L'ultima preghiera
Romano Prodi ha riunito il governo e la sua "maggioranza" a Villa Doria Pamphili (un bellissimo parco nel cuore di Roma), più di 50 tra ministri, segretari, sottosegretari, vassalli, capipopolo e quant'altro, per tentare di convincere tutti quanti a non abbandonare la barca in vista dell'imminente disastro al Senato, quando la questione di fiducia dovrà passare le forche caudine di Palazzo Madama.
Perché, se anche solo uno di loro non dovesse essere più che convinto, già dalla fine della settimana prossima il governo di "larghe intese" (molto probabilmente con Amato alla guida) potrà cominciare a vedere la luce.
E non basta un Fassino ossessionato che non fa che ripetere che tutto va bene, madama la marchesa. Quando Prodi implora "no ad interessi corporativi", in realtà sta chiedendo alla cosiddetta "Unione" di continuare a fidarsi di lui e del suo governo, nonostante i disastri continui combinati finora. Perché sa benissimo che, finito questo governo, è finito lui. Gli altri, qualche poltroncina o strapuntino sia nelle "larghe intese" che dopo lo troveranno di certo; lui no.
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