martedì, marzo 30, 2010

"I miracoli accadono"

Le parole di Renata Polverini sono lo sfogo di un popolo (non solo quello "della Libertà") che non si rassegna all'antipolitica. Sono la risposta a tutti quelli (pochi, ma neanche tanto) che hanno lavorato alacremente affinché la burocrazia, la giustizia ad orologeria, la violenza non solo verbale, il gossip elevato a strumento politico, la menzogna e la calunnia come strumento di consenso potessero prendere il sopravvento su quelle stesse istituzioni, su quella stessa Costituzione, su quella medesima democrazia che - a parole - andavano difendendo contro il "dittatore".

Hanno avvelenato e quasi distrutto il Paese con un anno continuato di veleni solo per coprire la loro incapacità di intercettare il voto degli italiani. Hanno sulla coscienza l'aver immobilizzato un'intera nazione proprio quando la crisi economica ha morso con maggiore violenza, tutto per cercare un pugno di voti che non è arrivato.

Colmo dell'ironia è che laddove l'antipolitica ha trionfato l'ha fatto contro i suoi stessi interessi: in Piemonte il 4% che Grillo ha rubato alla Bresso consentiranno alla Tav di andare avanti spedita.

E' il paradosso di queste elezioni regionali, che possiamo considerare tranquillamente le "mid term" italiane: Grillo e Di Pietro crescono ovunque e Berlusconi ringrazia sentitamente. La spiegazione è semplice: il sentimento "antipolitico", la disaffezione, la disillusione, la rabbia stanno tutte a sinistra, nel Partito Democratico. E l'astensione record registrata in questa tornata ha falcidiato, contro ogni previsione, solo la sinistra. Con buona pace dei tanti che, fino ad ieri, davano questo sentimento come "né di destra né di sinistra", un po' per ignoranza ed un po' per ipocrisia.

Chi deve trarne ora le conclusioni è unicamente Pierluigi Bersani, che oltre a dichiarare un improbabile, e francamente ridicolo, "c'è aria di cambiamento" ora deve assumersi la responsabilità del nulla spinto che ha finora contraddistinto le azioni del suo partito che, se vuole divincolarsi dalla stretta a tenaglia di Di Pietro e di Grillo, deve dimostrare una buona volta di essere quella forza riformista e moderna che ha finalmente fatto i conti col proprio passato. E' troppo chiederlo per il nostro Paese?

martedì, marzo 23, 2010

Perché anche il PdL e Berlusconi necessitano della "cura Sarkozy"

I tempi sono maturi, l'occasione è propizia, non bisognerebbe lasciarsela sfuggire. Queste elezioni regionali 2010 hanno un po' il sapore delle "mid term" americane, un giro di boa che se da un lato non determina un avvicendamento ai piani più alti del potere, dall'altro provoca un profondo rimpasto nelle stanze dei bottoni e - soprattutto - rappresenta un segnale importante che nessun governo degno di questo nome può né deve ignorare, sia che volga in suo favore che a suo discapito.

Sono ormai sedici anni (correva il lontano 1994) che, nel bene e nel male, l'Italia canta la musica di Silvio Berlusconi e della "rivoluzione liberale", sia quando egli sta al governo sia quando sta all'opposizione; e durante questi sedici anni, che poi coincidono con l'età della Seconda Repubblica, delle tanto osannate, decantate, invocate, desiderate riforme si è visto ben poco, ed il Paese affonda sempre più in una melma maleodorante di immobilismo e di contrapposizione fine a se stessa.

Scovare le responsabilità di ciò è presto fatto: a sinistra c'è l'ossessione di non aver metabolizzato né il proprio passato né l'esistenza di un'alternativa all'esercizio del proprio potere; a destra ci sono la pachidermicità di un impianto politico non altrettanto agile come il suo leader e, soprattutto, una strisciante pavidità nei confronti della lotta dura e pura. Sommando le due forze si ottiene lo zero assoluto, l'assenza totale di moto che è sotto gli occhi di tutti, nella quale proliferano rifiuti fascistoidi e rappresentativi del più becero sfascismo come l'Italia del Valori e le varie corazzate mediatiche contro-a-prescindere, tipo quella di De Benedetti e quella della Corte dei Miracoli santoro-travagliesca, che stanno inquinando un'intera generazione di giovani italiani privati dei necessari riferimenti forti.

Di riformare la giustizia italiana se ne parla da più di un decennio, tutti sono d'accordo (a parole), a destra come a sinistra, pur con le dovute distinzioni; eppure, di separazione di carriere, di meritocrazia, di ridefinizione del CSM e di riforma dei processi non c'è traccia a tutt'oggi, fatti salvi gli interventi-tampone dettati dalle contingenze e volti a salvaguardare la governabilità (anche se i detrattori li etichettano come "leggi ad personam" ad uso e consumo di Berlusconi, anche il pizzicarolo con la seconda elementare arriva a capire come stanno realmente le cose).

Di riformare seccamente il fisco pure se ne parla da eoni, ma vuoi perché c'è sempre qualche crisi, vuoi perché c'è qualche altra cosa più "urgente" da affrontare, i provvedimenti pur scritti da tempo immemore giacciono in polverosi cassetti in qualche remoto ufficio di Montecitorio.

Di massacrare l'elefantiaca macchina burocratica italiana, ad iniziare dall'eliminazione delle province, se ne parla dalle elementari, è quasi un proverbio; eppure il pur titanico lavoro affidato a (e svolto finora egregiamente da) Roberto Calderoli viene lasciato sotto traccia, ignorato da tutti i media e dal Governo stesso; l'unico che emerge, nonostante venga insultato ogni giorno per la sua statura, è Renato Brunetta che viene, però, lasciato sbranare dai "satiri" finto progressisti e di lui si ricorda solo la sciarpa sottotraccia. E quando si arriva al capitolo province, le mutande calano automaticamente di fronte ai protettorati locali che si mettono prevedibilmente di traverso, dentro e fuori la maggioranza.

Di liberare la RAI dal cappio della politica, poi, si ciancia dai tempi di Giulio Cesare ma altolà a toccare i milionari interessi di chi a Viale Mazzini sguazza come un pesce; che poi va a finire che Santoro va in onda per ordine di un giudice. Ed il Governo zitto e incassa (caso unico in Occidente), con l'unica voce fuori dal coro rappresentata dagli inascoltati "editti bulgari" di Berlusconi, che rimane da solo a prendersi le uova in faccia mentre - colmo dell'ironia - viene apostrofato come dittatore.

E così via discorrendo, è tutta una litania di "grandi opere" mai iniziate che copre vergognosamente la pur corposa schiera di provvedimenti adottati da uno dei governi più attivi che la storia repubblicana ricordi, ad iniziare proprio dalle Grandi Opere infrastrutturali per finire con le centinaia di piccole azioni che non è qui il momento di elencare (quello Berlusconi lo sa fare abbastanza bene di suo). Ecco perché è necessario che il Governo, Berlusconi, il PdL e la maggioranza tutta ricevano una batosta ben assestata in occasione di queste regionali: perché non sarà di certo l'addomesticamento della Conferenza Stato-Regioni a risolvere magicamente l'empasse e di conseguenza i governatorati sono da considerarsi un bene sacrificabile, la loro mancata conquista un effetto collaterale di un'azione invece necessaria e salubre.

Una "scossa" che, a differenza di quelle farlocche di D'Alema, sia un vero elettroshock diretto ai gangli nervosi di Berlusconi in persona e - soprattutto - dei maggiorenti del suo partito (del nostro, del mio). Che la piantino, i secondi, di mettersi di traverso mostrando nostalgia della Prima Repubblica e dei suoi intrallazzi maleodoranti; che si svegli, il primo, prendendo d'autorità in mano le redini del governo e del Paese, cacciando a furia di sonori calci in culo i campioni dei "secondi Fini" che si annidano e tramano in ogni angolo, passando come uno schiacciasassi sopra un'opposizione inesistente, forcaiola, sbandata, berciante ed inconcludente (in una parola: pericolosa), individuando - anche a sinistra - quelle persone chiave in grado di servire il Paese e portandosele in casa (anche pagandole, se necessario!, i soldi non gli mancano di certo; tanto lo indagano lo stesso anche se non lo fa).

Perché il rischio concreto è che se il PdL dovesse risultare il vincitore assoluto di queste regionali (ma anche no, basta che galleggi sulla bambagia di quattro regioni "conquistate") è che nei tre anni che ci separano dalle Politiche 2013 si continui a navigare a basso cabotaggio come oggi, tra inchieste fasulle e leggine tappa-buchi, mentre la crisi economica morde al suo meglio e la politica si sfascia definitivamente in un continuo urlo di violenza.

Berlusconi prenda esempio da quanto accaduto a Sarkozy, che sono certo farà tesoro della batosta ricevuta: quel che è capitato a lui è successo a fronte di premesse e sviluppi estremamente simili a quelli che viviamo in Italia (mancate riforme, scandali gossipari, sfavillante decisionismo poi annacquatosi in mille piccoli compromessi). Si muova! Perché non c'è, al momento, nessun altro in grado di fare quanto è necessario a questo Paese; con buona pace di chi vorrebbe il Cavaliere già sottoterra e già pensa alla "successione" con l'interessato, più vivo e vegeto che mai, a scorticarsi di scongiuri. La pianti di farsi dare impunemente del "dittatore" mentre nessuno se lo fila, di urlare - pur sacrosantamente - ogni giorno contro la magistratura deviata e telecomandata senza far nulla per eradicarla una volta per tutte: così l'unico risultato che otterrà è di essere abbandonato, perfino da chi non ha alternative (cioè, da tutti); di trasformarsi in un rumore di fondo cui in definitiva ci si abitua, distraendosi.
Che imprima una svolta netta ad una Seconda Repubblica nata deforme dal parto violento e golpista di Mani Pulite e mai completamente uscita dallo stadio larvale: che sommerga una volta per tutte, con la forza della politica vera, tutti quei soggetti che esistono al solo scopo di mantenere strumentalmente l'Italia in questo stato comatoso. Con le inutili ed anacronistiche sinistre estreme e "verdi" il compito è riuscito, fermarsi a metà sarebbe un gravissimo errore.

Che dimostri di esser vivo anche politicamente, che tiri fuori le palle con i fatti oltre che con le parole. Ora o mai più.
E se come incentivo dovesse essere necessario lasciare alla sinistra qualche Regione e fare una figuraccia colossale, ben venga. Sopravviveremmo all'immediato e, sicuramente, ne guadagneremmo in futuro.

lunedì, marzo 22, 2010

I soliti furbetti del Corriere

Per una volta che Sergio Romano ha scritto qualcosa che non sia l'apologia dell'Eurabia, anzi qualcosa di estremamente condivisibile ed intellettualmente onesto sul quotidiano di via Solferino era stata data voce ad una posizione non allineata al Pensiero Unico Dominante, ci hanno pensato quelli della redazione del Corriere online a bilanciare il raro evento, riportandolo nell'alveo dello stalinismo più becero.
L'editoriale di Sartori coglie dritto nel segno individuando nomi e cognomi del colpevoli dello sfascio del nostro sistema scolastico; ma visto che i suddetti individui sono i protetti principali delle sinistre era necessario mascherare l'articolo da attacco all'Italia berlusconiana, addossando la colpa (almeno all'apparenza) tanto per cambiare al Cavaliere. In fondo, basta poco: l'aver infilato il titolo dell'articolo, che parla di "somari", in mezzo ai titoli relativi al post-manifestazione del PdL è uno dei sistemi che lorsignori utilizzano per veicolare i solo messaggi neanche poi tanto subliminali.
Peccato: un articolo come quello, seppur breve ed approssimativo nell'approfondimento, meriterebbe maggior risalto e - soprattutto - una collocazione più consona. L'unica speranza è che il trucchetto redazionale attiri numerosi feticisti della superiorità culturale della sinistra, e che questi si trovino loro malgrado di fronte ad una delle tante verità storiche che non conoscono o che fanno finta di non conoscere.

UPDATE del 23/03/2010, ore 14:42 -- Mi scuso per il refuso dettato dalla rabbia nell'aver visto l'ennesima buffonata: l'editoriale è ovviamente di Giovanni Sartori, non di Sergio Romano. Un grazie a Giovanni Agretti per la segnalazione.

giovedì, marzo 18, 2010

Perché solo adesso?

Sono più di otto mesi - dalle dimissioni di Lea Cosentino - che tutti sanno che la giunta pugliese di sinistra aveva scambiato con Tarantini puttane per appalti, lo diciamo da quasi un anno che tutta la barzelletta della D'Addario è stata costruita per coprire la vera inchiesta che coinvolge il "faccendiere", fatto passare mediaticamente come il magnaccia personale di Berlusconi.
E solo oggi, 18 marzo 2010, i giornali si "accorgono" della cosa, perché solo oggi "scattano" i primi provvedimenti in relazione a quelle vicende.

Gli attacchi dalla roccaforte dalemiana pugliese si moltiplicano e si intensificano ogni settimana. Manca ancora molto alle elezioni.
Citando l'abusatissima massima di Giulio Andreotti, a pensar male ci si azzecca sempre: ora che lo sputtanamento della procura di Trani con la ridicola storia delle intercettazioni RAI era diventato insostenibile, era necessario controbilanciare la figuraccia e mostrare che, in fondo, non si lavora solo contro Berlusconi. Ridando così lustro alle proprie cazzate, come a dire "lo vedete? non sono stupidaggini pre-elettorali, noi lavoriamo seriamente senza guardare in faccia nessuno".

Balle. L'arresto di Frisullo (Pd) era nell'aria da luglio dell'anno scorso, ma è stato tenuto nel cassetto fin quando non fosse mediaticamente sfruttabile contro il Governo. Come tutto il resto.
Quindi, Frisullo da presunto colpevole è diventato l'ennesima vittima della frangia giudiziaria golpista, gettato nel tritacarne al momento giusto; evidentemente D'Alema (Frisullo è "roba sua") deve aver pensato che fosse carne sacrificabile, tutto ovviamente per il fine supremo.

Non convinti? Bene, ognuno è libero di vedere quel che vuole. Io vedo la Puglia come la testa di ponte dalla quale le armate dalemiane (che vi stazionano di base) stanno sferrando un attacco dopo l'altro verso Roma, secondo un disegno cronologicamente e tatticamente perfettamente definito. Ma, finora, del tutto inefficace.
Questo significa che, da qui al 28 marzo, l'intensità degli attacchi pugliesi non potrà che aumentare esponenzialmente. Tenete d'occhio questa regione, se ne vedranno delle belle.

sabato, marzo 13, 2010

Cambio di rotta

«Noi dell'Italia dei Valori oggi e da oggi non affronteremo altri argomenti se non quello di liberare il Paese dal despota Berlusconi.»
Chi ha mai detto che la politica è sempre uguale a sé stessa?

venerdì, marzo 12, 2010

Vincere facile

No, non si sta parlando della Bonino che prova a correre da sola nel Lazio (supportata da tutta la sinistra e da Di Pietro, 'sti campioni di democrazia): si parla del PdL dopo l'ennesima pagliacciata appena venuta alla luce, il nuovo avviso di garanzia a mezzo stampa due settimane prima delle elezioni, beneficiario tanto per cambiare Silvio Berlusconi!
Non si poteva sperare di meglio, da queste parti! A volte viene veramente il sospetto che ci sia qualcuno sul libro paga del Cavaliere, dalle parti della sinistra: non è possibile farsi tanto male con tanto tempismo, non ora, non in questo modo.
Se qualche preoccupazione ci poteva essere sul calo di "immagine" del PdL dopo la brutta vicenda di Roma (ancora tutta da scoprire), ora Berlusconi, i vertici del partito e l'elettorato azzurro tutto possono tirare un bel sospiro di sollievo: grazie a Marco Travaglio, Antonio Padellaro e - se le indiscrezioni saranno confermate - al pm Michele Ruggiero (sicuramente privo di santini del Che sparsi per l'ufficio), queste elezioni saranno una passeggiata. Anzi, una marcia trionfale. 
Grazie di esistere!

mercoledì, marzo 10, 2010

Il panino di Milioni: la versione ufficiale del Pdl

Dalla pagina Facebook del PdL:



Il premier ha spiegato che il Popolo della Libertà reagisce “alla assoluta disinformazione che è stata data sulle vicende inerenti la presentazione delle liste. Voglio dare una ricostruzione fedele e incontrovertibile dei fatti, depurati da tutte le versioni inveritiere ed interessate diffuse da certa stampa”.
“È stata violata la legge che prevede il completamento di tutte le operazioni di registrazione delle liste da parte di coloro che si trovano all’interno degli uffici circoscrizionali entro l’orario stabilito”.
“I nostri rappresentanti si trovavano all’interno degli uffici ben prima del termine previsto. Ecco la cronistoria dei fatti avvenuti sabato 27 febbraio, all’atto della presentazione della lista Provinciale di Roma del PdL”.
“Dico subito – ha sottolineato il Premier - che in quello che è accaduto non vi è stata alcuna responsabilità riconducibile ai nostri dirigenti e ai nostri funzionari. Dalla ricostruzione che mi accingo a farvi si evince con chiarezza che ai delegati PdL del Lazio è stato impedito di presentare le liste con comportamenti ed atti ben precisi”.
Ore 11,35: ingresso in tribunale dei presentatori della lista del Pdl, documentato dalla certificazione della registrazione all’ingresso del signor Giorgio Polesi + 3 persone delegato per la presentazione delle liste.
Ore 11,40 circa: arrivo davanti alla cancelleria (stanza 23, palazzina A), dei delegati presentatori, con relativa documentazione contenuta, per quanto attiene alle firme autenticate sotto le liste, in uno scatolone. Circostanza documentata da n° 3 dichiarazioni giurate (Laura Santarelli, giornalista Rai, Juri Antoniozzi e la prof.ssa Maria Marescotti), mediante verbale di assunzione di informazioni ai sensi dell’articolo 391 bis cpp. 
Solo uno dei due presentatori del Pdl (così come richiesto dalla Forza pubblica per motivi di spazio), Giorgio Polesi, si pone materialmente in fila dietro la porta della Cancelleria, mentre l’altro, Alfredo Milioni, staziona nelle vicinanze.
Poco dopo le ore 12: un componente dell’Ufficio centrale circoscrizionale, di sesso maschile esce dalla cancelleria e si limita a chiedere ad alta voce, a chi è ancora in attesa per presentare le liste, di alzare la mano. Giorgio Polesi, rappresentante del Pdl, alza la mano, insieme ai rappresentanti delle altre liste in attesa. Nessuno del predetto Ufficio (e nemmeno delle Forze dell’ordine) verbalizza o, almeno, identifica i presentatori delle liste in attesa, come invece avviene normalmente in simili casi. 
Ore 12,30 circa: Mentre uno dei presentatori della lista Pdl, Giorgio Polesi, rimane in fila con tutta la documentazione, l’altro, Alfredo Milioni, che si è allontanato dalla vicinanza della porta della Cancelleria, fa ritorno con l’obiettivo di dare il cambio al collega che era in fila da un’ora. A questo punto, non appena i due sono insieme davanti alla porta della Cancelleria, da parte dei rappresentanti di altre liste, in particolare dei Radicali, viene inscenata una gazzarra, senza mai mettere in dubbio la perdurante presenza del Pdl nella fila, con la scusa che fosse in corso un atto illegittimo di manomissione delle liste. Fatto non solo del tutto inesistente, ma anche materialmente impossibile, atteso che ogni eventuale modifica avrebbe dovuto riguardare anche i 248 atti separati, prestampati a macchina, contenuti nel contenitore appoggiato alla porta e pacificamente mai toccato, come risulta anche dai filmati messi in onda dagli stessi Radicali. 
La gazzarra, a quel punto, costringeva i contendenti a spostarsi di qualche metro, anche per l’intervento della Forza pubblica che cercava di separare gli uni dagli altri. Poiché veniva impedito violentemente (in particolare dai Radicali che si sdraiavano anche a terra) ai due rappresentanti del Pdl di riportarsi vicino alla documentazione lasciata dietro la porta della Cancelleria, Milioni e Polesi chiedevano alle Forze dell’ordine l’intervento di un magistrato dell’Ufficio. Cosa che avveniva. 
Con loro grande sorpresa, il Presidente dell’Ufficio centrale circoscrizionale, dott. Durante, appoggiato dalla dott.ssa Anna Argento anziché ristabilire l’ordine e consentire anche ai delegati del Pdl la pacifica permanenza nella fila di attesa, decideva incredibilmente di escluderli, asserendo che si trovavano oltre una linea segnata sul pavimento e larga un centimetro che avrebbe avuto il significato di delimitare l’area di attesa, fino a quel momento mai definita in alcun modo, e comunque mai comunicata ai delegati interessati, che infatti circolavano liberamente. 
Ore 12,40 circa: Alle rimostranze dei due, la dott.ssa Argento, anziché motivare la decisione, prospettava vari argomenti del tutto infondati sulla parità tra le liste, piccole o grandi, che suscitava applausi e grida sguaiate di approvazione da parte dei Radicali. 
A quel punto, veniva data disposizione alle Forze dell’ordine di impedire l’avvicinamento alla Cancelleria dei delegati della lista del Pdl inopinatamente “espulsi”. Il presidente Durante faceva solo allora formare un cordone di polizia e di carabinieri per delimitare l’area, mai prima di quel momento ufficialmente definita. 
Vista la situazione, i due rappresentanti del Pdl chiedevano telefonicamente l’intervento del responsabile nazionale dell’ufficio elettorale del Pdl, on. avv. Ignazio Abrignani, che giunto subito sul posto poco prima delle 14, tentava inutilmente di far accettare comunque dall’Ufficio la presentazione della lista, anche con tutte le riserve del caso che l’Ufficio avesse voluto annotare, così come impongono le norme elettorali. Prima di lui erano arrivati i responsabili regionali del PdL on. Pallone e on. Sammarco, che avevano inutilmente fatto lo stesso tentativo.
Ore 14,10 circa: La Forza pubblica intimava a tutti i rappresentanti del Pdl, dietro disposizione dell’Ufficio, di allontanarsi definitivamente dall’area, invitandoli addirittura ad uscire dal Tribunale. 
Ore 14 e 15 circa: Convinto dell’arbitrarietà dell’intimazione, il responsabile elettorale del PdL on. Abrignani insiste vigorosamente sull’inaccettabilità delle distinzioni dell’Ufficio ma viene chiamato dal prefetto di Roma, evidentemente informato dei fatti, che lo invita a desistere da ogni azione di forza tesa ad ottenere comunque l’ingresso in cancelleria. Il prefetto, nella conversazione telefonica con Abrignani, asserisce di aver avuto dal Presidente dell’Ufficio centrale circoscrizionale, dott. Durante, precisa assicurazione che tutto sarebbe stato sanato a seguito di un ricorso, che consigliava di presentare tempestivamente allo stesso Ufficio.
Il contenitore con la documentazione relativa alle firme continuava a rimanere davanti alla porta della Cancelleria, nell’area dove continuava ad essere impedito l’accesso ai delegati del Pdl. 
Ore 17 circa: viene presentato il ricorso presso la stanza dell’Ufficio circoscrizionale. Nell’atto viene elencato il materiale contenuto nello scatolone.
Ore 17,30 circa: E’ finalmente possibile recuperare lo scatolone, che viene consegnato dai Carabinieri, i quali altrimenti lo avrebbero depositato, a loro dire, nell’ufficio oggetti smarriti quale res derelictae, a seguito di istruzioni della dott.ssa Argento. 
Ore 17,40 circa: Dopo l’avvenuta presentazione del ricorso, il contenitore della documentazione (“lo scatolone”) viene definitivamente consegnato al piano superiore, presso il Comando dei Carabinieri del Tribunale, dov’è stato inventariato dettagliatamente, come risulta dal verbale di repertamento redatto dal Nucleo investigativo del Reparto operativo, VI sezione, appositamente intervenuto. L’inventario corrisponde esattamente a quanto dai delegati indicato alle ore 17 nel ricorso. L’attesa dell’intervento del Reparto di cui sopra, non presente in Tribunale e chiamato appositamente dal ten. col. Fabrizio Di Simio, comandante del reparto Carabinieri del Tribunale, si è protratta per poco meno di due ore e solo alle 19 e 30, terminate le operazioni di inventario, veniva redatto il verbale sottoscritto dai delegati Polesi e Milioni, dall’on. Piso (coordinatore regionale del Pdl, successivamente intervenuto) e dall’on. Abrignani. E’ pertanto privo di ogni fondamento (ammesso che possa essere influente) il rilievo fatto dal Tar circa il tempo intercorso tra il prelevamento dei documenti presso la cancelleria e l’arrivo al piano superiore presso il Comando dei Carabinieri.
“In conclusione, sin dalle ore 11 e 40 i rappresentanti del Pdl erano davanti alla cancelleria dell’Ufficio centrale circoscrizionale, dove sono rimasti ininterrottamente con la documentazione fino alla loro inopinata esclusione e alla gazzarra inscenata dai Radicali”. 
“Ore 12.40 circa: La documentazione ripresentata questo lunedì, 8 marzo, è necessariamente e documentatamene la stessa che era in possesso dei delegati del PdL all’ingresso in tribunale. E’ stato frutto di un marchiano errore da parte dell’Ufficio circoscrizionale il non aver registrato gli arrivi entro le ore 12 dei presentatori delle liste in attesa”.
“E’ sicuramente, a nostro avviso, frutto di una decisione grave avere impedito (eventualmente con qualsiasi annotazione di riserva) la presentazione della lista Pdl con motivazioni non condivisibili e prive di fondamento giuridico”. 
“E’ inoltre del tutto difforme dal vero quanto affermato su alcuni quotidiani, secondo i quali fino alle ore 20 successive alla predetta esclusione nessuno del Pdl si sia presentato in cancelleria, come risulta invece per “tabulas” dal ricorso presentato alle ore 17 e come possono documentare gli stessi rappresentanti delle Forze dell’ordine, e che avevano impedito l’ingresso in cancelleria prima di quell’ora proprio su ordine dell’Ufficio”.
“Sia detto infine incidentalmente che i rilievi del Tar sono privi di pregio anche relativamente alla asserita inapplicabilità del Decreto Legge interpretativo, atteso che la norma regionale del Lazio richiama espressamente la norma nazionale oggetto del Decreto Legge, che andava quindi in concreto applicata dal Tar, secondo la successiva interpretazione autentica”.

[Fonte]

lunedì, marzo 08, 2010

Chi è il dilettante?

La vincenda - tutt'altro che conclusa - delle liste PdL escluse dalla competizione regionale ha certamente messo in luce una sostanziale ingenuità di alcuni rappresentanti del partito di fronte alla navigata spregiudicatezza ed al "pelo sullo stomaco" di chi politica (e politica anche sporca) la fa da sempre, oltre ad una serie di comportamenti - se le cose stanno come sono state raccontate - non propriamente limpidi da parte di alcunu pubblici ufficiali; ma visto come sono andate le cose, ha soprattutto sollevato il velo sulla totale incompetenza, ancora politica, di chi si professa un giorno si e l'altro pure "custode della democrazia", "partito della serietà", e via dicendo su questa falsariga.
Il Partito Democratico, molto tafazzianamente, ha gettato alle ortiche la più ghiotta occasione (forse l'ultima) della sua triste e travagliata esistenza per ridicolizzare e ridurre in ginocchio la corazzata berlusconiana, dopo l'infinita litania di insuccessi nei numerosi tentativi di metterla in difficoltà da un anno a questa parte (gossip, processi, ancora gossip, scandali, sempre gossip, eccetera). Il carrozzone di destra s'era incagliato e cappottato su se stesso grazie ad uno scivolone vergognoso di un paio di suoi rappresentanti, colti nella più totale impreparatezza da quella che - ne sono certo - si rivelerà essere stata una trappola ben congegnata e scattata sul filo di lana della consegna delle liste in tribunale: c'erano tutti i termini per cucinare a fuoco lento il PdL, ridicolizzandolo di fronte al Paese per la sua (apparente) assurda incompetenza, sicuramente per la sua puerile ingenuità, spalmando l'idiozia di pochi su tutta la baracca (gioco sporco, ma in politica questo ed altro), e tutto a pochi giorni da quelle elezioni che Berlusconi stesso, solo un giorno prima, aveva eletto a madre di tutte le battaglie (l'ennesima) tra bene e male.
E invece, che ti combina Bersani? Si lascia trascinare nel cesso da Antonio Di Pietro che, come al suo solito, urla e strepita vaneggiando cose, appunto, "alla Di Pietro". E così, dalla ragione (forse solo apparente, comunque non di certo completa, ma evidente) piomba nel torto più marcio rinnegando a gran voce quanto solo poche ore prima pubblicamente dichiarato, e cioè di non volere una competizione elettorale sostanzialmente falsata dall'esclusione del maggior partito d'Italia, sia pure per ragioni procedurali.
Forse mai il partito di Berlusconi s'era trovato così sull'orlo del baratro, e mai come ora l'autolesionismo ignorante della sinistra l'ha risollevato dalla caduta e rimesso in corsa per le regionali, senza neanche aspettare i responsi del TAR e rendendo di fatto superato anche il tanto vituperato decreto.
Altro che nove vite: Silvio Berlusconi ne ha infinitamente di più, una per ogni occasione che la sinistra gli regala per poter poi giustificare la propria esistenza.

domenica, marzo 07, 2010

L'avrà capita?

Chissà se Pierluigi Bersani avrà finalmente capito che seguire Di Pietro è un suicidio, non solo per lui e per il suo sgangherato partito, ma per tutto il Paese?

giovedì, marzo 04, 2010

Visita allo zoo

Mi è già successo di parlarne, esattamente due anni fa, ma tocca ripetermi. È sempre istruttivo osservare quel senso di curiosità misto a disgusto ed ilarità chioccia che anima i commentatori di sinistra quando calano dal loro olimpo antropologicamente superiore e posano lo sguardo sul gretto e maleodorante popolo "delle destre"; lo stesso atteggiamento che un bambino brufoloso ed un po' sovrappeso ha di fronte ad un animale nato deforme mentre lo osserva nella sua gabbia e pensa, un dito ben piantato nella narice, che persino tirargli una buccia di mela gli farebbe un po' schifo.
Se solo potessero vedersi quanto sono ridicoli.

mercoledì, marzo 03, 2010

L'ultima trombata

No, non è il titolo di un film di Muccino, è quanto è accaduto oggi con l'assoluzione di Agazio Loiero dalle accuse di corruzione ed abuso d'ufficio, pietra tombale sulla sgangherata inchiesta "Why Not", un nome un programma. Il trombato (ulteriormente) è, chiaramente, Luigi De Magistris, un nome un programma.
Ma che gliene frega, è troppo occupato a fare su e giù col suo jet privato a finanziamento pubblico alla faccia di quell'esercito di beoti che l'ha votato.

martedì, marzo 02, 2010

Ecoassassini

Spaventati dalle catastrofistiche previsioni di apocalittici cambiamenti climatici, e forse spinti nell'abisso dal devastante (questo si) terremoto in Cile, una coppia di genitori argentini hanno preso a fucilate i propri figli e poi si è suicidata. La figlia più piccola, solo sette mesi, è sopravvissuta per tre giorni nel sangue suo e dei suoi familiari prima di morire, senza che nessuno se ne accorgesse.
Fuori di testa i due adulti, senza alcun dubbio: ma proprio perché folli, la responsabilità piena per quest'atrocità ricade sulle coscienze (ove presenti) di Al Gore e giù giù fino all'ultimo poveraccio seguace delle ecobufale. Loro hanno ucciso quella gente, con le loro menzogne ed i milioni che fanno con ognuna di esse. Che Dio li maledica.

lunedì, marzo 01, 2010

Pasticciaccio? Forse.

La celeberrima frase di Giulio Andreotti "a pensar male si fa peccato, ma il più delle volte ci si azzecca" non potrebbe calzare più a pennello che su quanto sta accadendo nel Lazio con la querelle della presentazione delle liste per le Regionali.
Perché nessuno s'è dimenticato dei mal di pancia causati dalla candidatura di Renata Polverini, finiana, considerata troppo "rossa", lei che ha evitato fino a che non fosse stato più possibile l'apparire affiancata al simbolo del PdL, lei che di liberale (e men che mai di libertario) ha meno di niente. Soprattutto, nessuno s'è dimenticato che la suddetta candidatura era servita a "tenere a cuccia" Gianfranco Fini quando era all'apice (per quanto potesse sembrare allora) della sua azione di contrasto strisciante al governo: ma oggi che il Presidente della Camera e "cofondatore" del PdL (come amano chiamarlo i giornali per sottolineare la difficoltà da egli rappresentata per Berlusconi) ha ripreso alla grande il suo lavorìo ai fianchi del premier, del PdL e del governo tanto che dalle parti del disastrato Partito Democratico i suoi santini vanno sempre più a ruba, l'ingombrante ex-sindacalista non ha più alcun senso di esistere, elettoralmente parlando, e sono venute a decadere le ampiamente indigeste motivazioni per la sua candidatura alla guida della Regione Lazio.
Ed ecco che un "banale incidente" come un tramezzino preso al momento "giusto", un ritardo di tre quarti d'ora su una scadenza nota da mesi, diventa la copertura ufficiale (con tanto di vittime sacrificali, almeno apparentemente) per uno spettacolare siluramento in pieno stile sovietico, in effetti non comune da vedere da questa parte della barricata.
Cosa succede se - come sembra - tutti i tentativi (più o meno romanzati) di appellarsi alle istituzioni dovessero fallire? Beh, fossi io Berlusconi sceglierei una faccia qualsiasi tra quelle candidate al di fuori del PdL (ad esempio nella Destra di Storace o persino nell'Udc), mi ci appiccicherei come una zecca e farei una furiosa campagna elettorale di due settimane mentre maledico - ovviamente mentendo - la burocrazia che mi ha costretto a questo cambio di rotta così repentino; ma che, in fondo, non viene proprio per nuocere. E poi è la cosa che meglio mi riesce.
Chi riesce a contare i piccioni presi con questa bella fava?