Proprio non ce la fanno, al Corriere della Sera: l'anima pseudo-socialista che alberga nella redazione del principale quotidiano nazionale affiora prepotentemente ogni volta che ve ne è l'occasione, e più questa è a buon mercato meglio è.
L'ultima apparizione è di questa mattina: un articolo intitolato "
Tra ville, Suv e mercati di fiori. E' rimasta intatta la città dei ricchi" dipinge un terremoto haitiano borghese e reazionario che fa della
scossa di classe la regola, colpendo ovviamente al di sotto di una data fascia di reddito e risparmiando al di sopra di essa.
A parte che pare non venire in mente all'illuminato articolista che una casa di fango e sassi forse è più soggetta a crolli di una struttura in cemento armato, l'apice della notizia sono i 153 dollari a bottiglia del vino che continua ad essere tranquillamente venduto nel resort "extralusso" cui non è caduta neanche una tegola, instillando nel lettore un senso di orrore (e di colpa latente) nel rendersi conto che quelle bottiglie di vino potrebbero - forse - andare ad ubriacare i poveretti rimasti senza nulla riequilibrando così le classi sbilanciate.
Il tutto senza contare che Haiti campa di turismo, oltre che di malavita: cos'è, visto che sono rimasti in piedi tre-quattro villaggi vacanze questi dovrebbero essere demoliti per solidarietà? E già che ci siamo, le immense navi da crociera che vagano per i Caraibi stracariche di ricconi pronti a pagare 200 dollari per una catenina di conchiglie le rimandiamo indietro perché
stonano con l'ambiente post-terremoto?
Nel loro delirio classista questi dementi neanche ragionano sul fatto che se si toglie agli haitiani anche quell'ultima risorsa (solo per soddisfare la coscienza deviata di qualche peloso benpensante con la pancia piena), per quei disgraziati è veramente la fine.