Semplificazione. "Maanche" caos.
Fluida ed interessante, la situazione in questo scorcio iniziale di campagna elettorale.
Da un lato, "se semo tolti Casini da li maroni" e scusa se è poco. Sicuramente egli ha sentito l'odore di quel "Grande Centro" che sogna da bambino e convolerà a giuste nozze con Mastella, Tabacci, Baccini, Pezzotta e qualche altro neo o vetero democristiano (chissà che anche Follini non rifaccia il salto della quaglia), puntando alla soglia psicologica del 10%. La cui differenza con il 6% dell'Udc e con lo 0% di Tabacci è un bel 4% sottratto, nonostante quanto va dicendo in giro Casini, praticamente tutto al Pd. Ma Berlusconi non se la passa bene: eliminato il fattore destabilizzante dell'Udc, rimane l'altro grande nodo, Storace, che rischia seriamente di diventare scorsoio, dal momento che Fini - fatta l'ennesima capriola - non può certo sperare di raccattare più di dieci/dodici voti in tutto, a cominciare dal mio.
Sommiamoci che un berlusconiano D.O.C. e grande opinion maker - Giuliano Ferrara - ha deciso di remare contro e di creare un nuovo simbolo, una nuova lista, magari un nuovo candidato premier, chissà. Per la vita, per carità. Ma non poteva farlo dall'interno del Pdl, continuando a fare quello che sa fare meglio, cioè sbugiardare tutti gli ipocriti che gli capitano a tiro? Bah.
Sommiamoci che la campagna elettorale del Pd è totalmente in appalto ai mainstream media che stanno sbavando manco fossero scolarette di fronte ai Take That o Veltroni di fronte a Barack Hussein Obama. Nuovamente, il "fattore C" della sinistra si è fatto vivo e, nuovamente, l'ex- Cdl dovrà affidarsi completamente ai suoi elettori e - manco a dirlo - ai miracoli personali e storicamente ricorrenti di Silvio Berlusconi: i tempi del 58% (parola dell'Espresso di manco venti giorni fa) so' belli che finiti.
Unica novità a favore di Berlusconi sono i pochi ma chiari punti programmatici che ha ventilato da Bruno Vespa, contrapposti al ridicolo elenco di luoghi comuni e cliché elettorali snocciolato da Veltroni la sera successiva. Ma siamo ancora agli inizi.
Dall'altro lato, visto che si autodefinisce "socialista" ed ha le idee molto chiare, il Pd di Uòlter ha pensato bene di scaricarli, i socialisti, e di annettersi i forcaioli burini - Di Pietro e soci, che i socialisti li mangiano a colazione; ma l'immonda operazione ("da soli, MAANCHE con l'Idv") porta il Pd inesorabilmente sopra la soglia critica del 30%, che è la somma degli ex Dl e Ds, anche se vi torna quasi subito sotto a causa del già citato "Grande Centro", sicuramente più sexy per i (non pochi) Binettiani di quanto può esserlo D'Alema.
Sommiamo questo all'erosione a sinistra: Bertinotti non se ne starà con le mani in mano e farà una feroce campagna elettorale tutta contro il Pd, nella quale una buona fetta sarà ricordare al Pd medesimo da dove viene (Prodi), cosa che Uòlter al solo sentirla gli vengono le bolle per ovvii motivi d'immagine. Sommiamoci ancora la questione interna al Pd relativa alle nomine: di fatto Veltroni non l'ha mai legittimato nessuno (le "primarie", in perfetto stile sinistro, sono state una presa per i fondelli con un solo candidato, come già fu con Prodi) e non appena inizierà a far pesare la sua posizione nelle cose che contano (le poltrone), apriti cielo!, tutti i nodi verranno al pettine e voleranno sovietici ceffoni.
Un bel casino. Chi pensava che la situazione politica italiana si fosse magicamente ribaltata (e semplificata) solo cambiando nome a quattro partiti è bene che si ricreda: quello che abbiamo visto in questi giorni è niente, il bello deve ancora venire.
Anche perché chiunque la spunterà, tra due mesi esatti, dovrà fare inesorabilmente i conti con lo sfacelo lasciato dall'armata brancaleone di Prodi. E non saranno le mielose promesse sull'abolizione dell'ICI o sui mille Euro di salario minimo (?) a rimettere questo Paese in piedi. Soprattutto se Prodi medesimo dovesse continuare a governare per mezzo del Pd, del quale - non dimentichiamolo mai - è presidente.
Ma soprattutto se la volontà di semplificare e pacificare la politica italiana, così enfaticamente sbandierata, dovesse sprofondare nel caos cacofonico che è musica per le orecchie della sedicente "antipolitica". Sarebbe veramente la fine.
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