mercoledì, dicembre 23, 2009

Giuliani non procurò allarme


Il gip del Tribunale di Sulmona ha archiviato il procedimento per procurato allarme a carico di Giampaolo Giuliani, sostenendo che la teoria sul rapporto tra le emissioni di gas radon ed i terremoti è "attendibile anche a livello internazionale" e che, di conseguenza, non poteva dirsi "inesistente" un "pericolo di terremoto".
Ora, fermo restando che se fosse veramente così Giuliani sarebbe l'uomo più ricco del mondo e non uno sfigato ridotto a chiedere asilo al blog di Beppe Grillo, fa sorridere il "parere scientifico" del giudice secondo il quale la sua città - Sulmona - è, sostanzialmente, solo per un qualche scherzo della natura che non è stata rasa al suolo dal terremoto "previsto" dal tecnico del Laboratorio del Gran Sasso, con epicentro proprio là.

La quiete prima della tempesta


Il livello di intolleranza politica raggiunto negli ultimi mesi era non più sostenibile, ed il mancato (occhio: non fallito, mancato) attentato a Berlusconi è stata forse la classica goccia. Più che altro, ha smascherato i veri agitatori (molti da una parte, ma alcuni anche dall'altra) responsabili del sostanziale blocco totale della politica italiana a partire da aprile scorso, almeno per quanto riguarda la percezione da parte dei cittadini (in realtà, il governo continua a lavorare a pieno ritmo, anche se i giornali tendono ad occuparsi d'altro).

Pochi lo ricordano, ma tutto cominciò con il discorso che Berlusconi pronunciò ad Onna in occasione del 25 aprile, che risultò essere oltremodo conciliante sia con le opposizioni che con la magistratura, nonché con la Presidenza della Repubblica, tanto che "spaventò" non poco i suoi avversari: in quel momento preciso, puntando anche all'ondata di consenso capitalizzata con l'accoppiata "gestione terremoto + G8", scattò l'operazione sputtanamento iniziata con la bufala di Noemi, continuata col divorzio "pilotato" e sponsorizzato, proseguita con Villa Certosa, le "dieci domande" su piazza europea, i paginoni di Di Pietro, la D'Addario, e poi la bocciatura del Lodo Alfano, le motivazioni del processo Mills, la richiesta miliardaria di De Benedetti contro Mediaset, tutto condito dal controcanto di Annozero e della sua compagnia di figuranti (nel vero senso della parola, purtroppo), una volta la settimana e in prima serata sulla RAI.
A far da contraltare a questo, qualche "uscita" di Bossi e di Cicchitto (quest'ultimo l'unico che avrebbe fatto veramente meglio a tacere, da questa parte del fiume).
Tutto ciò ha avuto due effetti evidenti: da un lato ha reso irrespirabile il già rissoso clima politico italiano e, dall'altro, ha radicalizzato le posizioni dei due schieramenti; anche se, da un punto di vista strettamente numerico, il maggior vantaggio l'ha ottenuto proprio Berlusconi che (sono dati di oggi) vede il "suo" centrodestra salire fino al 50,5% ed il suo consenso personale risalire costantemente.

Fin qui la storia. Ora, le congetture.

Sarò pessimista, ma non credo che il pur evidente "abbassamento di toni" che vediamo in questi giorni preluda a qualcosa di strutturale: non dimentichiamo che siamo a poche settimane di distanza dalle elezioni Regionali.
C'è da fare i conti con il Partito Democratico: la leadership Bersani verrà messa a durissima prova dalle urne (con buona pace delle "primarie"), non credo che da quelle parti vi sia un qualche interesse a mostrarsi concilianti in questo frangente. La priorità è raccogliere voti, ed il modo più semplice è quello di farlo fare a Di Pietro.
Poi ci sono i neoproporzionalisti che scalpitano: Casini, Fini, ampie parti del Partito Democratico capitanate da Enrico Letta e da Massimo D'Alema, tutti mirano ad un "dopo Berlusconi" (che è solo nei loro sogni, per fortuna) che sia un sostanziale passo indietro verso la Prima Repubblica e la supremazia dei partiti. Poco importa che gli italiani non sopporterebbero mai una simile inversione di marcia: lorsignori sanno che - stando le cose come stanno - l'unico modo per tornare al Potere è quello, diluirlo.
Quindi, credo che passate le feste si riprenderà da dove si era lasciato: dalla statuetta del Duomo in volo.

lunedì, dicembre 21, 2009

Evoluzioni

Anche la muffa cresce. Beppe Grillo, invece, no.

giovedì, dicembre 17, 2009

Love is...

Beppe Grillo: "Di Pietro è una persona profondamente intelligente, ed io lo adoro".
Eh, se fosse anche bello, sarebbe perfetto.

Cara Sonia


«Non posso dare solidarietà ad un Presidente del Consiglio che è un frequentatore di minorenni, un piduista, un corruttore, un frequentatore di mafiosi, un uomo che non ha il senso dello Stato».
- Sonia Alfano, IdV

«Cara Sonia, ma tu chi cazzo sei?»
- Il popolo italiano (tranne alcuni)

martedì, dicembre 15, 2009

Brainwashing


Ecco il contenuto di una mail appena giunta da parte della Redazione Web del Partito Democratico.

«Caro Mobilitante,
ti scrivo dopo l'aggressione di cui è stata vittima il Presidente del Consiglio.
Un atto che, come ha detto Pier Luigi Bersani recandosi in visita dal premier all’ospedale San Raffaele di Milano, condanniamo senza se e senza ma.
Su questo la posizione del Pd è chiarissima ed univoca, ogni tentativo di attribuire al Partito Democratico posizioni diverse è un gioco strumentale e inaccettabile.
Eppure c'è chi sta tentando di farlo, per questo ti chiedo di far sapere a tutti come stanno le cose, seguendo le indicazioni dell’azione del giorno di Mobilitanti.it.
Noi tutti, come ha chiarito bene anche il presidente dell’Assemblea nazionale del PD Rosy Bindi, abbiamo espresso solidarietà a Berlusconi, rifiutiamo e condanniamo ogni forma di violenza, anche quella politica, per restare fermamente ancorati ai valori delle libertà costituzionali. Fallo sapere, è importante.»

Ecco un bell'esempio di lavaggio del cervello dell'Apparato politico nei confronti della base.

In un'intervista a La Stampa, il 14 dicembre, la Bindi aveva affermato che «tra gli artefici di questo clima c'è anche Berlusconi, non può sentirsi la vittima». Se non c'è vittima, non c'è violenza. Per la Bindi, dunque, spaccare la faccia ad un uomo - prima che ad un primo ministro - non è violenza. Presumibilmente è un lecito atto di dissenso politico.

Aveva ragione, Berlusconi, quando la definì "più bella che intelligente". Fallo sapere, è importante.

lunedì, dicembre 14, 2009

Mandanti


Classico copione. Si prende lo scemo del villaggio e lo si manda avanti, così i veri "eroi" restano puliti.
Che i mandanti dell'aggressione a Berlusconi siano i professionisti dell'odio pseudopolitico che tutti conosciamo è evidente anche al più miope degli osservatori distratti; e la conferma sono proprio le parole di Tartaglia "ho agito per rancore".
Rancore? Contro chi? E perché?
E' la domanda che si legge negli occhi del premier in tutte le foto che lo ritraggono sanguinante subito dopo il fatto: perché? Perché si cerca di mettere in carreggiata questo Paese? Perché si tenta di tenerlo di diritto nel millennio nel quale incidentalmente si trova? Perché si cerca di aggiornare un sistema vecchio, consunto, incastrato, frustrante? Perché si vuol dare ai nostri figli un futuro, prima che un futuro migliore?
No. Niente di tutto questo. Il "rancore" di Tartaglia è artificiale, costruito, istigato, instillato, coltivato ed infine sfruttato dai mandanti di cui sopra. Persone con nome e cognome che hanno votato la loro esistenza al raggiungimento del Potere a spese dell'intero Paese.
Ha voglia Ezio Mauro, oggi su Repubblica, a fare l'orsolina di circostanza: il Paese non dimentica. Fino a ieri pomeriggio essi erano i mandanti morali di una campagna d'odio senza precedenti; da ieri sera sono i mandanti materiali di una violenza che nega tutto ciò che è politica.
E' la certificazione del loro fallimento, di fronte al mondo intero.

domenica, dicembre 13, 2009

Grazie Tonino


sabato, dicembre 12, 2009

Si salvi chi può: Repubblica scarica Dell'Utri


Quando la nave affonda, si sa, i topi scappano. Ed i sorci di Largo Fochetti, che in materia di colate a picco ne sanno - loro malgrado - una più del diavolo, hanno subodorato per primi la catastrofe imminente e in queste ore si stanno affrettando verso il ponte di coperta, in ordine sparso e in preda al panico.
Il primo naso a fare capolino dal boccaporto è quello dell'appuntato D'Avanzo, il sicario con la penna: nel suo sproloquio odierno fa lo sfinito come un Dell'Utri qualsiasi e prega i giudici di finirla presto con questo processo che - sono parole sue - è ormai diventato "anomalo".
Eh già, in effetti non sta andando per nulla come nei sogni degli antiberluscones d'accatto: qua c'è il serio rischio che il senatore faccia la fine di Andreotti e che venga assolto. Disastro.
Ma come evitare l'inevitabile, ormai? Le armi sono spuntate, gli intrugli scaduti, le storielle le conoscono anche alle elementari: non c'è più nulla da fare, le piazze rimangono vuote, le urne non ne parliamo, la CGIL è isolata e divisa, Minzolini in TV osa parlare disallineato, i sondaggi sono un disastro berlusconiano che non ti dico, Beppe Grillo lo seguono in tre e si stanno pure chiedendo se continuare, Santoro ha perso i suoi teatrini ad Annozero, travolti dal ridicolo. Per giunta, la nuova promessa Fini è stata sputtanata a morte proprio da Repubblica stessa, che nel pubblicare il suo "fuori onda" con la "bomba atomica Spatuzza" l'ha consegnato alla Storia come il politico più incapace mai visto, tanto che ora gli fa la corte Rutelli.
Ciliegina sulla torta, Berlusconi si appresta ad assestare il colpo di grazia a questi sfascianazioni con un'oceanico Predellino 2.0 che preannuncia la nascita della Terza Repubblica, finalmente ripulita dal letame che ha appestato la Seconda, mentre questi speravano nel ritorno della Prima...
Le scialuppe non bastano per tutti, si sa: affrettarsi, l'acqua è fredda.

venerdì, dicembre 11, 2009

Il gioco è finito

Ennesimo fiasco consecutivo: nel penultimo l'«atomico» Spatuzza si incarta e fa la figura del picciotto balbuziente (qual è, del resto), poi il superboss Graviano che sconfessa tutto l'impianto dipietris-travaglino pazientemente costruito in decine di puntate di Annozero e manda all'aria i delirii di onnipotenza dei manettari alle vongole di mezza Europa.
Silvio Berlusconi lo sapeva, ovviamente (chi meglio di lui?): ieri, infatti, aveva già iniziato a preparare il terreno per la controffensiva che è in partenza, e che non sarà uno scherzo. Anzi, sarà più una resa dei conti finale, a chiusura di sedici anni di stillicidio che ha quasi distrutto il Paese, rendendolo tragicamente immobile ed esposto come non mai.
Domenica, a Milano, partirà l'operazione "Italia 3.0": lancio della Terza Repubblica dalle ceneri fumanti della Seconda (mai nata del tutto) con la chiamata alle armi - cioè alle urne - del popolo italiano con annessa conta di chi sarà dentro e chi sarà fuori. E' una via senza ritorno, come da più parti si è notato: una volta scatenata, quest'Arma Finale non si ferma più e travolgerà tutto e tutti, e solo i Giusti ed i Meritevoli le sopravviveranno.
Del resto, così non si può andare avanti. Il Paese non può permettere a fascistelli in erba come Di Pietro di minacciare il ritorno agli Anni di Piombo (come ha fatto questa mattina) o a personaggi biechi ed ambigui come Genchi o certi magistrati con l'elmetto di dettare le agende di Governo ed Opposizione, sempre e costantemente in un clima di sospetto, di conflitto latente, di accuse sussurrate o urlate, di sputtanamenti all'estero, finché non ci scapperà sul serio il morto, che con tutta probabilità sarebbe solo il primo di una lunghissima serie.
Soprattutto, la maggioranza ed il Governo non possono permettersi di continuare a covare in seno certe serpi, ad iniziare da Gianfranco Fini per finire con le riottose ed ipocrite ali "liberal" di PdL e dintorni, che non lasciano passare un'ora senza vomitare insulti ed urlare beceri slogan antiberlusconisti ed antiitaliani degni del peggior Beppe Grillo, imitandone puerilmente i ragionamenti malati e miopi.
L'Italia ha di fronte una sfida eccezionale il cui esito è tutto fuorché scontato: mettersi finalmente in piedi per la prima volta, un po' come il Neo di Matrix che apre gli occhi (veri) fuori dal baccello, mentre si risale faticosamente la china della crisi economica, con le spalle gravate dal mostruoso fardello di una società distrutta da decenni di impero culturale becero-illuminista, giacobino, relativista e - diciamolo! - comunista. Riuscire è difficilissimo, ma imperativo. Ed il primo passo è una bella pulizia a fondo dalle incrostazioni interne ed esterne, anche a costo di strapparsi via ampi pezzi di pelle.

Distinzioni e differenze


C'era da aspettarselo. All'indomani della consegna del Nobel per la pace a Barack Obama, nella stampa "liberal" (chiamiamola così) di tutto il mondo è un generalizzato arrampicarsi sugli specchi nel vano tentativo di spiegare l'inspiegabile; come sia possibile, cioè, che un'icona del buonismo progressista come il neopresidente americano possa contemporaneamente essere incensato da un premio "preventivo" nello stesso giorno in cui manda decine di migliaia di soldati ed equipaggiamenti da guerra in Afghanistan. E, soprattutto, come sia possibile che ciò sia sostanzialmente diverso da quanto fece Bush all'indomani dell'Undici Settembre e negli difficili anni a seguire.
Perché - make no mistake - è sostanzialmente diverso, deve esserlo, per definizione. Quindi ne consegue il florilegio di analisi, interpretazioni ed - appunto - arrampicamenti sugli specchi degli editorialisti "de sinistra", tra i quali scegliamo l'ineffabile Vittorio Zucconi dall'immancabile Repubblica, vero passatempo per gli appassionati del settore.
Apprendiamo così della "riluttanza" con la quale il "soldato Obama" ha risposto alla chiamata dello Zio Sam, il travaglio interiore ed il dramma dell'uomo nel momento in cui ha dovuto anteporre la tradizione democrat americana (l'interventismo militare) alle scintillanti notti della campagna elettorale; sì, perché lui - Obama - non voleva di certo passare per guerrafondaio (sai, centomila soldati non sono proprio bruscolini), ma perdiana! s'è trovato con le mani legate. E giù di analisi sul "pacifismo vs. pacificità", concetti "distinti e non differenti", che pare di sentir parlare Veltroni mentre fa il verso a Bertinotti. E poi Churchill, Truman, la Corea, il Vietnam. La Storia.
Già, la Storia. A scorrere il pindarico pezzo di Zucconi, però, ne manca un pezzo non secondario: l'Undici Settembre è artatamente nominato solo di striscio: di fatto, si passa d'un colpo da Wilson all'Iraq post-Bush in un tripudio di "necessaria pacificità non-pacifista" nel quale le tremila e passa vittime innocenti del più atroce attentato terroristico mai perpretato paiono essere sono solo "la scusa" usata dall'ONU per avallare l'invasione dell'Afghanistan (e per questo considerata giusta), ma smettono di colpo di esserlo quando il lavoro va continuato nell'Iraq di Saddam Hussein e magari oltre.
Nuovamente, make no mistake: gli errori (appunto) commessi dall'amministrazione Bush e dai vertici militari statunitensi nella gestione del "dopoguerra" in Iraq (ed in parte in Afghanistan) sono incontrovertibili, ma non sono in discussione in questo frangente: qui non si sta discutendo di tattiche militari, ma di motivazioni politiche, etiche, ideologiche, perfino religiose che si trovano a monte di quelle tattiche. E chiunque dotato del minimo sindacale di onestà intellettuale non può negare che Barack Obama, al posto di Bush, il 12 settembre 2001 si sarebbe comportato come e più duramente del suo predecessore. E' la Storia a dimostrarlo, quella dei presidenti democratici del '900: sono loro ad aver iniziato tutte le guerre che hanno visto coinvolti gli Stati Uniti, guerre che sono state chiuse sempre da presidenti repubblicani. Con l'eccezione di George W. Bush, ovviamente, a seguito dell'eccezione rappresentata dall'Undici Settembre: questa guerra non è come le precedenti, non esistono eserciti, linee di fronte e nazioni contrapposte. Qui Obama che si ritrova la "pappa pronta" e buona parte del lavoro già fatto con al Qaeda smembrata da una guerra asimmetrica ormai padroneggiata nei suoi fondamentali, con un dittatore in meno del quale preoccuparsi, con l'Iran isolato dal resto del mondo, il tutto portato avanti nonostante l'ostilità europea ed il pesantissimo tributo in termini di vite americane. Ad Obama tocca ora l'exit strategy dopo il colpo di grazia, altro che "pacifico non-pacifista".
In tutto ciò assorda il silenzio della UE che, mancando di una politica comune in materia di difesa, ha seguito od osteggiato gli USA in ordine sparso, seguendo la pancia e gli istinti dei rispettivi colori di governo; il tutto comodamente appollaiati sotto l'ombrello protettivo che proprio gli USA continuano, nonostante tutto, a garantire all'intero pianeta. A prescindere dal colore del suo presidente.

(Immagine tratta da theliberaldemocrat.com)

giovedì, dicembre 10, 2009

Scelte


Eh, l'aveva detto anche Bush...

Il goal della bandiera

Silvio Berlusconi ha sfruttato il palco europeo per segnare un punticino a favore suo e del Paese nello sporco gioco allo sputtanamento internazionale dell'Italia.
Com'era facile aspettarsi, le reazioni sono state immediate ed unanimi, a cominciare dal traditore Fini: inaudito e gravissimo attacco alle istituzioni democratiche nazionali perpretato in faccia al mondo intero.
Eh, come sono lontani i giorni dei paginoni esteri acquistati con i soldi pubblici da Di Pietro per spiegare come l'Italia fosse messa peggio della Corea del Nord.

martedì, dicembre 08, 2009

Piccoli Guzzanti crescono S01E01


Dopo l'episodio-pilota, lanciamo una nuova serie dedicata a chi, pur professandosi "di centrodestra", si adopera con tutte le forze affinché la sinistra, o peggio Di Pietro, tornino al potere.
Il titolo della serie è volutamente provocatorio nei confronti del senatore Guzzanti: lui la sinistra (intesa come sinistra vera e propria, ma anche come estensione del termine a tutto ciò che puzza di cadavere politico) la odia sinceramente, a differenza dei suoi novelli emuli; eppure, ha ingaggiato contro Berlusconi una battaglia senza quartiere che ha segnato l'inizio dell'offensiva d'estate a suon di puttane e sputtanamenti.
La prima puntata la vince, senza meno, la dietrologia del cazzo (non se la prenda, è un termine scientifico) di Phastidio. Premio al merito per l'inutilità assoluta del post, se non il ricavare qualche "impression" dai manettari di passaggio.

sabato, dicembre 05, 2009

Lasciamo alla sinistra ciò che è della sinistra


Sta succedendo qualcosa di preoccupante all’interno del PdL e del centrodestra in generale. Sempre più spesso sento esponenti, blogger ed elettori usare parole, cliché e concetti decotti tipici della sinistra più becera, se non di Di Pietro.
Un male nero sta insinuandosi in queste menti, un male che viene da sinistra e si chiama ipocrisia. E molti post, in blog che stento a riconoscere dai rispettivi inizi, ne sono lampante esempio. Come questo. O, peggio, questo. Piccoli Guzzanti crescono.
Fanno finta di non aver capito che Fini non è colpevole di lesa maestà nei confronti di Berlusconi, lo è nei confronti dei suoi elettori. Ha tradito molte dei valori fondanti del centrodestra e lo ha fatto con un tempismo ed una pervicacia che suscitano ben più di un sospetto. Ed il fatto che si stia guadagnando pelosi consensi come quelli testé citati è la conferma – casomai ce ne fosse bisogno – che rappresenta un pericolo mortale non per Berlusconi (figuriamoci!), ma per l’Italia tutta. In questo momento il Paese non può permettersi una ricaduta nel caos della sinistra, né un indefinito periodo di ingovernabilità a causa di esecutivi “tecnici” o di “larghe intese”; ci sono forze in movimento che tramano per ottenere ciò, sappiamo tutti come si chiamano, dove si trovano e come operano. Il far finta di non vederle rende chi lo fa colpevole più di chiunque altro.
Lasciate alla sinistra le ideologie della sinistra. La cosiddetta “destra sociale” è un ossimoro, non esiste e non deve esistere. La giustizia sociale è un fine, una conseguenza: non è un mezzo. Chi è fuori da questi parametri è fuori dal governo, fuori dalla maggioranza, fuori dal Paese che voglio per i miei figli e che la maggioranza degli italiani ha scelto per i propri.
Fuori dai coglioni, per dirla con un linguaggio forse più comprensibile.

Rimbalzo?

Dopo il fondo del ridicolo toccato con la mediaticamente strombazzata deposizione in aula di Gaspare Spatuzza, parrebbe che anche alcuni appartenenti a quello schieramento (minoritario, ma molto rumoroso) che vorrebbe Berlusconi spazzato via per non dovercisi confrontare politicamente stiano rendendosene conto, e per la prima volta cominciano a porsi - pubblicamente - delle domande.
Ma non sarà che 'sti "pentiti" di mafia non sono altro che un'arma come un'altra in mano alla criminalità organizzata? Non sarà che la magistratura si ritrova imbrigliata nell'obbligatorietà dell'azione penale, costringendo un governo democraticamente eletto a difendersi da questi attacchi invece di pensare al bene del Paese? Non sarà che quindici anni sono un lasso di tempo assurdo per il protrarsi di indagini e processi, soprattutto se ciò rappresenta la norma?
Queste sono le domande - retoriche - che tutti noi che ci troviamo dalla parte giusta della barricata ci poniamo quotidianamente da tre lustri, ed alle quali invece che risposte otteniamo insulti ed accuse di servilismo acefalo. Ora, iniziano a porsele autorevoli (brutta parola, ma non me ne vengono in mente altre) esponenti dell'intellighenzia di sinistra come Sergio Romano, sul Corriere della Sera di oggi.
E' lecito sperare in un cambio di rotta, seppur tardivo? In una presa di coscienza, finalmente, della realtà dei fatti? In una nuova stagione di confronto politico, e non pseudo-giudiziario e mediatico? L'Italia è fragile, economicamente e socialmente: quanto ancora potrebbe sopportare il protrarsi di una guerra civile fredda?

mercoledì, dicembre 02, 2009

Fini deve dimettersi

Dopo la figura barbina rimediata ieri, grazie alle rivelazioni ad orologeria della solita Premiata Ditta "La Repubblica", Gianfranco Fini ha poco da sgolarsi che è "super partes", aggiungendo un "lei non sa chi sono io" a quanto già esternato: egli deve necessariamente dimettersi da Presidente della Camera dei Deputati, oltre che da parlamentare e da membro del PdL. In poche parole, la sua carriera politica è finita.
Infatti, come nota correttamente Gianni Pardo, chi considera un dittatore il Presidente del Consiglio dei ministri del governo del quale fa parte non può continuare a usufruirne mantenendo funzioni e privilegi senza esserne necessariamente complice. Vediamo, dunque, se il recente avvicinamento alle posizioni della sinistra pseudo-progressista ha già drenato la coerenza e l'onestà intellettuale dall'uomo. Vediamo se ha le palle per andare fino in fondo senza nascondersi dietro lo scranno della terza carica dello Stato. Vediamo se combatte il tiranno per il bene del Paese.
Si accettano scommesse.

martedì, dicembre 01, 2009

Caro Presidente, sei fuori


Beh, direi che dopo questo Gianfranco Fini è ufficialmente fuori dal PdL e dentro al mirino berlusconiano. In bocca al lupo.

giovedì, novembre 26, 2009

Beppe Grillo mister Zero Virgola


Grazie al Cielo esiste un mondo reale che non rispecchia minimanente il delirante mondo virtuale dipinto da certe realtà che pretendono di essere universali. Grazie al Cielo personaggi come Beppe Grillo, comico decaduto auto-prestatosi alla politica tanto al chilo, nonostante millantino oceaniche folle di sostenitori, raccolgono in realtà il favore di quattro gatti spelacchiati: un'ipotetica "Lista Grillo", nella rilevazione effettuata da SpinCon, non andrebbe oltre lo 0,6%. Occhio, è una rilevazione fatta via web, quindi, nelle condizioni teoricamente più favorevoli al rumoroso uomo di spettacolo genovese.
Ma già sappiamo quale sarebbe la sua replica urlata dal palco: il "digital divide" impedisce al popolo italiano di diventare popolo della Rete e, di conseguenza, a quello 0,6% di diventare 51%. E il bello è che c'è pure qualcuno disposto a crederci.

giovedì, novembre 19, 2009

Troppo comunista


Neanche i socialisti lo vogliono tra i piedi. Povero Baffetto, a cosa servirà ora?

mercoledì, novembre 18, 2009

Il Pifferaio avvistato dal Corriere


Una volta tanto mi tocca fare tanto di cappello al Corriere della Sera che, lasciati per un momento i panni del giornalismo subdolo e subliminale che lo contraddistinguono, pubblica una perla di Pierluigi Battista che mette il dito nella piaga più purulenta e profonda del giornalismo italiano: l'ipocrisia.
Il ditino alzato a senso unico alternato, l'indignazione centellinata a seconda delle convenienze, la morale telecomandata dalle esigenze elettorali padronali o di bottega: tutte caratteristiche di una società malata nel profondo, composta da individui che partono dal presupposto che il prossimo è fondamentalmente un cretino da abbindolare, e non un proprio pari cui relazionarsi.
Inevitabilmente, a finire nel mirino di una critica di questo tipo non possono essere che quei soggetti che si espongono quotidianamente con gli atteggiamenti sopra descritti. E campione nazionale assoluto in questo sport è il quotidiano La Repubblica.
La storia è quella del colonnello Gheddafi e delle centinaia di ragazze (hostess? escort?) selezionate per la sua serata romana in base alle misure e all'aspetto. E' da giugno scorso che gli attributi degli italiani vengono stracciati minuziosamente con cadenza giornaliera circa il mercimonio della figura femminile che viene perpretato dai potenti maschi, con chiassoso contorno di gossip e cretinate assortiti. E la storia raccontata da alcune delle partecipanti non pare stavolta differente dalle altre. Ad esempio dalle perniciose attenzioni dedicate dai media alle hostess del G8 a L'Aquila, sorvolando sulle serate a Palazzo Grazioli.
Eppure, silenzio di tomba. Tutto bene. Tutto nella norma. Nonostante Gheddafi non sia esattamente un idolo della stampa nostrana. Nonostante si tratti di centinaia di giovani donne usate per una notte e poi ributtate in strada. Nonostante i 50 Euro di compenso pro capite gridino vendetta di fronte a qualsiasi "tribunale" morale, da qualsiasi parte li si guardi. Nonostante tutto.
Eh, ma c'è una ragione. L'avete già indovinata, proprio quella. Non c'entra Berlusconi.

Ipocrisia. Pochezza morale, mentale, civile e deontologica.

Si dirà: ma mica esistono solo il Corriere e Repubblica: nessun media si è "indignato". Vero. Ma siamo alle solite: chi si erge a Moralizzatore Totale deve poi stare attento a farlo sempre, altrimenti quel ditino alzato da strumento offensivo diventa un ridicolo simbolo di convenienza ed arroganza, e si ritorce contro chi lo sventola. Perché se l'unico accenno alla vicenda è un asettico articolo di cronaca, per di più scritto da una donna, c'è veramente qualcosa che non va. Dove sono le Dieci Domande al colonnello? Dov'è l'appello firmato dalla consueta fila di babbioni piagnucoloni? Dove sono le interrogazioni parlamentari? Dove stanno le articolesse di D'Avanzo ed i sermoni precotti di Travaglio?
Forse troppo impegnati a leccare il culo a Saviano, che ha pronunziato il Nome Magico e tutti dietro come i topi della fiaba? Eh.

martedì, novembre 17, 2009

Ossessione


Discussione su Facebook. Lei linka un articolo dell'ANSA dove si presenta il solito studio-sondaggio che elegge a modelli maschili e femminili per gli intervistati rispettivamente Valentino Rossi e Belen Rodriguez. Io non faccio caso al fatto che gli intervistati fossero bambini, leggo solo superficialmente il titolo, mi soffermo più sul commento della mia amica che accompagna il link: si stupisce del fatto che "un evasore" sia un modello da imitare.
Io le faccio sommessamente notare che se qualcuno mi dice "Valentino Rossi", la prima cosa che mi balena nella mente non è Vincenzo Visco, ma un arrivo sul traguardo a pinna impossibile, primo come sempre. Lei insiste moraleggiando a destra e a sinistra, e su e giù.
Poi, mi accorgo del mio fraintendimento, ero convinto che fosse un sondaggio tra adulti: e dico "ma peggio mi sento! e se fosse uscito fuori Goldrake che è un cornuto?"
Lei si offende e mi offende dicendo che mi sto arrampicando sugli specchi.

Ora, questo è uno specchio dei tempi; uno scorcio sul mondo del giustizialismo e del moralismo tanto al chilo, che pretende che persino un bambino si "indigni" per un evasione fiscale. Niente eroi, niente sogni: solo studi di settore, controlli della finanza, processi, galera. Dai quattro anni in su.
Ecco spiegata la ragione profonda del successo dei vari Travaglio, Grillo, Di Pietro, Santoro: l'ignoranza. Buia, abissale, arrogante, inesorabile, ossessiva ignoranza.

venerdì, ottobre 30, 2009

Suo Onore Travaglio bis


Non bastavano le "pinocchiate" di Marco Travaglio, il giornalista "un tanto al chilo" (come lui stesso ama dire) per costruire tribunali, giudici e sentenze da microonde su quintali di fuffa degna dei peggiori salotti televisivi di Caracas; ora ci si mette anche il suo degno concorrente (ed acerrimo nemico) Giuseppe D'Avanzo che, come sempre dalle pagine di Repubblica, imbastisce un pindarico procedimento prêt-à-porter contro il solito Silvio Berlusconi condannandolo ineluttabilmente (perché «quel che è avvenuto è chiaro») per violazione dell'articolo 640 c.p.: ricettazione.
Che pacchia: fossero tutti cosi i procedimenti penali intentati contro Berlusconi non servirebbero neanche le decine di avvocati che lo devono difendere, basterebbe aver bisogno di carta per pulire i vetri.

mercoledì, ottobre 28, 2009

Causa ed effetto

«In Italia non c'è razzismo, c'è tanta xenofobia che è l'anticamera del razzismo». Caro Presidente Fini, se te la piantassi di cianciare un giorno si e l'altro pure di improbabili integrazioni alle vongole, forse - dico: forse - la gente sarebbe anche disposta a calare un po' in xenofobia, che ne dici?

Una nuova opposizione


«Costruiamo assieme un'opposizione». E' l'invito che Antonio di Pietro (IdV) e Paolo Ferrero (PRC) lanciano in direzione del Partito Democratico di Pierluigi Bersani. Potrebbe sembrare una buona notizia, se non fosse per il fatto che dietro la colomba c'è sempre la carcassa del lupo, morto ormai da anni, anche se non se n'è ancora accorto: «Dev'essere un'iniziativa di tutta l'opposizione che chiede le dimissioni di Berlusconi». Oh, di nuovo. L'han già chiamata "No Berlusconi Day", poveri noi.
Niente, non ce la fanno. Niente programmi, niente idee, niente prospettive, niente impegni, niente politica: solo, unicamente, invariabilmente, ineluttabilmente, tragicamente "No Berlusconi".

martedì, ottobre 27, 2009

Il travone di stato


Spero sia un refuso, anche se nutro poche speranze. Questo articolo del Corriere online da conto di "voci di procura" che lascerebbero intendere la non volontà di procedere contro Piero Marrazzo per il reato di peculato (è noto che andava a travestiti con l'auto blu).
Ma è la presunta motivazione a lasciare basiti: «[...] quanto al peculato, Marrazzo aveva diritto all'auto di servizio e con quella poteva andare dove voleva [...]», si legge nell'articolo.
Cioè, fatemi capire: il politico Marrazzo può andare a travestiti col lampeggiante pagato da me e scusi il disturbo, mentre il politico Berlusconi deve rendere conto, carte alla mano, di ogni goccia di kerosene consumata dal suo aereo (in rapporto al numero di persone a bordo) pena interrogazioni al Parlamento Europeo e la chiamata in causa di Amnesty International con annessi sermone scalfariano ed inchiestona stelliana?
Poi dici dei due pesi e delle due misure. E poi - soprattutto - dici che si estinguono. Ad uno ad uno.

Mi raccomando, compagni!


A sinistra le direttive del Partito prevalgono sempre e valgono per tutti, da D'Alema fino all'ultimo sfigato. Negare tutto ed applicare il doppiopesismo, come da manuale distribuito.

Sia chiaro: nessuno ce l'ha con Marrazzo perché va a travoni (so' cazzi sua, letteralmente), la sua colpa - è stato detto e ridetto - è quella di aver subito un ricatto per chissà quanto tempo senza denunciarlo, mentre era alla guida di una Regione che movimenta 26 miliardi di Euro l'anno. Chi viene messo in ridicolo, qui, è - come al solito - il popolo dei bacchettoni, con Repubblica in testa: D'Avanzo pretendeva le dimissioni di Berlusconi perché un premier puttaniere e ricattato è un premier "dimezzato" (sono parole sue), e su questa tesi il suo giornalaccio ha costruito la burla delle "10 domande" che - incredibilmente - dura tutt'oggi. E D'Avanzo era nel torto (perché disinformato o in malafede, lo sa solo lui), perché Berlusconi non sapeva che la D'Addario fosse una puttana (le intercettazioni lo dimostrano), perché Berlusconi non l'ha neanche pagata (le intercettazioni lo dimostrano) e perché Berlusconi non ha ceduto al ricatto della puttana di cui sopra (le intercettazioni lo dimostrano). Tanto che i pm si sono affrettati a precisare che, in capo a Berlusconi, non c'è stato proprio nulla di penalmente rilevante; si è trattato di un "semplice" caso di sputtanamento (sic!) a mezzo stampa da parte di Repubblica e di chi la comanda a bacchetta, i quali hanno fatto una figura barbina epocale.

Oggi, D'Avanzo che fa (e con lui i "davanzones" sparsi un po' per tutta Italia)? Compila "10 domande" per Piero Marrazzo, puttaniere (beh...) conclamato, consenziente, pagante (5000€ a notte per un "democratico" amico del popolo sono una delizia), ricattato da chissà quanto ed omertoso, responsabile di una serie potenziale di azioni di governo distorte, indagato dalla magistratura per tutto questo (altro che "vittima" e "voglio sparire"!)? Ma ovviamente no! Il colpevole, stavolta, è... Berlusconi, il vero ricattatore, quello che teneva il povero allegrotto liberal per le palle (o quel che ne rimaneva) minacciandolo di rendere pubblica la cosa, che usava la propria posizione non di "Silvio Berlusconi", ma di "Presidente del Consiglio" per tenere in scacco il tapino e costringerlo così a chissà quali nefandezze!
OK. E Marrazzo? Niente. Una vittima del "sistema di dominio" berlusconiano. Un santo. Un ulteriore esempio dell'anomalia italiana. No, non quella dei dirigenti di sinistra amanti dei travestiti brasiliani (si sa, il travone è di sinistra, è l'escort che è di destra) e contemporaneamente distruttivi nei confronti delle istituzioni che dovrebbero rappresentare, ma quella di un Berlusconi che, per la sua sola esistenza, giustifica ogni altra nefandezza, dalla corruzione al ricatto, dall'associazione a delinquere a scopo di estorsione alla concussione. Chiunque è colpevole di ciò è, in realtà, una marionetta di Berlusconi, ed il vero colpevole è ovviamente lui.

Ecco l'unica, vera, inimitabile, incontrovertibile ragione della loro estinzione. E' tutta qua.

domenica, ottobre 25, 2009

Del Pd è rimasto solo il "partito"


Con la vittoria di Pierluigi Bersani alle cosiddette "primarie" il Partito Democratico fa un abissale passo indietro e, di fatto, scompare a favore del vecchio Partito e basta. Quello Comunista, ovviamente.
Un ritorno alle origini in piena regola, una bella soddisfazione per Massimo D'Alema che potrà finalmente tornare a manovrare liberamente le leve del potere, sfilategli quasi due anni fa dall'eretico Veltroni e dalle sue velleità maggioritarie e riformiste.
Una sconfitta nella sconfitta per un'opposizione annichilita, sbandata, accecata dall'odio e dal bacillo dipietrista, travolta dalle stesse armi create per tentare di abbattere Berlusconi.
Un passo indietro per tutto il Paese, privato dell'opposizione democratica a favore di un nostalgico gruppetto di vecchi pepponi interessati unicamente a rimettere le mani sul potere perduto.

sabato, ottobre 24, 2009

Ecco la Terza Repubblica


Ormai si è in ballo, è stata passata quella linea invisibile che tratteneva gli scandali a sfondo sessuale dal condizionare la politica italiana (che di condizionamenti ne ha da sempre già fin troppi), ed ora è un torrente in piena.
L'ultima vittima, Piero Marrazzo, governatore del Lazio ed esponente del Partito Democratico: beccato ad un festino a base di cocaina e transessuali con 5000 Euro contanti in tasca (3000 per "Natalie", gli altri 2000 chissà per cosa) e le mutande a terra. Ricattato da una banda di delinquenti che - incidentalmente - sono anche Carabinieri. Un bel colpo per la sua immagine di uomo "pulito", come sono lontani i tempi di "Mi Manda RAI3".
Ma questo è l'andazzo iniziato in pompa magna con le foto di Villa Certosa, dopo il timido inizio che vide Silvio Sircana - allora portavoce di Romano Prodi - alle prese anch'egli con un transessuale. Ora, nessuno è più "al sicuro", è iniziata ufficialmente la Terza Repubblica.
E' un bene? No, eh?

mercoledì, ottobre 21, 2009

Ma chi è, tuo fratello?


Va bene che la politica non attira il rispetto dell'uomo della strada, ma la responsabilità di ciò è in capo principalmente ai media.
Un esempio? Il pessimo vezzo di praticamente tutti i giornali di chiamare col nome proprio le personalità politiche che intendono, in qualche modo, sbeffeggiare (nella foto, il Corriere della Sera), soprattutto e preferibilmente se non di sinistra. E così, il Presidente del Consiglio diventa "Silvio" ed il marito della Lonardo diventa "Clemente".
Fossi in loro, scriverei ai direttori dei quotidiani domandando loro se - per caso - siamo mai usciti a cena insieme.

venerdì, ottobre 09, 2009

La pax obamiana


Sarà divertente vedere la faccia dei parrucconi svedesi quando in primavera l'Abbronzato più amato del semi-mondo democrat-progressista farà dell'Iran un parcheggio.

(foto: da Corriere.it)

mercoledì, ottobre 07, 2009

La riforma dell'ovvio


Certe volte viene da pensare che alcune delle "riforme" proposte da questo governo siano ridicole. No, calma. Non in quel senso.
Dicevo che, alcune volte, azioni che vengono presentate dai media come "rivoluzioni" anche epocali sono semplice restaurazione di quel minimo sindacale (sic!) di buon senso che non avrebbe dovuto mai essere stato messo in discussione.
Esempio di oggi: il ministro Gelmini (Santa Mariastella da Leno ora pro nobis!, mai ministro della Repubblica avrà lasciato tanto bene al proprio passaggio) ha detto che i bidelli devono riprendere la scopa in mano e pulire le scuole. Orrore. Già si sentono gli urli sguaiati dei sindacalizzatissimi "ATA" (dire "bidello" è peggio che dire "negro") che si stracciano le vesti per farle assomigliare ai loro "diritti" ridotti ormai a brandelli.
Eppure, è la cosa più normale di questo mondo. Proviamo a domandarci: se non tengono pulito quel cacchio di corridoio, che ci stanno a fare? Mia moglie è insegnante e quando le ho riferito della scandalosa uscita della Gelmini s'è fatta una risata. L'unica cosa che fanno i bidelli è fare il giro delle aule per controllare se gli insegnanti stanno al loro posto, e nel tempo libero da questa nobile attività si lamentano l'un l'altro del troppo lavoro che hanno da fare -- mi ha raccontato. E guai a chieder loro di portare una cosa in segreteria o di far sostituire una lampadina, per carità: come minimo ci rimedi una sfuriata, se va meno bene una scarica di insulti.
In più, di questi iper-protetti figuri le scuole nostrane sono oggi ben farcite, con un rapporto alunni per bidello tra i più bassi al mondo.
Nessuna "rivoluzione" quindi, nessuna "riforma": solo ripristinare ciò che era giusto e normale.

Tanto peggio tanto meglio, as usual

«Non posso non rispettare il responso della Corte Costituzionale nel quadro di un sistema democratico. Prendo atto tuttavia che questo sistema, soprattutto per le modalità con cui vengono eletti i membri della Corte, rischia di alterare nel tempo un corretto equilibrio fra i poteri dello Stato, i quali traggono tutti origine dalla sovranità del popolo.
La solidità di questo governo non è in alcun modo intaccata da questo pronunciamento né tantomeno la mia volontà di proseguire con determinazione nel mandato ricevuto dal popolo e rinnovato in tutte le più recenti competizioni elettorali. Una volontà che si rafforza e che riceve ogni giorno il sostegno compatto e solidale della volontà politica della maggioranza che sostiene l’attuale governo. Per il resto, non ho il minimo dubbio che le accuse infondate e risibili che ancora mi vengono rivolte cadranno sotto il vaglio di magistrati onesti, indipendenti e ossequienti alla legge e alla propria coscienza».
Questa la risposta, affidata ad una nota ufficiale, di Berlusconi alla bordata politica indirizzata al Paese dalla Corte Costituzionale che, questo pomeriggio, ha sconfessato se stessa, sbeffeggiato Giorgio Napolitano, leccato il culo a Di Pietro e messo il Paese di fronte ad una situazione di inutile difficoltà e potenzialmente dannosa.
Non già a causa dei processi contro Berlusconi: quelli ci sono sempre stati e sempre ci saranno e la scorsa legislatura è filata via per intero in assenza di "scudi" di qualsiasi genere; il danno verrà (perché verrà) dall'iniezione di forza che questa sentenza da alla minoranza sfascista e manettara che fa capo a Di Pietro ed ai suoi "bravi", Santoro, Travaglio, Grillo. Tutta gente che invece di essere emarginata dalla politica a causa della loro pericolosa tendenza all'eversione e del loro sprezzo di qualsiasi concetto legato alla democrazia sarà ora motivata ad innalzare i toni oltre ogni limite.
Ci fosse, in Italia, un'opposizione politica degna di questo nome non ci sarebbe da preoccuparsi; ma in mancanza di questa (il Pd è un cadavere in putrefazione, assolutamente inservibile sotto il profilo politico) il rischio è consegnare il 100% della dialettica ai trogloditi del dipietrismo, con le conseguenze che possiamo ben immaginare.
Tanto peggio tanto meglio. Questo deve essere stato il sentimento che ha mosso quei nove giudici che, prevalendo sugli altri sei, hanno dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che Silvio Berlusconi aveva ragione e che l'italia ha fatto un bel passo indietro allontanandosi da quella "normalità" che i suoi cittadini tanto aspettano.
L'unica speranza è che Berlusconi ed il governo (ma soprattutto la maggioranza che li sostiene) non si facciano distrarre da questo ignobile episodio e che tirino dritto come fatto finora. Dovremo forse sorbirci altre dosi di falso gossip e una decina di puntate di Annozero tempestate di feste e champagne per la "vittoria" sul dittatore di Arcore, ma almeno non si farà una disastrosa conversione ad "U" che affonderebbe l'Italia forse definitivamente.

Comunque andrà, diranno di aver vinto

Nessuno sa come la Consulta si esprimerà sul Lodo Alfano, non c'è alcuna previsione possibile. Ma una cosa è più che certa: comunque andrà, i professionisti dello sfascismo potranno dire di aver avuto ragione.
Se la Corte si pronunzierà a favore dei ricorsi presentati, bocciando così di fatto la legge, avranno ovvia stura nel gridare all'abbattimento del tiranno nel nome della Giustizia e della Democrazia con le 'G' e 'D' maiuscole; se invece si pronunzierà contro i ricorsi, approvando di fatto il Lodo, useranno il paracadute della famosa cena nel corso della quale - secondo loro - i giudici furono corrotti da Berlusconi, Letta e dallo stesso ministro Alfano, probabilmente a suon di manicaretti tricolore.

martedì, ottobre 06, 2009

Repubblica e la scuola


Quando si dice la faccia tosta. Nei decenni passati la scuola Italiana è stata il porcile privato nel quale hanno sguazzato felici tutte le scrofe ed i porci delle sinistre italiane (prima le scrofe, è più politicamente corretto) riducendola allo schifo che è adesso, sia dal punto di vista infrastrutturale che - soprattutto - da quello dei contenuti. Un ammortizzatore sociale permanente, il luogo dove imboscare ogni sorta di fancazzista pubblico e dove usare le schiere di bambini e ragazzi come carne da macello sindacale e parapedagogica, con il fine ultimo (e tenuto neanche tanto nascosto) di farne acefali elettori assieme ai disperati portati qua a suon di gommoni.
Uno schifo totale, vergogna nazionale di fronte al mondo, concausa dell'infimo livello culturale, scientifico, umanistico e civile di questo Paese (la 'P' maiuscola la mantengo solo per amor di Patria, ma non è meritata) e pesantissima ipoteca sul suo futuro, sempre più grigio ed incerto a causa delle sue radici marce e superficiali.
Eppure oggi proprio loro, proprio il maggior partito di sinistra, quello che fa finta di essere un quotidiano, riesce nell'acrobazia di far passare il messaggio che da quando c'è la Gelmini la scuola è in rovina. Roba da rotolarsi dalle risate, se non fosse così tragicamente grave.

Mai nella storia della scuola italiana, dalla Riforma Gentile, una tale strambata fu mai imposta come quella portata dal ministro Gelmini e da questo Governo. E mai virata fu più salutare. Se un difetto c'è è che è fin troppo blanda, i cancri non si curano con l'aspirina.

lunedì, ottobre 05, 2009

Fine dei giochi



E così anche la favoletta della superiorità culturale della sinistra è andata.... a puttane. Prosit!

martedì, settembre 29, 2009

La mala información: Capitolo XVI - Il Grande Inganno


Così come il più grande inganno di Satana è il far credere che non esista, il più grande inganno delle cosiddette "opposizioni" politiche (e non solo) italiane è far credere che la libertà di stampa sia ridotta al lumicino. E' una tale castroneria, una bugia così colossale, un ossimoro così devastante che fa la fine dell'Universo ai nostri piccoli occhi: non ce ne accorgiamo.
La situazione si sta facendo pericolosa: siamo di fronte ad un tentativo di colpo di stato perpretato non (ancora) con i cannoni ma proprio con i media, usati come clava e come nascondiglio. Con buona pace di chi crede alla favoletta dell'informazione imbavagliata da Berlusconi. Quanta ingenuità.
Spiega tutto chiarissimamente e cristallinamente Il Neoaristocratico in questo post.
Mi fermerei qui, ma c'è anche da studiare la dimostrazione filosofica e giuridica di come il colpo di stato sia già in atto. Ecco, ora mi fermo.

Ecco una che avrebbe bisogno di "attenzioni"


Ecco, alla "diva" Suzy Menkes una "ripassatina" credo non farebbe proprio male, forse è in crisi di astinenza da uomini, chissà. Il problema è, semmai, trovare un volontario; ché quella leccata di bue sulla fronte non è che attiri poi così tanto, per tralasciare il resto.
Ma tant'è. Già gli inglesi, di loro, sono arroganti e tracotanti quando (s)parlano degli altri popoli; quando parlano degli italiani, poi, sono addirittura insopportabili (quasi come quando li peschi a pisciare ubriachi per le vie del centro di Roma); ma se a parlare è una zitella inglese ignorante e gossipara per definizione allora si tocca il fondo.
Ed ecco che la babbiona s'inventa un grido di battaglia "Viva la Bimbo!" (??) che, a suo dire, risuona in quel di Milano; e quel grido sarebbe il lamento di una moda trascinata nel fango da... Berlusconi!
Esatto, proprio lui! Del resto, chi altri può essere colpevole fin nel midollo per l'aver convinto Giorgio Armani a spruzzare di colore le sue austere creazioni in bianco e nero? Chi, se non lui?
Un consiglio alla megera d'oltremanica: qualche bicchierino in meno (magari anche qualche canna in meno, che quello sguardo spiritato la dice lunga) e qualche sano divertimento in più, ché per certe cose non c'è età se si vuole. Poi, vedrà che migliorerà.

sabato, settembre 26, 2009

Forza Italia!


Non amo gli eccessi leghisti, anche se li comprendo. Ma quello che ha fatto oggi Dario Franceschini è veramente un gesto idiota.
Radicalizzare lo scontro a quel modo non giova a nessuno: quanti leghisti si saranno lasciati intimorire dalla feroce espressione del prete mancato più sfigato dell'universo?
Quanti elettori del PdL avranno cambiato idea vedendo l'uso "nobile" che del Tricolore ha fatto Franceschini?
I milioni di italiani che l'hanno visto tronfio e sorridente piantare la bandiera nel luogo "sacro" della Lega hanno pensato una sola cosa: meglio che scappi, adesso, che se lo pizzicano ne fanno coriandoli.
Bella mossa, davvero.

giovedì, settembre 24, 2009

Quota discriminazione


La giunta provinciale di Taranto è da rifare: i dieci assessori che la compongono sono tutti uomini. Lo ha deciso il tribunale amminstrativo regionale di Lecce, che ha dato 30 giorni di tempo al presidente Florido per obbedire.
Si apre ora la caccia alla donna-assessore: non importa se non sa una mazza di urbanistica o di problemi del traffico o di eventi culturali e sportivi, la cosa che conta è che sia femmina. Per essere più chiari, che sia fatta come quella mostrata in foto.
Riuscite ad immaginare qualcosa di più sessista e discriminatorio di questo?

mercoledì, settembre 23, 2009

Fatti come una scimmia

Mai un O.T. fu più benvenuto. Osservate attentamente lo scimpanzé in questo video, valutate bene come reagisce alle situazioni nelle quali si viene a trovare e poi rispondete a questa domanda: è lui che è "quasi umano" o siamo noi che siamo scimmie?

martedì, settembre 22, 2009

Blacklist: scuola elementare "Iqbal Masih" di Roma


Se ci sono due cose che da queste parti proprio non si sopportano sono le liste di proscrizione (leggasi: appelli al boicottaggio) tanto in voga nei pecoroni in stile grillino e le celebrazioni melense e retoriche della serie "un minuto di silenzio", buone solo per gratificare la propria coscienza sporca come un'elemosina data ad uno zingaro.
Ma oggi ci si vede costretti a fare un'eccezione, visto che in ballo ci sono mali ben peggiori. Capitando su questo post di Daw sale automaticamente la carogna. Uno, perché si tratta di una scuola elementare, un punto debolissimo e dolorosissimo per la nostra società, luogo di proliferazione di uno dei peggiori cancri che abbia mai sviluppato, la casta dei dipendenti pubblici comunisti ma col 100% di gradi di libertà riconosciuta da innumerevoli leggi non scritte, e guai a chi fiata. Due, perché si tratta proprio di una degna rappresentante di questa fauna malefica, impegnatissima a sguazzare nel brodo vergine delle menti da forgiare deviandole mortalmente instillando in esse (e in quelle bacate dei rispettivi genitori) i semi pelosi della sfiga e del fallimento. E tre, infine, perché il tutto avviene a discapito anche (e soprattutto) di quello scampolo di amor di Patria e di civiltà che ancora - miracolosamente - evitano all'Italia di scivolare nella guerra civile.
La sola ed assoluta colpevole di tutto ciò - in questo frangente - è tale Simonetta Salacone, preside (alcuni si ostinano a dire "direttrice didattica") della sfigatissima scuola elementare "Iqbal Masih" che si trova in via Francesco Ferraironi 38, a Roma (zona Centocelle).
Sfigatissima a partire dal nome: ma miseriaccia infame, ti pare che un ragazzino di sei anni debba mettersi a piangere per non saper pronunciare il nome della propria scuola, solo perché qualche imbecille ha avuto la geniale pensata di intitolarla ad un ragazzino pachistano? Centocelle sta in Italia, maledizione! Intitolatela a Mario Rossi, se proprio dovete intitolarla a qualcuno!
Sfigatissima, poi, a causa della suddetta preside: una che per il suo attivismo politico conclamato e pubblicamente esibito con insistenza (e con la complicità amplificatrice dei solti media allineati) dovrebbe essere cacciata a calci dal posto che occupa: o fai l'insegnante o fai il comunistello da piazza, scegli. Le due cose sono gravemente incompatibili, e non c'è bisogno di tirare in ballo la pedagogia (quella vera, non quella rossa e deviata) per dimostrarlo.
Cos'è che diceva il Ministro Brunetta? Ecco. Cominciamo col dargli (e darci) una mano evitando come la peste la scuola comandata da quella donna: grazie al Cielo è possibile scegliersi la scuola a proprio piacimento, non ci sono vincoli se non quello della ricettività in termini di posti disponibili. Chi abita da quelle parti si guardi attorno: ci sono altre scuole nelle vicinanze, non rischiate le qualità civiche e mentali dei vostri figli mandandoli a pascolare come pecore in quel pantano di ideologie ed ignoranze, che là non c'è proprio nulla per loro. Nulla di buono, per lo meno.

domenica, settembre 20, 2009

Brunetta dice ciò che tutti pensano


Renato Brunetta, si sa, non è uno con i peli sulla lingua. Non te la manda a dire. E, per questo, è il più odiato ed il più amato tra i ministri di questo governo. E' costantemente in cima alle classifiche di gradimento tra i membri dell'Esecutivo, eppure gira con due scorte armate, costretto ad una vita blindata.
E' il destino di chi dice pane al pane e vino al vino, di chi ha deciso di prendere di petto ciò che generalmente non solo non si prende di petto, ma dal quale ci si tiene a debita distanza per non svegliare il can che dorme, intoccabile come un dio in terra, circondato da schiere di fedeli del politicamente corretto.
Stiamo parlando dei sindacati che proteggono gli eserciti di fancazzisti che ammorbano la nostra pubblica amminsitrazione e del castello di privilegi che essi si sono costruiti a spese di tutta la comunità. Il Ministro Brunetta è uno che s'è presentato sulla porta di questa gente con un martello pneumatico per ogni mano: sarà piccoletto, ma fa male.
E se uno è senza peli sulla lingua quando si tratta di chiamare i fancazzisti col loro nome, lo è anche quando parla di altre cose; come, ad esempio, della sinistra becera, caciarona, impresentabile e pericolosa che la fa da padrona in quella che vorrebbe presentarsi come un'opposizione democratica, ma che puzza più di resistenza partigiana (contro cosa, poi, lo sanno solo loro). Ed ecco che Brunetta fa uno spaccato tutto sommato semplice, lineare, cristallino della sinistra italiana; anzi, a mio parere rimane anche un po' troppo sul generico. Ci sarebbero nomi e cognomi precisi da fare: Carlo De Benedetti in primis, Massimo D'alema, Antonio Di Pietro, Marco Travaglio / Beppe Grillo sono solo alcuni dei nomi di persone che hanno dimostrato con i fatti di pensare di abbattere il governo democraticamente eletto con mezzi illeciti, o comunque contrari ai dettami costituzionali e, per questo, eversivi. Poi ci sono le seconde linee: i giornalisti, gli opinionisti, gli artisti, gli scienziati, gli intellettuali sono tutte categorie che inglobano elementi che, chi più chi meno e con i mezzi più disparati, hanno apertamente parteggiato (o hanno attivamente agito) per il medesimo disegno eversivo.
Disegno che ha una sola causa: la morte della sinistra italiana. Dico "italiana" perché, a ben vedere, in altri Paesi le sinistre hanno saputo riciclarsi (leggasi: evolversi) in qualcosa di compatibile con il secolo corrente; ma in Italia, vuoi per il provincialismo ed il qualunquismo così radicato nel DNA dei suoi cittadini, vuoi per l'intervento costante e fortissimo di agenti esterni che hanno sempre spinto affinché l'Italia rimanesse "immatura" nella sua democrazia in modo da poterla controllare più agevolmente (la sua posizione strategica è di valore sempre inestimabile), le sinistre sono rimaste ancorate a logiche di cent'anni fa evolvendo unicamente le proprie propaggini lobbistiche e corporativistiche e così facendo, inevitabilmente, si sono isolate con le loro stesse mani nei confronti del popolo. E non appena le condizioni sociali interne ed internazionali sono state favorevoli, tali anacronismi e tali conflitti interni sono esplosi mettendo a nudo tutto il vuoto sottostante, come un palloncino troppo gonfio.
Ma i rappresentanti di queste forze politiche, industriali, bancarie e sociali non ci stanno, ovviamente, a farsi sbarrare la strada da un dettaglio secondario che considerano con palese fastidio, come il fatto che nessuno li supporta più (ad esempio con il voto): il mantenimento (e l'accrescimento) del Potere sono la loro unica ragione di esistenza e sono pronti a tutto pur di perseguirli.
Persino a stravolgere il significato di buona parte delle loro apparenti lotte, come quella in favore della Costituzione: un pannucciello caldo sotto al quale nascondere il coltello. Questi signori non si fanno remore nel tentare un vero e proprio colpo di stato, salvo poi nascondersi sotto la gonnella di questa o quella istituzione (meglio se inutile) per poter dire di essere loro "sotto attacco". Ad esempio, la storia della libertà di stampa: oggi addirittura l'OCSE ha chiesto il ritiro delle querele contro Repubblica e L'Unità; domani lo chiederà Ban Ki Moon direttamente. E giù stracciamenti di vesti contro il "regime" berlusconiano, reo di tappare la bocca alla "libera stampa".
Ed ecco spiegato lo sfogo del Ministro Brunetta, che poi è lo sfogo di tutti noi schifati da una politica incapace di fare politica; sfogo puntualmente etichettato come "show" dai soliti pelosi opinionisti della sinistra, che non smettono mai di applicare alla lettera il manuale staliniano, che prevede la ridicolizzazione dell'avversario al fine di spuntarne le armi. Ridicolizzazione che si estende agli italiani, ovviamente, che poi - guardacaso - li ignorano nei momenti che contano.
Ah, infatti Brunetta oltre ad essere il più amato ed il più odiato è anche il più sbeffeggiato tra i ministri: Massimo D'Alema lo chiama "energumeno tascabile" - con un riferimento politicamente scorrettissimo alla sua bassa statura, ma si sa che certe "attenzioni" non valgono se rivolte a beceri rappresentanti "delle destre". Ma anche i sassi sanno che quando si sbeffeggia qualcuno, nove su dieci è perché lo si teme. E Brunetta è anche il più temuto, tra i ministri.

venerdì, settembre 18, 2009

Il Corano è servito


El Ketawi Dafani (foto), l'amorevole papà islamico che ha sgozzato la figlia Sanaa perché aveva osato fidanzarsi con un italiano apostata, ha «agito con sevizie e crudeltà, mosso da motivi futili ed abietti», e si becca pure una perizia psichiatrica. Altro che volere di Allah.
Per fortuna, in Italia c'è ancora qualcuno capace di chiamare le cose col loro nome (il gip del Tribunale di Pordenone Alberto Rossi, in questo caso): uno schiaffo al relativismo grosso così.
Ora, per non sbagliare, ingabbiamo pure la moglie, che è pure peggio di lui.

sabato, settembre 12, 2009

Mark your calendars

Un mese a partire da oggi. Il 12 ottobre verificheremo se la guerra sarà effettivamente iniziata o se saremo tutti presi a discutere di palinsesti RAI e di riforma della giustizia, come in un qualsiasi altro giorno di una normale legislatura italiana.
Perché se è buona la seconda, il senatore Guzzanti l'abbiamo definitivamente perso.

venerdì, settembre 11, 2009

Come fosse ieri

Dariocracy

Uno ci prova. Veramente, col cuore. Credere che la sinistra italiana abbia raggiunto finalmente il fondo del suo personalissimo ed oscuro barile e che un sussulto di amor proprio e di orgoglio politico la faccia rimbalzare verso l'alto iniziando una lunga e faticosa risalita è la speranza neanche tanto nascosta in molti di noi, per lo meno in chi ha a cuore le sorti di questo Paese.

Ma poi leggi l'intervista di oggi che Aldo Cazzullo ha ottenuto da Dario Franceschini per il Corriere della Sera e torni nel mondo reale.

Pare che il Nostro abbia visto Videocracy, l'ennesimo polpettone antiberlusconista ed autoreferenziale, nuovo vangelo per quella - per fortuna - minoritaria parte di italiani che non hanno capito un'acca di quanto è successo negli ultimi quindici anni e che si ostinano a vedere in Silvio Berlusconi una specie di anticristo, ma più cattivo. Bene, non si capisce se il film gli sia piaciuto o no; fatto sta che Franceschini si lancia in una serie di esternazioni e metafore da far impallidire un acrobata circense in quanto a spregiudicatezza.

Tralasciando la botta di moralismo da ascensore ("signora mia, è tutto un apparire!"), la prima chicca ci viene offerta col biasimo dell'arrivismo a tutti costi, anche con le gomitate nei denti: speriamo che Massimo D'Alema non legga mai questa intervista, potrebbe sentirsi chiamato in causa. Subito dopo, si lancia in una profonda analisi della bassa competitività italiana snocciolando dati sul numero di laureati e additando come responsabile la televisione di Berlusconi, ovviamente: invece di studiare e lavorare, i ragazzi italiani da sempre ambiscono a fare i tronisti e le veline -- nonostante i livelli di eccellenza dei nostri atenei e delle nostre scuole, mi permetto di aggiungere sommessamente, certo di non allontanarmi troppo dal Franceschini-pensiero nel merito. Già questa da sola fa ridere a crepapelle, ma è ancora più divertente se ci ricordiamo l'euforia della sinistra tutta quando il travestito più noto di Montecitorio (soprattutto per i suoi problemi nella scelta del cesso) si presentò all'Isola del Famosi deciso/a a combattere una battaglia di libertà e civiltà a nome di tutti gli emarginati ed i "diversamente normali" di questo mondo. Ma non divaghiamo.

Perché arriva il piatto forte, il fulcro del programma franceschiniano per il futuro dell'Italia: «Rompere le reti di protezione (?, ndr), liberare le energie, coniugare il merito con l'uguaglianza (!!!!!!, ndr), stabilendo pari opportunità per tutti, il figlio dell'operaio come il figlio del notaio». Ora, a parte le cripticità buone per tutte le stagioni e le palesi barzellette maanchiste di veltroniana memoria, è sempre divertente osservare i bacilli della lotta di classe fare capolino anche nei discorsi di un prete mancato come Franceschini, che è comunista come lo è oggi Sandro Bondi. Ma si sa, farsi fotografare seduto in un "salotto della sinistra" col panciotto di cachemere fa talmente figo che nessuno può rinunciarvi, specialmente se è gratis.

Ma andiamo avanti, che non è finita. Si dice "ottimista", Franceschini, sul fatto che le generazioni emergenti si affrancheranno dall'instupidimento tipico della televisione per abbeverarsi ai torrenti digitali, nei quali l'informazione potrà finalmente essere liberata dall'inquinamento berlusconiano. Vero, la televisione come unico mezzo di (in)formazione è destinata a morire entro pochissimi anni e ad essere sostituita da qualcosa d'altro che, vista la velocità di mutamento in questo campo, ad oggi non è certamente identificabile in pieno; ed è ragionevole supporre che sarà proprio Internet a far la parte del leone, come del resto sta già facendo tra chi è un minimo "smart", vuoi per età, vuoi per attitudine mentale, vuoi per pura fortuna. Ma le verità nei discorsi di Franceschini finiscono qua: già oggi è evidente come il mezzo digitale (leggi: il Web) sia infinitamente più utilizzabile della televisione per creare disinformazione, e Franceschini ne ha sotto gli occhi un esempio a portata di mano. Proprio il Corriere della Sera che lo sta intervistando è un campione nella manipolazione delle notizie al fine di crearne di nuove inducendo il lettore poco accorto (e sono la stragrande maggioranza) a capire fischi per fiaschi. Non è che abbattendo il TG3, Anno Zero o il TG4 hai risolto il problema della parzialità dell'informazione: prendi il blog di Beppe Grillo, forse il medium più seguito tra chi usa il Web per cercare notizie; è una tale accozzaglia di stupidaggini da imbarazzare una scimmia ubriaca, eppure è portato in palmo di mano manco fosse la RAI degli anni sessanta. Ma Franceschini pare non interessarsene, per lui l'unica cosa importante è che Mediaset smetta semplicemente di esistere. E problema risolto. Fortuna che Mediaset non ha alcuna intenzione di sparire, anzi è ben decisa a chiamare le cose col loro nome.

Ma è alla fine che l'apice viene finalmente raggiunto e che tutte le profondità e lucidità del pensiero franceschiniano ci vengono svelate. E che una grande verità viene portata alla nostra attenzione: nella situazione italiana, con i soldi tutti dalla parte di Berlusconi, Obama non avrebbe mai sconfitto McCain. Capiamo bene, è importante: Barack Obama, che secondo il Dario nazionale ha vinto solo con la forza delle sue visioni, qui in Italia non avrebbe avuto chances di vittoria contro l'infoiato psiconano che con i suoi soldi si sarebbe certamente comprato la vittoria, cosa che evidentemente ha fatto a spese di Walter Veltroni.
OK.
A dicembre 2008 Barack Hussein Obama aveva raccolto (e speso) 750 milioni di dollari per la sua campagna elettorale, più di quanto avevano messo in campo nel 2004 Bush Jr. e J.F. Kerry messi assieme, più di ogni altro presidente nella storia degli Stati Uniti. E alla fine della transizione di governo la cifra ha toccato lo stellare totale di UN MILIARDO DI DOLLARI. Un miliardo di dollari, caro Franceschini: sono nove zeri con i quali sono stati pagati tour, convention, emittenti televisive e radiofoniche, siti Web, spille e palloncini. McCain ha raccolto circa la metà.
E qui c'è la par condicio.

(Foto: da Corriere.it)

giovedì, settembre 10, 2009

Povera Repubblica!

No, non quella Italiana, ma quella di Largo Fochetti: «E' di tutta evidenza che il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è assolutamente fuori da qualsiasi responsabilità penale», afferma il Procuratore della Repubblica (Italiana) presso il Tribunale di Bari, Antonio Laudati.
"Invece, altri dovrebbero avere il cagotto", aggiungiamo noi. Il cerchio inizia a chiudersi attorno ai colli giusti.

Poi dici che se la prende con le "toghe rosse"

Ne da notizia, come al solito, Il Giornale (sperare che queste cose si sappiano da altre fonti è pura utopia): i due procuratori palermitani Ingroia e Scarpinato (nella foto) sono intervenuti ad una delle riunioni di kick-off de "Il Fatto", il nascituro quotidiano diretto da Marco Travaglio e Antonio Padellaro.
Certamente, sono due magistrati in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata; ma quella non è l'unica prima linea nella quale militano. I due discepoli di Gian Carlo Caselli sono noti per il loro attivismo politico all'interno di Magistratura Democratica, la "corrente" più a sinistra tra quelle dei magistrati (che, a rigor di logica, non dovrebbero neanche esistere), nonché per la loro aperta avversione nei confronti di Silvio Berlusconi (e qualsiasi cosa lo riguardi), che perseguitano da prima ancora che scendesse in politica.
Il fatto (sic) che i due prestino i loro servigi al foglio di Travaglio (il primo che si azzarda a dire che si tratta di "libera stampa super partes" è in tremenda malafede, ma ci sarà comunque chi avrà questo coraggio) la dice lunga sulla liceità degli allarmi lanciati da Berlusconi in primis, e da tutto il PdL (e non solo) a seguire circa le "attenzioni particolari" di cui l'attuale Governo ed i suoi esponenti sono fatti oggetto fin dalla loro comparsa nel panorama politico italiano da parte di quelle che, amichevolmente, vengono definite "toghe rosse", ma che sono semplicemente persone che usano uno dei poteri dello Stato contro un altro; con la differenza che il primo non è stato eletto da nessuno né risponde a nessuno, il secondo invece si.
Suonano così alquanto patetici (e miopi, quando non ipocriti) gli stracciamenti di vesti sia dell'ANM che, oggi, del CSM e di Napolitano, tutti tesi a lanciare allarmi sulla tenuta democratica di questo Paese ed a trovare nuovi sistemi per "tutelare" i magistrati. Anche quando tramano con personaggi come Marco Travaglio, che poi sappiamo bene tutti cosa fa con i loro "servigi".
E via così.

martedì, settembre 08, 2009

I mali del PdL sono i mali d'Italia

Acque agitate nel PdL, si dice. A guardar da fuori il maggiore partito italiano sembra che ognuno vada per conto proprio, parli di cose diverse, spesso in contrapposizione l'uno con gli altri, non si capisce nulla. Sacconi, Fini, Maroni, Gasparri, Calderoli, Bossi, La Russa. Un coro stonato all'ascolto del quale gongola una sinistra ottusa e idiota, che applaude sgangheratamente con la bava alla bocca come un demente in piena crisi che non capisce un'acca di quel che vede. E così è.


Ma il coro stonato non è così banale come era quello dell'Unione di Romano Prodi: là il caos era insito nello stesso concetto di coalizione impossibile voluta dai reggenti dei Ds, era fine a se stesso e non rappresentava assolutamente il Paese che l'aveva fortunosamente portato al potere. Qui il discorso è ben diverso: qui c'è una schiacciante maggioranza di italiani che ha creduto e continua a credere fermamente nel progetto berlusconiano, ed i continui sondaggi non fanno che confermarlo mese dopo mese configurando una primizia nella storia politica italiana, un'infinita "luna di miele" che è meglio smettere di chiamare in questo modo. Si tratta, molto più semplicemente, di aver azzeccato finalmente la ricetta giusta per tentare di tirare fuori questo paese dalla melma della Prima Repubblica, mai veramente prosciugata.

Ma azzeccare l'idea (e vincerci le elezioni) non basta, evidentemente: servono gli uomini, i cervelli, i cuori. E questi nell'elettorato sono ben presenti ma, allo stesso tempo, frammentati e disorganizzati come è normale che sia in una motitudine; ma allo stesso modo si presentano anche (e soprattutto) i vertici politici da quello stesso elettorato scelti. Semplicemente, i vertici sono disorientati, non sono pronti alla sfida, esattamente come l'elettorato sa cosa vorrebbe ma non ha la più pallida idea di come ottenerlo. Ed intanto i ragionamenti che si sentono sono ancora quelli di trent'anni fa, ancora a discutere di "laicità dello stato" o di RAI e palinsesti: tutte cose che fanno venire in mente nomi e odori di altri tempi, sepolti dalla Storia al pari dei comunisti, eppure ancora vitali nei corridoi dei Palazzi.
Perché? Cosa manca alla politica e nella coscienza italiane per smarcarsi definitivamente da tutto quel ciarpame e decollare finalmente verso un'idea moderna ed efficiente di Stato, Popolo, Nazione?

Berlusconi crede in una cosa molto, molto simile a questo ideale ancora nascosto alla vista. Ci crede fermamente, talmente fermamente e ciecamente che non si rende assolutamente conto che le persone con le quali si trova a doversi confrontare per mettere in atto quel sogno non capiscono minimamente di cosa stia parlando. Come un Franceschini qualsiasi, le colonne portanti del centrodestra italiano risultano ottuse alle vere necessità dell'Italia, preferendovi i particolarismi e le utopie; queste ultime molto più semplici da seguire della realtà, in quanto non abbisognano di essere concretizzate. Citofonare Bertinotti per capire di cosa si sta parlando.

Pochi sono i ministri di questo governo che hanno colto in pieno lo spirito e l'idea berlusconiane (e tocca finire di chiamarle così dal momento che sono lo spirito e l'idea dello stesso Popolo Italiano Sovrano, senza possibilità alcuna di smentita visti i numeri in gioco). Sono pochi, dicevo, questi ministri ed esponenti politici: Renato Brunetta, Roberto Maroni, Mariastella Gelmini, Franco Frattini, Giorgia Meloni (per quel poco che può fare) e pochissimi altri risultano al di sopra di qualunque sospetto per il loro operato cristallino e tutto dedito al bene del Paese; altrettanto, purtroppo, non può dirsi del resto della compagine di governo, sempre pronta a berciare su questo o su quello o ad appecoronarsi di fronte al primo che passa sbandierando un qualche vessillo politicamente corretto, Gianfranco Fini in testa. Qui non è questione di partito di provenienza. E non si salvano neanche i sindaci e gli amministratori locali che - pure - hanno praticamente conquistato l'Italia alle ultime amministrative: uno su tutti, Gianni Alemanno, l'uomo che invariabilmente per primo arriva al muro del pianto del mea culpa verso tutto e tutti, il sindaco delle ferme condanne e delle parole al vento. E la cosa peggiore è che tutti sembrano ipersensibili alle stronzate che provengono da sinistra e dalle altre forze politiche della cosiddetta "opposizione": basta che uno qualsiasi di essi latri una cosa a caso (e non è difficile) che di qua è tutta un'agitazione, manco avessero parlato il Papa o l'Imperatore dell'Universo in persona.

Cosa serve, allora? Semplice, le palle. Ciò che manca storicamente all'italiano e, di conseguenze, al politico medio italiano. Le palle. Le palle di fregarsene delle prassi e delle abitudini da Prima Repubblica e di tirare dritto verso gli obiettivi che hanno portato alla vittoria elettorale, che poi sono né più né meno quello che gli italiani chiedono - infantilmente, seppur sacrosantamente - a gran voce. Le palle di non guardare in faccia nessuno, di ignorare o al massimo di degnare di un'occhiata di disprezzo i molti rompiballe che inevitabilmente si ammassano ai piedi del trono per reclamare, alzare ditini, questionare. Le palle di ricacciare indietro a calci in faccia chiunque tenti di arrampicarsi su quel trono o di segarne le gambe solo perché sopra non c'è lui, con buona pace delle libere elezioni, della democrazia e della Costituzione. Le palle di chiamare le cose col loro nome: clandestini, eversivi, pennivendoli, vandali, fancazzisti e delinquenti; e non "migranti", "disobbedienti", "giornalisti giudiziari d'inchiesta", "writers", "disoccupati organizzati" e "colti da raptus". Le palle di scrivere su un quotidiano pane al pane e vino al vino con la certezza che se si riprende un articolo dopo un anno non lo si trovi ridicolo o contraddittorio, che rimanga sempre uguale nel tempo e di fronte al giudizio del popolo. Le palle di fare la voce grossa con chi - a prescindere dal "peso" politico o sociale che abbia, nazionale o internazionale che sia - si azzardi anche solo a mettere in dubbio la liceità delle scelte popolari, della sovranità nazionale, della sicurezza dei cittadini, dei diritti veri e non presunti o inventati. Le palle di silurare senza pietà chiunque sgarri anche di un centimetro dall'interesse generale, assicurandosi che esso venga perseguito a tutti i costi, a prescindere dai mezzi messi in campo. Le palle di tenere informata la gente giorno per giorno su come si sta andando avanti, sulle difficoltà e sui successi, sui nemici abbattuti e sugli amici conquistati, sui programmi e sui consuntivi. Trasparenza. Azione. Spregiudicatezza. Fermezza. "Country First", come dicono gli americani (certi americani, per lo meno).

L'Italia non può e non deve permettersi compromessi al proprio sollevarsi dalla polvere, chiunque ne ventili anche solo mezzo va emarginato all'istante ed additato pubblicamente come pericolo per la collettività. E se questo qualche decerebrato lo chiama "fascismo", allora che "fascismo" sia! Senza se e senza ma. I nostri figli, nipoti e pronipoti ringrazieranno, compresi quelli del decerebrato, se ha avuto la ventura di riprodursi.

Il PdL è a tutt'oggi la cosa più vicina alla possibilità di iniziare un cammino verso questa meta che l'Italia abbia mai visto dall'inizio della sua orribile storia, quella stessa storia che cariatidi e cadaveri ogni anno si ostinano a celebrare come automi zombificati nella convinzione di ricordare qualcosa di bellissimo e sublime: tutto quel sangue non è servito a nulla, NULLA!, se oggi si consente ad un fariseo qualsiasi di alzare il ditino ed anteporre i cazzi propri al bene comune facendo deviare il Paese dall'unica strada che lo tiri fuori dal buio medioevo dal quale non è mai uscito.

Sessanta milioni di teste hanno un'idea abbastanza precisa di come vorrebbero questo Paese e possono permettersi di discuterne ed avere sfumature diverse in relazione ad essa; per contro, cento teste governanti non possono permettersi stonature, devono cantare come un sol'uomo o è la fine. Che prendano esempio da chi non ha mai cambiato idea in vita sua e che le palle dimostra ogni giorno di averne da vendere, e lo seguano: non devono fare altro che tenere la bocca cucita, il culo sulla sedia a lavorare e fare ciecamente quello che viene detto loro di fare.

Altrimenti, l'unica conclusione possibile è che cento teste sono troppe. Cominciamo a sfoltire. E' una strada pericolosa, ma ce ne faremo una ragione; se ne faranno una i nostri figli.