo genere. Peccato che il mondo sia un altro; ma questo a loro non importa.

giovedì, marzo 22, 2007

Orgoglioni

C'era da aspettarselo. I veri protagonisti della vicenda Mastrogiacomo, gli esponenti della sinistra radicale italiana, sono finalmente venuti allo scoperto: questa mattina Fausto Bertinotti, Presidente della Camera dei Deputati, ha dichiarato apertamente ciò che tutti sapevamo:

Penso che ci sia una legittima rivendicazione di orgoglio nazionale nelle cose che sono state fatte. [...] E' stata fatta la trattativa come si doveva, utilizzando tutte le forze ufficiali e informali dentro un progetto guidato dal governo. Penso che possiamo dirci orgogliosi di questa operazione.
Bene, bravo, bis. Voglio chiedere al Presidente Bertinotti (uso le maiuscole per rispetto alle istituzioni) a chi si riferisca con quel "possiamo". Non certo al sottoscritto.
Orgogliosi di aver liberato cinque criminali talebani di primo livello? Orgogliosi di aver infranto la regola, non scritta ma da tutti finora accettata, che con i terroristi non si tratta e, soprattutto, non si scambiano prigionieri? Orgogliosi di aver gioìto in mondovisione con le braccia al cielo, mentre la testa di Sayed Agha ancora rotolava? Orgogliosi di aver esposto il nostro Paese al pubblico ludibrio, parìa sul delicato scacchiere internazionale della guerra al terrorismo fondamentalista? Orgogliosi di aver indicato chiaramente ai terroristi come fare per ottenere un facile ed immediato risultato? Orgogliosi di aver finalmente esposto completamente i nostri soldati ai capricci del primo capotribù con la luna storta? E, soprattutto, orgogliosi di rivendicare il ruolo del governo nell'ordire tutto ciò?
No, caro Presidente. Si sciacqui la bocca, prima di parlare di orgoglio nazionale. Non siamo orgogliosi. Non dovete essere orgogliosi. Siete e ci fate sentire ORGOGLIONI.

martedì, marzo 20, 2007

Ed ora, a casa

E' un fatto che se la sono cantata e se la sono suonata, dal principio fino all'ultimo istante. Tanto di cappello a Strada ed alla sua organizzazione, se riesce a risolvere situazioni come questa lasciando fuori governi, servizi segreti ed eserciti (il suo "fuori dai coglioni Sismi e Ros" ha fatto il giro del mondo); di certo c'è che l'Italia che sta appena fuori Emergency ha fatto una figura pessima, in questa storia.
Tatticamente, perché per la prima volta ha spiattellato ai quattro venti il prezzo pagato per riavere indietro l'ostaggio, e questo non si fa. Politicamente, perché era evidente fin da primo istante come il governo ed i ministeri coinvolti non avessero mai avuto sotto controllo la situazione, nonostante le compulsive esternazioni di Prodi e D'Alema. Diplomaticamente, perché ora D'Alema si presenta dalla Rice portando in dote un comportamento che più anti-coalizione non si può, ed ha speranze ora veramente nulle di essere anche solo preso in considerazione con la sua patetica conferenza di pace.
Una volta di più il gioco a voler fare l'amico equivicino è rovinato in farsa, una volta di più i nostri soldati ed il nostro personale civile verranno esposti ai capricci di questo o quel capo tribù; che ora, più che mai, sa benissimo dov'è l'albero della cuccagna.
Stavolta lo dico io: in queste condizioni, con questo governo, a casa, e subito. Lasciamo là Emergency (che tanto ci stava già prima) ed i Mastrogiacomo col turbante, ma tiriamo via subito tutti gli altri. Che d'ora in poi tirerà una pessima aria, da quelle parti.

lunedì, marzo 19, 2007

Cinque al prezzo di uno

Daniele Mastrogiacomo è libero. Cinque detenuti talebani sono liberi.
Ora, Mastrogiacomo tornerà a fare servizi giornalistici dalle zone "calde" del Pianeta, i cinque talebani con tutta probabilità sono quelli che contribuiranno a renderle tali.
E la barca va.....

Governo chiacchierone

La vicenda del rapimento di Daniele Mastrogiacomo sta mettendo a nudo, vieppiù ogni giorno che passa, la confusione ed il pressapochismo dell'attuale governo italiano. Voci, passaparola, conferme e smentite, mezze parole.
Con Prodi che ci tiene a mostrarsi "al lavoro", salvo poi dire che c'è poco da fare e lasciare campo libero a Gino Strada e compagni; con Fassino che, con un occhio al 15% raggiunto dal suo partito e l'altro occhio supplichevole diretto a sinistra, propone assurde conferenze di pace con i talebani; con i servizi segreti decapitati e sputtanati di fronte al mondo; con i media imbavagliati che da quattordici giorni forniscono copertura H-24 sul nulla assoluto, salvo rimbalzare quanto c'è di falso, non confermato o mera "speranza".
Sembrano lontani milioni di anni i tempi del rapimento della Sgrena o di Quattrocchi e compagni, i tempi del Sismi e dell'intelligence: ora siamo nell'era dei rapimenti soap-opera, dove i rapitori sono gli interlocutori parificati da soddisfare ad ogni costo. E sotto i riflettori.
Meglio, forse, quando si pagava sotto banco e via.

mercoledì, marzo 07, 2007

Aborto e vita

Senza alcuna velleità nel voler esaurire un argomento così complesso e controverso in due righe, la storia raccontata dai giornali di oggi mi pone di fronte ad una domanda dalla quale non si scappa.
Me la pongo dopo aver riportato uno stralcio dell'articolo:

La legge 194 prevede che l'interruzione volontaria di gravidanza dopo i 90 giorni possa essere praticata se c'è un grave pericolo per la vita della donna oppure se sono stati accertati processi patologici "tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna". È ovviamente un medico a dover certificare l'esistenza di questi problemi. Cosa avvenuta nel caso della donna fiorentina. Ma la legge dice anche che "quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 (cioè se c'è il grave pericolo per la donna, ndr) e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto". È ciò che è successo a Firenze. Chi era in sala per fare l'interruzione di gravidanza ha visto che il feto era vivo, il cuore continuava a battere. Così ha chiamato un pediatra della terapia intensiva neonatale che ha rianimato il bambino. Il piccolo pesa 500 grammi ed ora è ricoverato al Meyer (a Careggi non c'era posto) dove disperano di salvarlo. Le sonde che sono state messe nel suo organismo hanno rivelato che non c'è alcuna atresia dell'esofago.
Al di là dell'errore di diagnosi (comprensibile e scusabile), quello che non si capisce è: ma 'sto feto è "vivo" o no? Perché se non lo è, che deve "salvaguardare" il medico? E se invece lo è, perché lo si uccide? Come mai un attimo prima di essere tirato fuori dall'utero è un feto passibile di aborto e un attimo dopo è un "bimbo" (come scritto nell'articolo) la cui vita è da "salvaguardare con ogni misura"?

C'è qualcosa che non torna.

**UPDATE**
Non ce l'ha fatta. Il feto/bimbo (si decidessero) è morto (anche qua si decidessero) per complicanze cardiocircolatorie.

sabato, marzo 03, 2007

Bullismo? Non fateci ridere.

Non passa giorno che i media non ci sottopongano un nuovo "caso" di bullismo nelle scuole, e tutti a stracciarsi le vesti per una società non a misura di giovane, contro i videogiochi, contro chissà quale altra chimera.
Poi, si scopre che un preside di Bari viene spedito all'ospedale non dagli alunni ribelli, ma dai loro genitori. La causa? Valla a sapere, non si può dar credito ai giornali. Fatto sta che, qualche giorno fa, pare che lo stesso preside sia stato oggetto di minacce ed insulti per aver osato sequestrare i cellulari ad alcuni alunni per consentire lo svolgimento di una lezione.
Ora, dov'è il problema del "bullismo"? Nella "società"?