Astensione e caduta
Leggo nella blogosfera di area centrodestra e liberale un certo senso di confusione e scoramento dopo il voto di ieri al Senato. In particolare, si accusa Berlusconi (e Fini e Bossi) di aver "sbagliato", di aver fatto "autogol", di aver "rafforzato Prodi". Beh, questo lo dice Prodi, attenzione a non credere alla sirena.
Le motivazioni a sostegno dell'astensione erano e rimangono valide: il decreto licenziato ieri sera dal Senato non aiuta i nostri militari, anzi li espone a rischi enormi soprattutto in Afghanistan, in quanto lascia sostanzialmente le cose come stavano (non sarà un Predator ed un C130 in più a far la differenza, né lo faranno le promesse di "sentire i comandanti") a fronte di una recrudescenza del teatro di guerra. E non potrebbe essere altrimenti, dal momento che il decreto medesimo non è altro che il risultato di un certosino lavoro di bilancino politico tutto teso a non scontentare i comunisti ed i verdi domestici, possibilmente senza farsi mettere troppo all'indice dagli ormai iper-sospettosi alleati europei e, se avanza qualcosa, d'oltreoceano/manica. E la dimostrazione di ciò è stata la bocciatura dell'OdG che chiedeva l'ovvio: che "in tempi brevi, ai nostri militari venissero messi a disposizione veicoli di massima blindatura, elicotteri, postazioni per attivare la reazione immediata in caso di attacco, eliminando così quanto più possibile il rischio della vita dei soldati".
Con tutto ciò ben presente, l'astensione è stata un chiaro segnale di protesta contro questo governo e la sua non-politica estera, a favore dei nostri militari e non contro di loro.
Poi, voltiamo pagina, e veniamo alla questione di far cadere Prodi quanto prima. Nella seduta di ieri, le speranze in merito erano tutte accentrate sul balletto degli ordini del giorno (che, come le mozioni, sono una vera e propria trappola politica per una maggioranza risicata e rissosa - ne sa qualcosa Prodi che vi è caduto sopra il mercoledì delle Ceneri), e si è cercato il bis. In aggiunta, la quasi matematica certezza che il "quorum politico" di 158 voti non sarebbe stato raggiunto dalla maggioranza induceva a perseguire la strada del "trappolone" per tentare di unire astensione e caduta in un'unica mossa combinata e letale. La tattica non ha avuto successo e Prodi è uscito indenne dal pantano degli OdG. Il voto successivo, grazie al palese e noto sostegno da parte dell'UDC, è stato una (quasi) passeggiata.
Quasi, perché i fatidici 158 voti non ci sono stati. Ora, si attendono le decisioni dell'UDC e della CdL - li cito volutamente separati in queto modo, prendiamone atto - per vedere se si terrà fede a quanto annunciato ieri e se si salirà al Quirinale per chiedere le dimissioni di Prodi. Atto puramente formale e "dovuto", dal momento che Napolitano si guarderà bene dall'accogliere una simile richiesta, per quanto legittima.
Occhio, quindi: non ci si pianga addosso per colpe che non esistono e non si confonda il decreto con gli OdG, l'astensione con l'auspicata caduta di Prodi. Non si pratichi lo sport della banderuola agitata, nel quale tanto bravi sono i nostri avversari politici, che un giorno gridano una cosa ed il giorno dopo, come se nulla fosse, gridano l'opposto. Si lasci a loro questo ridicolo comportamento.
Noi guardiamo avanti e traiamo il buono dagli eventi: probabilmente ci leviamo di torno "i casini" dell'UDC (la vera "svolta politica" di cui va parlando Prodi) e la CdL ha finalmente ascoltato come un solo uomo la sua base ed il suo grido. Altro che sconfitta.