mercoledì, dicembre 23, 2009

La quiete prima della tempesta


Il livello di intolleranza politica raggiunto negli ultimi mesi era non più sostenibile, ed il mancato (occhio: non fallito, mancato) attentato a Berlusconi è stata forse la classica goccia. Più che altro, ha smascherato i veri agitatori (molti da una parte, ma alcuni anche dall'altra) responsabili del sostanziale blocco totale della politica italiana a partire da aprile scorso, almeno per quanto riguarda la percezione da parte dei cittadini (in realtà, il governo continua a lavorare a pieno ritmo, anche se i giornali tendono ad occuparsi d'altro).

Pochi lo ricordano, ma tutto cominciò con il discorso che Berlusconi pronunciò ad Onna in occasione del 25 aprile, che risultò essere oltremodo conciliante sia con le opposizioni che con la magistratura, nonché con la Presidenza della Repubblica, tanto che "spaventò" non poco i suoi avversari: in quel momento preciso, puntando anche all'ondata di consenso capitalizzata con l'accoppiata "gestione terremoto + G8", scattò l'operazione sputtanamento iniziata con la bufala di Noemi, continuata col divorzio "pilotato" e sponsorizzato, proseguita con Villa Certosa, le "dieci domande" su piazza europea, i paginoni di Di Pietro, la D'Addario, e poi la bocciatura del Lodo Alfano, le motivazioni del processo Mills, la richiesta miliardaria di De Benedetti contro Mediaset, tutto condito dal controcanto di Annozero e della sua compagnia di figuranti (nel vero senso della parola, purtroppo), una volta la settimana e in prima serata sulla RAI.
A far da contraltare a questo, qualche "uscita" di Bossi e di Cicchitto (quest'ultimo l'unico che avrebbe fatto veramente meglio a tacere, da questa parte del fiume).
Tutto ciò ha avuto due effetti evidenti: da un lato ha reso irrespirabile il già rissoso clima politico italiano e, dall'altro, ha radicalizzato le posizioni dei due schieramenti; anche se, da un punto di vista strettamente numerico, il maggior vantaggio l'ha ottenuto proprio Berlusconi che (sono dati di oggi) vede il "suo" centrodestra salire fino al 50,5% ed il suo consenso personale risalire costantemente.

Fin qui la storia. Ora, le congetture.

Sarò pessimista, ma non credo che il pur evidente "abbassamento di toni" che vediamo in questi giorni preluda a qualcosa di strutturale: non dimentichiamo che siamo a poche settimane di distanza dalle elezioni Regionali.
C'è da fare i conti con il Partito Democratico: la leadership Bersani verrà messa a durissima prova dalle urne (con buona pace delle "primarie"), non credo che da quelle parti vi sia un qualche interesse a mostrarsi concilianti in questo frangente. La priorità è raccogliere voti, ed il modo più semplice è quello di farlo fare a Di Pietro.
Poi ci sono i neoproporzionalisti che scalpitano: Casini, Fini, ampie parti del Partito Democratico capitanate da Enrico Letta e da Massimo D'Alema, tutti mirano ad un "dopo Berlusconi" (che è solo nei loro sogni, per fortuna) che sia un sostanziale passo indietro verso la Prima Repubblica e la supremazia dei partiti. Poco importa che gli italiani non sopporterebbero mai una simile inversione di marcia: lorsignori sanno che - stando le cose come stanno - l'unico modo per tornare al Potere è quello, diluirlo.
Quindi, credo che passate le feste si riprenderà da dove si era lasciato: dalla statuetta del Duomo in volo.

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