Choc? Che fastidio questa parola...
Entrata ormai a far parte del lessico comune del "giornalese", il termine "choc" (letteralmente "spavento", "scossa"), affettata versione francofona dell'anglosassone "shock", viene abusato giornalmente ogniqualvolta c'è da mostrare qualcosa che "turba profondamente" o "scuote le coscienze". Almeno, questo sarebbe l'intento.
Perché il più delle volte, si vuol far passare per "choccante" (bleah!) roba che, a ben vedere, proprio non lo è. Dalle confessioni ("outing") dei VIP alle uscite di questo o quel allenatore di calcio, dalla ripresa "alla real-TV" fatta passare al TG, alle foto della modella mentre si "buca". Tutta roba di terza serie buona solo per solleticare il guardone feticista che, in misure diverse, è in ognuno di noi.
A volte, però, qualcosa emerge dalla melma. Un nome su tutti: Abu Ghraib. Ma non tanto per le immagini che hanno fatto il giro del mondo (nei film che vediamo tutte le sere c'è ben di peggio), quanto per l'idea stessa del "democratizzatore" che fa il barbaro. Incoerenza, pessimo esempio e vergogna. Ecco il vero "choc", quello delle coscienze.
Ma attenzione. In questi giorni, un nuovo "scandalo" tiene banco nei media: le foto dei soldati tedeschi che si trastullano con ossa trovate in mezzo al deserto afghano. C'è chi si diverte con poco, certamente. Ma da questo a parlare di shock ce ne corre.
Primo perché un conto è torturare gente viva e vegeta, altro è farsi fotografare con le ossa di chissà chi trovate in mezzo al nulla (magari era un antico cimitero che con la guerra non c'entrava nulla); secondo perché non c'è proprio nulla di scioccante in alcuni individui che, forse per esorcizzare forse per pura spacconeria, compiono uno dei gesti più infantili: il farsi immortalare (faccia compresa) in una idiozia simile.
Questa è solo materia per i media ed i benpensanti, che avranno di che stracciarsi le vesti per qualche giorno, piangendo sulla decadenza della civiltà occidentale e sull'ingiustizia delle guerre. Amen.
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