martedì, settembre 29, 2009

La mala información: Capitolo XVI - Il Grande Inganno


Così come il più grande inganno di Satana è il far credere che non esista, il più grande inganno delle cosiddette "opposizioni" politiche (e non solo) italiane è far credere che la libertà di stampa sia ridotta al lumicino. E' una tale castroneria, una bugia così colossale, un ossimoro così devastante che fa la fine dell'Universo ai nostri piccoli occhi: non ce ne accorgiamo.
La situazione si sta facendo pericolosa: siamo di fronte ad un tentativo di colpo di stato perpretato non (ancora) con i cannoni ma proprio con i media, usati come clava e come nascondiglio. Con buona pace di chi crede alla favoletta dell'informazione imbavagliata da Berlusconi. Quanta ingenuità.
Spiega tutto chiarissimamente e cristallinamente Il Neoaristocratico in questo post.
Mi fermerei qui, ma c'è anche da studiare la dimostrazione filosofica e giuridica di come il colpo di stato sia già in atto. Ecco, ora mi fermo.

Ecco una che avrebbe bisogno di "attenzioni"


Ecco, alla "diva" Suzy Menkes una "ripassatina" credo non farebbe proprio male, forse è in crisi di astinenza da uomini, chissà. Il problema è, semmai, trovare un volontario; ché quella leccata di bue sulla fronte non è che attiri poi così tanto, per tralasciare il resto.
Ma tant'è. Già gli inglesi, di loro, sono arroganti e tracotanti quando (s)parlano degli altri popoli; quando parlano degli italiani, poi, sono addirittura insopportabili (quasi come quando li peschi a pisciare ubriachi per le vie del centro di Roma); ma se a parlare è una zitella inglese ignorante e gossipara per definizione allora si tocca il fondo.
Ed ecco che la babbiona s'inventa un grido di battaglia "Viva la Bimbo!" (??) che, a suo dire, risuona in quel di Milano; e quel grido sarebbe il lamento di una moda trascinata nel fango da... Berlusconi!
Esatto, proprio lui! Del resto, chi altri può essere colpevole fin nel midollo per l'aver convinto Giorgio Armani a spruzzare di colore le sue austere creazioni in bianco e nero? Chi, se non lui?
Un consiglio alla megera d'oltremanica: qualche bicchierino in meno (magari anche qualche canna in meno, che quello sguardo spiritato la dice lunga) e qualche sano divertimento in più, ché per certe cose non c'è età se si vuole. Poi, vedrà che migliorerà.

sabato, settembre 26, 2009

Forza Italia!


Non amo gli eccessi leghisti, anche se li comprendo. Ma quello che ha fatto oggi Dario Franceschini è veramente un gesto idiota.
Radicalizzare lo scontro a quel modo non giova a nessuno: quanti leghisti si saranno lasciati intimorire dalla feroce espressione del prete mancato più sfigato dell'universo?
Quanti elettori del PdL avranno cambiato idea vedendo l'uso "nobile" che del Tricolore ha fatto Franceschini?
I milioni di italiani che l'hanno visto tronfio e sorridente piantare la bandiera nel luogo "sacro" della Lega hanno pensato una sola cosa: meglio che scappi, adesso, che se lo pizzicano ne fanno coriandoli.
Bella mossa, davvero.

giovedì, settembre 24, 2009

Quota discriminazione


La giunta provinciale di Taranto è da rifare: i dieci assessori che la compongono sono tutti uomini. Lo ha deciso il tribunale amminstrativo regionale di Lecce, che ha dato 30 giorni di tempo al presidente Florido per obbedire.
Si apre ora la caccia alla donna-assessore: non importa se non sa una mazza di urbanistica o di problemi del traffico o di eventi culturali e sportivi, la cosa che conta è che sia femmina. Per essere più chiari, che sia fatta come quella mostrata in foto.
Riuscite ad immaginare qualcosa di più sessista e discriminatorio di questo?

mercoledì, settembre 23, 2009

Fatti come una scimmia

Mai un O.T. fu più benvenuto. Osservate attentamente lo scimpanzé in questo video, valutate bene come reagisce alle situazioni nelle quali si viene a trovare e poi rispondete a questa domanda: è lui che è "quasi umano" o siamo noi che siamo scimmie?

martedì, settembre 22, 2009

Blacklist: scuola elementare "Iqbal Masih" di Roma


Se ci sono due cose che da queste parti proprio non si sopportano sono le liste di proscrizione (leggasi: appelli al boicottaggio) tanto in voga nei pecoroni in stile grillino e le celebrazioni melense e retoriche della serie "un minuto di silenzio", buone solo per gratificare la propria coscienza sporca come un'elemosina data ad uno zingaro.
Ma oggi ci si vede costretti a fare un'eccezione, visto che in ballo ci sono mali ben peggiori. Capitando su questo post di Daw sale automaticamente la carogna. Uno, perché si tratta di una scuola elementare, un punto debolissimo e dolorosissimo per la nostra società, luogo di proliferazione di uno dei peggiori cancri che abbia mai sviluppato, la casta dei dipendenti pubblici comunisti ma col 100% di gradi di libertà riconosciuta da innumerevoli leggi non scritte, e guai a chi fiata. Due, perché si tratta proprio di una degna rappresentante di questa fauna malefica, impegnatissima a sguazzare nel brodo vergine delle menti da forgiare deviandole mortalmente instillando in esse (e in quelle bacate dei rispettivi genitori) i semi pelosi della sfiga e del fallimento. E tre, infine, perché il tutto avviene a discapito anche (e soprattutto) di quello scampolo di amor di Patria e di civiltà che ancora - miracolosamente - evitano all'Italia di scivolare nella guerra civile.
La sola ed assoluta colpevole di tutto ciò - in questo frangente - è tale Simonetta Salacone, preside (alcuni si ostinano a dire "direttrice didattica") della sfigatissima scuola elementare "Iqbal Masih" che si trova in via Francesco Ferraironi 38, a Roma (zona Centocelle).
Sfigatissima a partire dal nome: ma miseriaccia infame, ti pare che un ragazzino di sei anni debba mettersi a piangere per non saper pronunciare il nome della propria scuola, solo perché qualche imbecille ha avuto la geniale pensata di intitolarla ad un ragazzino pachistano? Centocelle sta in Italia, maledizione! Intitolatela a Mario Rossi, se proprio dovete intitolarla a qualcuno!
Sfigatissima, poi, a causa della suddetta preside: una che per il suo attivismo politico conclamato e pubblicamente esibito con insistenza (e con la complicità amplificatrice dei solti media allineati) dovrebbe essere cacciata a calci dal posto che occupa: o fai l'insegnante o fai il comunistello da piazza, scegli. Le due cose sono gravemente incompatibili, e non c'è bisogno di tirare in ballo la pedagogia (quella vera, non quella rossa e deviata) per dimostrarlo.
Cos'è che diceva il Ministro Brunetta? Ecco. Cominciamo col dargli (e darci) una mano evitando come la peste la scuola comandata da quella donna: grazie al Cielo è possibile scegliersi la scuola a proprio piacimento, non ci sono vincoli se non quello della ricettività in termini di posti disponibili. Chi abita da quelle parti si guardi attorno: ci sono altre scuole nelle vicinanze, non rischiate le qualità civiche e mentali dei vostri figli mandandoli a pascolare come pecore in quel pantano di ideologie ed ignoranze, che là non c'è proprio nulla per loro. Nulla di buono, per lo meno.

domenica, settembre 20, 2009

Brunetta dice ciò che tutti pensano


Renato Brunetta, si sa, non è uno con i peli sulla lingua. Non te la manda a dire. E, per questo, è il più odiato ed il più amato tra i ministri di questo governo. E' costantemente in cima alle classifiche di gradimento tra i membri dell'Esecutivo, eppure gira con due scorte armate, costretto ad una vita blindata.
E' il destino di chi dice pane al pane e vino al vino, di chi ha deciso di prendere di petto ciò che generalmente non solo non si prende di petto, ma dal quale ci si tiene a debita distanza per non svegliare il can che dorme, intoccabile come un dio in terra, circondato da schiere di fedeli del politicamente corretto.
Stiamo parlando dei sindacati che proteggono gli eserciti di fancazzisti che ammorbano la nostra pubblica amminsitrazione e del castello di privilegi che essi si sono costruiti a spese di tutta la comunità. Il Ministro Brunetta è uno che s'è presentato sulla porta di questa gente con un martello pneumatico per ogni mano: sarà piccoletto, ma fa male.
E se uno è senza peli sulla lingua quando si tratta di chiamare i fancazzisti col loro nome, lo è anche quando parla di altre cose; come, ad esempio, della sinistra becera, caciarona, impresentabile e pericolosa che la fa da padrona in quella che vorrebbe presentarsi come un'opposizione democratica, ma che puzza più di resistenza partigiana (contro cosa, poi, lo sanno solo loro). Ed ecco che Brunetta fa uno spaccato tutto sommato semplice, lineare, cristallino della sinistra italiana; anzi, a mio parere rimane anche un po' troppo sul generico. Ci sarebbero nomi e cognomi precisi da fare: Carlo De Benedetti in primis, Massimo D'alema, Antonio Di Pietro, Marco Travaglio / Beppe Grillo sono solo alcuni dei nomi di persone che hanno dimostrato con i fatti di pensare di abbattere il governo democraticamente eletto con mezzi illeciti, o comunque contrari ai dettami costituzionali e, per questo, eversivi. Poi ci sono le seconde linee: i giornalisti, gli opinionisti, gli artisti, gli scienziati, gli intellettuali sono tutte categorie che inglobano elementi che, chi più chi meno e con i mezzi più disparati, hanno apertamente parteggiato (o hanno attivamente agito) per il medesimo disegno eversivo.
Disegno che ha una sola causa: la morte della sinistra italiana. Dico "italiana" perché, a ben vedere, in altri Paesi le sinistre hanno saputo riciclarsi (leggasi: evolversi) in qualcosa di compatibile con il secolo corrente; ma in Italia, vuoi per il provincialismo ed il qualunquismo così radicato nel DNA dei suoi cittadini, vuoi per l'intervento costante e fortissimo di agenti esterni che hanno sempre spinto affinché l'Italia rimanesse "immatura" nella sua democrazia in modo da poterla controllare più agevolmente (la sua posizione strategica è di valore sempre inestimabile), le sinistre sono rimaste ancorate a logiche di cent'anni fa evolvendo unicamente le proprie propaggini lobbistiche e corporativistiche e così facendo, inevitabilmente, si sono isolate con le loro stesse mani nei confronti del popolo. E non appena le condizioni sociali interne ed internazionali sono state favorevoli, tali anacronismi e tali conflitti interni sono esplosi mettendo a nudo tutto il vuoto sottostante, come un palloncino troppo gonfio.
Ma i rappresentanti di queste forze politiche, industriali, bancarie e sociali non ci stanno, ovviamente, a farsi sbarrare la strada da un dettaglio secondario che considerano con palese fastidio, come il fatto che nessuno li supporta più (ad esempio con il voto): il mantenimento (e l'accrescimento) del Potere sono la loro unica ragione di esistenza e sono pronti a tutto pur di perseguirli.
Persino a stravolgere il significato di buona parte delle loro apparenti lotte, come quella in favore della Costituzione: un pannucciello caldo sotto al quale nascondere il coltello. Questi signori non si fanno remore nel tentare un vero e proprio colpo di stato, salvo poi nascondersi sotto la gonnella di questa o quella istituzione (meglio se inutile) per poter dire di essere loro "sotto attacco". Ad esempio, la storia della libertà di stampa: oggi addirittura l'OCSE ha chiesto il ritiro delle querele contro Repubblica e L'Unità; domani lo chiederà Ban Ki Moon direttamente. E giù stracciamenti di vesti contro il "regime" berlusconiano, reo di tappare la bocca alla "libera stampa".
Ed ecco spiegato lo sfogo del Ministro Brunetta, che poi è lo sfogo di tutti noi schifati da una politica incapace di fare politica; sfogo puntualmente etichettato come "show" dai soliti pelosi opinionisti della sinistra, che non smettono mai di applicare alla lettera il manuale staliniano, che prevede la ridicolizzazione dell'avversario al fine di spuntarne le armi. Ridicolizzazione che si estende agli italiani, ovviamente, che poi - guardacaso - li ignorano nei momenti che contano.
Ah, infatti Brunetta oltre ad essere il più amato ed il più odiato è anche il più sbeffeggiato tra i ministri: Massimo D'Alema lo chiama "energumeno tascabile" - con un riferimento politicamente scorrettissimo alla sua bassa statura, ma si sa che certe "attenzioni" non valgono se rivolte a beceri rappresentanti "delle destre". Ma anche i sassi sanno che quando si sbeffeggia qualcuno, nove su dieci è perché lo si teme. E Brunetta è anche il più temuto, tra i ministri.

venerdì, settembre 18, 2009

Il Corano è servito


El Ketawi Dafani (foto), l'amorevole papà islamico che ha sgozzato la figlia Sanaa perché aveva osato fidanzarsi con un italiano apostata, ha «agito con sevizie e crudeltà, mosso da motivi futili ed abietti», e si becca pure una perizia psichiatrica. Altro che volere di Allah.
Per fortuna, in Italia c'è ancora qualcuno capace di chiamare le cose col loro nome (il gip del Tribunale di Pordenone Alberto Rossi, in questo caso): uno schiaffo al relativismo grosso così.
Ora, per non sbagliare, ingabbiamo pure la moglie, che è pure peggio di lui.

sabato, settembre 12, 2009

Mark your calendars

Un mese a partire da oggi. Il 12 ottobre verificheremo se la guerra sarà effettivamente iniziata o se saremo tutti presi a discutere di palinsesti RAI e di riforma della giustizia, come in un qualsiasi altro giorno di una normale legislatura italiana.
Perché se è buona la seconda, il senatore Guzzanti l'abbiamo definitivamente perso.

venerdì, settembre 11, 2009

Come fosse ieri

Dariocracy

Uno ci prova. Veramente, col cuore. Credere che la sinistra italiana abbia raggiunto finalmente il fondo del suo personalissimo ed oscuro barile e che un sussulto di amor proprio e di orgoglio politico la faccia rimbalzare verso l'alto iniziando una lunga e faticosa risalita è la speranza neanche tanto nascosta in molti di noi, per lo meno in chi ha a cuore le sorti di questo Paese.

Ma poi leggi l'intervista di oggi che Aldo Cazzullo ha ottenuto da Dario Franceschini per il Corriere della Sera e torni nel mondo reale.

Pare che il Nostro abbia visto Videocracy, l'ennesimo polpettone antiberlusconista ed autoreferenziale, nuovo vangelo per quella - per fortuna - minoritaria parte di italiani che non hanno capito un'acca di quanto è successo negli ultimi quindici anni e che si ostinano a vedere in Silvio Berlusconi una specie di anticristo, ma più cattivo. Bene, non si capisce se il film gli sia piaciuto o no; fatto sta che Franceschini si lancia in una serie di esternazioni e metafore da far impallidire un acrobata circense in quanto a spregiudicatezza.

Tralasciando la botta di moralismo da ascensore ("signora mia, è tutto un apparire!"), la prima chicca ci viene offerta col biasimo dell'arrivismo a tutti costi, anche con le gomitate nei denti: speriamo che Massimo D'Alema non legga mai questa intervista, potrebbe sentirsi chiamato in causa. Subito dopo, si lancia in una profonda analisi della bassa competitività italiana snocciolando dati sul numero di laureati e additando come responsabile la televisione di Berlusconi, ovviamente: invece di studiare e lavorare, i ragazzi italiani da sempre ambiscono a fare i tronisti e le veline -- nonostante i livelli di eccellenza dei nostri atenei e delle nostre scuole, mi permetto di aggiungere sommessamente, certo di non allontanarmi troppo dal Franceschini-pensiero nel merito. Già questa da sola fa ridere a crepapelle, ma è ancora più divertente se ci ricordiamo l'euforia della sinistra tutta quando il travestito più noto di Montecitorio (soprattutto per i suoi problemi nella scelta del cesso) si presentò all'Isola del Famosi deciso/a a combattere una battaglia di libertà e civiltà a nome di tutti gli emarginati ed i "diversamente normali" di questo mondo. Ma non divaghiamo.

Perché arriva il piatto forte, il fulcro del programma franceschiniano per il futuro dell'Italia: «Rompere le reti di protezione (?, ndr), liberare le energie, coniugare il merito con l'uguaglianza (!!!!!!, ndr), stabilendo pari opportunità per tutti, il figlio dell'operaio come il figlio del notaio». Ora, a parte le cripticità buone per tutte le stagioni e le palesi barzellette maanchiste di veltroniana memoria, è sempre divertente osservare i bacilli della lotta di classe fare capolino anche nei discorsi di un prete mancato come Franceschini, che è comunista come lo è oggi Sandro Bondi. Ma si sa, farsi fotografare seduto in un "salotto della sinistra" col panciotto di cachemere fa talmente figo che nessuno può rinunciarvi, specialmente se è gratis.

Ma andiamo avanti, che non è finita. Si dice "ottimista", Franceschini, sul fatto che le generazioni emergenti si affrancheranno dall'instupidimento tipico della televisione per abbeverarsi ai torrenti digitali, nei quali l'informazione potrà finalmente essere liberata dall'inquinamento berlusconiano. Vero, la televisione come unico mezzo di (in)formazione è destinata a morire entro pochissimi anni e ad essere sostituita da qualcosa d'altro che, vista la velocità di mutamento in questo campo, ad oggi non è certamente identificabile in pieno; ed è ragionevole supporre che sarà proprio Internet a far la parte del leone, come del resto sta già facendo tra chi è un minimo "smart", vuoi per età, vuoi per attitudine mentale, vuoi per pura fortuna. Ma le verità nei discorsi di Franceschini finiscono qua: già oggi è evidente come il mezzo digitale (leggi: il Web) sia infinitamente più utilizzabile della televisione per creare disinformazione, e Franceschini ne ha sotto gli occhi un esempio a portata di mano. Proprio il Corriere della Sera che lo sta intervistando è un campione nella manipolazione delle notizie al fine di crearne di nuove inducendo il lettore poco accorto (e sono la stragrande maggioranza) a capire fischi per fiaschi. Non è che abbattendo il TG3, Anno Zero o il TG4 hai risolto il problema della parzialità dell'informazione: prendi il blog di Beppe Grillo, forse il medium più seguito tra chi usa il Web per cercare notizie; è una tale accozzaglia di stupidaggini da imbarazzare una scimmia ubriaca, eppure è portato in palmo di mano manco fosse la RAI degli anni sessanta. Ma Franceschini pare non interessarsene, per lui l'unica cosa importante è che Mediaset smetta semplicemente di esistere. E problema risolto. Fortuna che Mediaset non ha alcuna intenzione di sparire, anzi è ben decisa a chiamare le cose col loro nome.

Ma è alla fine che l'apice viene finalmente raggiunto e che tutte le profondità e lucidità del pensiero franceschiniano ci vengono svelate. E che una grande verità viene portata alla nostra attenzione: nella situazione italiana, con i soldi tutti dalla parte di Berlusconi, Obama non avrebbe mai sconfitto McCain. Capiamo bene, è importante: Barack Obama, che secondo il Dario nazionale ha vinto solo con la forza delle sue visioni, qui in Italia non avrebbe avuto chances di vittoria contro l'infoiato psiconano che con i suoi soldi si sarebbe certamente comprato la vittoria, cosa che evidentemente ha fatto a spese di Walter Veltroni.
OK.
A dicembre 2008 Barack Hussein Obama aveva raccolto (e speso) 750 milioni di dollari per la sua campagna elettorale, più di quanto avevano messo in campo nel 2004 Bush Jr. e J.F. Kerry messi assieme, più di ogni altro presidente nella storia degli Stati Uniti. E alla fine della transizione di governo la cifra ha toccato lo stellare totale di UN MILIARDO DI DOLLARI. Un miliardo di dollari, caro Franceschini: sono nove zeri con i quali sono stati pagati tour, convention, emittenti televisive e radiofoniche, siti Web, spille e palloncini. McCain ha raccolto circa la metà.
E qui c'è la par condicio.

(Foto: da Corriere.it)

giovedì, settembre 10, 2009

Povera Repubblica!

No, non quella Italiana, ma quella di Largo Fochetti: «E' di tutta evidenza che il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è assolutamente fuori da qualsiasi responsabilità penale», afferma il Procuratore della Repubblica (Italiana) presso il Tribunale di Bari, Antonio Laudati.
"Invece, altri dovrebbero avere il cagotto", aggiungiamo noi. Il cerchio inizia a chiudersi attorno ai colli giusti.

Poi dici che se la prende con le "toghe rosse"

Ne da notizia, come al solito, Il Giornale (sperare che queste cose si sappiano da altre fonti è pura utopia): i due procuratori palermitani Ingroia e Scarpinato (nella foto) sono intervenuti ad una delle riunioni di kick-off de "Il Fatto", il nascituro quotidiano diretto da Marco Travaglio e Antonio Padellaro.
Certamente, sono due magistrati in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata; ma quella non è l'unica prima linea nella quale militano. I due discepoli di Gian Carlo Caselli sono noti per il loro attivismo politico all'interno di Magistratura Democratica, la "corrente" più a sinistra tra quelle dei magistrati (che, a rigor di logica, non dovrebbero neanche esistere), nonché per la loro aperta avversione nei confronti di Silvio Berlusconi (e qualsiasi cosa lo riguardi), che perseguitano da prima ancora che scendesse in politica.
Il fatto (sic) che i due prestino i loro servigi al foglio di Travaglio (il primo che si azzarda a dire che si tratta di "libera stampa super partes" è in tremenda malafede, ma ci sarà comunque chi avrà questo coraggio) la dice lunga sulla liceità degli allarmi lanciati da Berlusconi in primis, e da tutto il PdL (e non solo) a seguire circa le "attenzioni particolari" di cui l'attuale Governo ed i suoi esponenti sono fatti oggetto fin dalla loro comparsa nel panorama politico italiano da parte di quelle che, amichevolmente, vengono definite "toghe rosse", ma che sono semplicemente persone che usano uno dei poteri dello Stato contro un altro; con la differenza che il primo non è stato eletto da nessuno né risponde a nessuno, il secondo invece si.
Suonano così alquanto patetici (e miopi, quando non ipocriti) gli stracciamenti di vesti sia dell'ANM che, oggi, del CSM e di Napolitano, tutti tesi a lanciare allarmi sulla tenuta democratica di questo Paese ed a trovare nuovi sistemi per "tutelare" i magistrati. Anche quando tramano con personaggi come Marco Travaglio, che poi sappiamo bene tutti cosa fa con i loro "servigi".
E via così.

martedì, settembre 08, 2009

I mali del PdL sono i mali d'Italia

Acque agitate nel PdL, si dice. A guardar da fuori il maggiore partito italiano sembra che ognuno vada per conto proprio, parli di cose diverse, spesso in contrapposizione l'uno con gli altri, non si capisce nulla. Sacconi, Fini, Maroni, Gasparri, Calderoli, Bossi, La Russa. Un coro stonato all'ascolto del quale gongola una sinistra ottusa e idiota, che applaude sgangheratamente con la bava alla bocca come un demente in piena crisi che non capisce un'acca di quel che vede. E così è.


Ma il coro stonato non è così banale come era quello dell'Unione di Romano Prodi: là il caos era insito nello stesso concetto di coalizione impossibile voluta dai reggenti dei Ds, era fine a se stesso e non rappresentava assolutamente il Paese che l'aveva fortunosamente portato al potere. Qui il discorso è ben diverso: qui c'è una schiacciante maggioranza di italiani che ha creduto e continua a credere fermamente nel progetto berlusconiano, ed i continui sondaggi non fanno che confermarlo mese dopo mese configurando una primizia nella storia politica italiana, un'infinita "luna di miele" che è meglio smettere di chiamare in questo modo. Si tratta, molto più semplicemente, di aver azzeccato finalmente la ricetta giusta per tentare di tirare fuori questo paese dalla melma della Prima Repubblica, mai veramente prosciugata.

Ma azzeccare l'idea (e vincerci le elezioni) non basta, evidentemente: servono gli uomini, i cervelli, i cuori. E questi nell'elettorato sono ben presenti ma, allo stesso tempo, frammentati e disorganizzati come è normale che sia in una motitudine; ma allo stesso modo si presentano anche (e soprattutto) i vertici politici da quello stesso elettorato scelti. Semplicemente, i vertici sono disorientati, non sono pronti alla sfida, esattamente come l'elettorato sa cosa vorrebbe ma non ha la più pallida idea di come ottenerlo. Ed intanto i ragionamenti che si sentono sono ancora quelli di trent'anni fa, ancora a discutere di "laicità dello stato" o di RAI e palinsesti: tutte cose che fanno venire in mente nomi e odori di altri tempi, sepolti dalla Storia al pari dei comunisti, eppure ancora vitali nei corridoi dei Palazzi.
Perché? Cosa manca alla politica e nella coscienza italiane per smarcarsi definitivamente da tutto quel ciarpame e decollare finalmente verso un'idea moderna ed efficiente di Stato, Popolo, Nazione?

Berlusconi crede in una cosa molto, molto simile a questo ideale ancora nascosto alla vista. Ci crede fermamente, talmente fermamente e ciecamente che non si rende assolutamente conto che le persone con le quali si trova a doversi confrontare per mettere in atto quel sogno non capiscono minimamente di cosa stia parlando. Come un Franceschini qualsiasi, le colonne portanti del centrodestra italiano risultano ottuse alle vere necessità dell'Italia, preferendovi i particolarismi e le utopie; queste ultime molto più semplici da seguire della realtà, in quanto non abbisognano di essere concretizzate. Citofonare Bertinotti per capire di cosa si sta parlando.

Pochi sono i ministri di questo governo che hanno colto in pieno lo spirito e l'idea berlusconiane (e tocca finire di chiamarle così dal momento che sono lo spirito e l'idea dello stesso Popolo Italiano Sovrano, senza possibilità alcuna di smentita visti i numeri in gioco). Sono pochi, dicevo, questi ministri ed esponenti politici: Renato Brunetta, Roberto Maroni, Mariastella Gelmini, Franco Frattini, Giorgia Meloni (per quel poco che può fare) e pochissimi altri risultano al di sopra di qualunque sospetto per il loro operato cristallino e tutto dedito al bene del Paese; altrettanto, purtroppo, non può dirsi del resto della compagine di governo, sempre pronta a berciare su questo o su quello o ad appecoronarsi di fronte al primo che passa sbandierando un qualche vessillo politicamente corretto, Gianfranco Fini in testa. Qui non è questione di partito di provenienza. E non si salvano neanche i sindaci e gli amministratori locali che - pure - hanno praticamente conquistato l'Italia alle ultime amministrative: uno su tutti, Gianni Alemanno, l'uomo che invariabilmente per primo arriva al muro del pianto del mea culpa verso tutto e tutti, il sindaco delle ferme condanne e delle parole al vento. E la cosa peggiore è che tutti sembrano ipersensibili alle stronzate che provengono da sinistra e dalle altre forze politiche della cosiddetta "opposizione": basta che uno qualsiasi di essi latri una cosa a caso (e non è difficile) che di qua è tutta un'agitazione, manco avessero parlato il Papa o l'Imperatore dell'Universo in persona.

Cosa serve, allora? Semplice, le palle. Ciò che manca storicamente all'italiano e, di conseguenze, al politico medio italiano. Le palle. Le palle di fregarsene delle prassi e delle abitudini da Prima Repubblica e di tirare dritto verso gli obiettivi che hanno portato alla vittoria elettorale, che poi sono né più né meno quello che gli italiani chiedono - infantilmente, seppur sacrosantamente - a gran voce. Le palle di non guardare in faccia nessuno, di ignorare o al massimo di degnare di un'occhiata di disprezzo i molti rompiballe che inevitabilmente si ammassano ai piedi del trono per reclamare, alzare ditini, questionare. Le palle di ricacciare indietro a calci in faccia chiunque tenti di arrampicarsi su quel trono o di segarne le gambe solo perché sopra non c'è lui, con buona pace delle libere elezioni, della democrazia e della Costituzione. Le palle di chiamare le cose col loro nome: clandestini, eversivi, pennivendoli, vandali, fancazzisti e delinquenti; e non "migranti", "disobbedienti", "giornalisti giudiziari d'inchiesta", "writers", "disoccupati organizzati" e "colti da raptus". Le palle di scrivere su un quotidiano pane al pane e vino al vino con la certezza che se si riprende un articolo dopo un anno non lo si trovi ridicolo o contraddittorio, che rimanga sempre uguale nel tempo e di fronte al giudizio del popolo. Le palle di fare la voce grossa con chi - a prescindere dal "peso" politico o sociale che abbia, nazionale o internazionale che sia - si azzardi anche solo a mettere in dubbio la liceità delle scelte popolari, della sovranità nazionale, della sicurezza dei cittadini, dei diritti veri e non presunti o inventati. Le palle di silurare senza pietà chiunque sgarri anche di un centimetro dall'interesse generale, assicurandosi che esso venga perseguito a tutti i costi, a prescindere dai mezzi messi in campo. Le palle di tenere informata la gente giorno per giorno su come si sta andando avanti, sulle difficoltà e sui successi, sui nemici abbattuti e sugli amici conquistati, sui programmi e sui consuntivi. Trasparenza. Azione. Spregiudicatezza. Fermezza. "Country First", come dicono gli americani (certi americani, per lo meno).

L'Italia non può e non deve permettersi compromessi al proprio sollevarsi dalla polvere, chiunque ne ventili anche solo mezzo va emarginato all'istante ed additato pubblicamente come pericolo per la collettività. E se questo qualche decerebrato lo chiama "fascismo", allora che "fascismo" sia! Senza se e senza ma. I nostri figli, nipoti e pronipoti ringrazieranno, compresi quelli del decerebrato, se ha avuto la ventura di riprodursi.

Il PdL è a tutt'oggi la cosa più vicina alla possibilità di iniziare un cammino verso questa meta che l'Italia abbia mai visto dall'inizio della sua orribile storia, quella stessa storia che cariatidi e cadaveri ogni anno si ostinano a celebrare come automi zombificati nella convinzione di ricordare qualcosa di bellissimo e sublime: tutto quel sangue non è servito a nulla, NULLA!, se oggi si consente ad un fariseo qualsiasi di alzare il ditino ed anteporre i cazzi propri al bene comune facendo deviare il Paese dall'unica strada che lo tiri fuori dal buio medioevo dal quale non è mai uscito.

Sessanta milioni di teste hanno un'idea abbastanza precisa di come vorrebbero questo Paese e possono permettersi di discuterne ed avere sfumature diverse in relazione ad essa; per contro, cento teste governanti non possono permettersi stonature, devono cantare come un sol'uomo o è la fine. Che prendano esempio da chi non ha mai cambiato idea in vita sua e che le palle dimostra ogni giorno di averne da vendere, e lo seguano: non devono fare altro che tenere la bocca cucita, il culo sulla sedia a lavorare e fare ciecamente quello che viene detto loro di fare.

Altrimenti, l'unica conclusione possibile è che cento teste sono troppe. Cominciamo a sfoltire. E' una strada pericolosa, ma ce ne faremo una ragione; se ne faranno una i nostri figli.

lunedì, settembre 07, 2009

Il Cavaliere e il dittatore

"C'è clima fascista", lamenta Dario Franceschini. Ah, no: non si riferisce all'arrivo in Italia di Hugo Chavez.

Guzzanti ci prova sul serio

Paolo Guzzanti ha appena fatto un passo importante: ha lanciato la sua "sfida" a Berlusconi in persona, per "contendergli l'elettorato" che - è la posizione dell'ex PdL - è deluso dalla vana promessa di liberalismo rappresentata dal berlusconismo e da berlusconi stesso, il quale ha "ingannato" tutti presentandosi in un modo e poi plasmando l'Italia a suo uso e consumo.
Contemporaneamente, però, mette anche le mani avanti: se il redivivo Partito Liberale non dovesse avere successo sarà inequivocabilmente perché Berlusconi in persona lo oscurerà. In effetti, pensare all'elettorato del PdL ed a quello del Partito Liberale come a due entità in competizione fa una certa impressione. Ma, come al solito, il sanguigno senatore si trova a suo agio nei panni del Davide, stavolta partito a testa bassa contro il Golia per eccellenza, che sfida apertamente a duello (televisivo), già sapendo di ricevere picche in risposta e potendo, quindi, già incassare la prima "vittoria".
Bene, che vinca il migliore: sarà interessante vedere come andrà a finire.

Fascismo e travaglismo

La chiama "aggressione squadrista", Travaglio. Questa, non questa.

La mala información: Capitolo XV - La barzelletta

Riprendiamo la nostra divertente (si fa per dire) carrellata sulla disinformatjia in salsa italiota operata sistematicamente dai media vicini od assoggettati alle "sinistre" (sarebbe meglio dire potentati, banche, comitati d'affari), e lo facciamo con un classico che più classico non si può: il "taglia-e-cuci con cappottamento a sinistra".

Questa mattina Berlusconi ha dichiarato alla radio che la storia della negazione della libertà di stampa, "lamentata" coi soliti toni farisei dai disperati esclusi dai conteggi elettorali, è "una barzelletta dei cattocomunisti", un'invenzione buttata là per strepitare una volta di più la propria frustrazione per l'aver perso definitivamente la partita della Storia. Cristallino, anche un bambino di cinque anni ci arriva.
Ma cosa c'è di meglio di una dichiarazione mattutina dell'odiato ed invidiato nemico? E allora via, un taglietto qua, una spuntatina là ed ecco che la dichiarazione di cui sopra diventa:

Il primo titolo è del Corriere della Sera, il secondo di Repubblica (qui e qui le pagine complete). La negazione di libertà di stampa è diventata la libertà di stampa. E così il significato delle parole pronunziate viene è ribaltato, l'ego degli antiberlusconiani all'amatriciana è soddisfatto per aver compiuto un'altra buona azione e la fame di boiate dei loro frastornati lettori è placata.
Poi dici che uno legge Il Giornale (qui la pagina completa):

domenica, settembre 06, 2009

Senza pudore /2

L'editoriale odierno di Sergio Romano sul Corriere della Sera è di quelli che devi leggere tre, quattro volte prima di convincerti che non stai sognando. Il succo del discorso è, secondo il famoso giornalista, che Berlusconi ha sbagliato a querelare Repubblica e L'Unità perché quella non è un'azione politica -- come se ciò che il Gruppo De Benedetti sta facendo da mesi a questa parte lo fosse.

Ma non basta: gli scandali, sempre secondo Romano, hanno avuto l'effetto di far passare in secondo piano i problemi veri del Paese, e la responsabilità è proprio di Berlusconi che col suo incattivirsi per via giudiziaria distrugge anche quell'ultimo scampolo di speranza di concordia della quale c'è tanto bisogno.
Smetto di scrivere che mi fa male la pancia per le troppe risate. E pensare che c'è gente che paga qualche spicciolo per comprarselo, quel giornale.

sabato, settembre 05, 2009

E' un mondo malato

Quello in cui un padre non può passeggiare abbracciato alla figlia, al fianco della moglie ed attorniato dagli amici, altrimenti viene considerato un pedofilo è un mondo veramente malato. Un mondo nel quale impera la paura, il sospetto, l'ignoranza, l'arroganza.

E guardate: c'è anche un video del pedofilo. Che mostro, che schifo, che scandalo. Guardate, osservate attentamente i dettagli, usate il fermo-immagine, ammirate l'orco. E domani, quando vostra figlia vi getterà le braccia al collo, osservatevi bene in giro e, per non sbagliare, allontanatela subito da voi: potrebbe esserci un paio di manette pronte a scattare.
E ora, compiliamo le Dieci Domande anche al papapedofilo: magari lui risponderà.

giovedì, settembre 03, 2009

E ora, chi lo dice a Travaglio?

Si parla della viceda Sme, trascrizione testuale dal processo per diffamazione nel quale Eugenio Scalfari, fondatore ed attuale Gran Sacerdote di Repubblica, è stato condannato, nel giugno scorso, per alcune sue affermazioni calunniose nei confronti dell'allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi.

«[...] Io ho dato dell’illecito al comportamento non di Berlusconi ma di Craxi, quindi il problema è completamente un altro. È una mia opinione, certo, io non ho dato giudizi su Berlusconi, li ho dati su Craxi. Se si legge il testo non vi è il minimo dubbio. Allora è chiaro che Berlusconi non ha fatto... in quel caso, nel caso di partecipare, di mettere in piedi una cordata. Berlusconi non ha fatto nulla di illecito, Berlusconi è solo un imprenditore [...]».
Ma non basta. Poco oltre, nel verbale, si legge la seguente stupefacente frase (a parlare è Renato Altissimo, all'epoca Ministro dell'Industria):
«[...] Un gruppo americano si disse interessato all’acquisto della Sme, così chiamai l’allora presidente dell’Iri, Prodi, e glielo feci presente. Prodi mi escluse categoricamente che la Sme, pezzo pregiato dell’Iri, sarebbe mai stata venduta. Poi quando pochi mesi dopo De Benedetti mi chiamò per comunicarmi che aveva preso la Sme, parlai nuovamente con Prodi. Ero decisamente sorpreso. Gli dissi perché a Carlo De Benedetti sì e agli altri no, e lui mi rispose secco: “Perché Carlo ha un taglietto sul pisello che tu non hai”... [...]»
Pare che per Marco Travaglio sia un periodo da dimenticare: ora è costretto anche a riconfigurare le tonnellate di carta igienica sulle quali conserva le sue "verità giudiziarie", qua si rischia grosso, si rischia addirittura il buon nome e l'onorabilità dell'antiberlusconismo.
Ah, la fonte di queste perle è Il Giornale: se non ci fosse bisognerebbe inventarlo, non vi pare? Questa direzione Feltri 2.0 promette faville.

La pacchia è finita: fuori uno

Quindici anni di impunità, quindici anni di vomito venefico sul governo italiano (ma solo a tratti, sappiamo bene quali), quindici anni di scorrazzamenti per i media dei professionisti dell'insulto e della diffamazione, quindici anni di cuccagna durante i quali le vittime di queste angherie hanno dimostrato una superiorità tale da riuscire ad ignorare i propri aguzzini, col risultato che questi si incattivivano sempre più. Quindici anni durante i quali gli italiani hanno imparato a capire da che parte sta il giusto e da che parte sta il marcio, quindici anni di liberazione progressiva dal giogo comunista e cattocomunista, culminata con la distruzione dei partiti della sinistra estrema (e, cosa altrettanto goduriosa, degli ambiental-catastrofisti, i maggiori responsabili dell'arretratezza energetica ed economica di questo paese) e con l'annientamento della sinistra cosiddetta "riformista" (?), sprofondata sotto il proprio stesso peso.

Quindici anni che hanno visto, negli ultimi sei mesi, un colpo di coda disperato, un ultimo sussulto velenoso di quelle forze politiche ed ideologiche (ben finanziate e coperte dalle grandi famiglie-corporazioni e dalle banche) che, di fronte al baratro più nero, hanno giocato il tutto per tutto rovesciando il tavolo e trascinando l'Italia in un cumulo di melma puzzolente senza precedenti nella nostra pur torbida storia. Ed il campione scelto per l'ultimo assalto, il samurai incaricato di attaccare a testa bassa costi quel che costi è proprio lui: il Cattocomunista. Razza brutta, invero: capace di assommare in se il peggio delle due radici di provenienza, esso è capace di raggiungere vette inesplorate di politicamente corretto, di moralismo alle vongole, di doppiopesismo funambolico, forte di cinquant'anni di esperienza sul campo dei palazzi del potere, durante i quali ha potuto prosperare grazie ai soldi degli americani ed alla copertura dell'URSS.
Ma proprio per questo è anche un bersaglio facile: troppi scheletri nell'armadio, troppo esposto alla sua stessa pseudo-morale che è, in realtà, un caterpillar che non guarda in faccia nessuno ed è assolutamente imprevedibile come un ubriaco che maneggia nitroglicerina al buio e sul ghiaccio.
E così, non importa se Boffo sia una checca isterica o un irreprensibile padre di famiglia; non importa se è un molestatore di donne innocenti o un novello Marcellino Pane e Vino. E' un samurai cattocomunista, s'è venduto l'anima al diavolo dell'antiberlusconismo tanto al chilo (quello in versione "lo-faccio-così-vendo-più-copie", tanto cara a tanti "intellettuali" di casa nostra) e s'è impiccato da solo. Prima vittima di un Nuovo Ordine: quello del Basta Stronzate, quello del D'Ora In Poi Si Fa Politica O Si Tace, quello del Chi Perde Le Elezioni Si Rimbocca Le Maniche E Cerca Di Capire Dove Ha Sbagliato Senza Fracassare I Coglioni A Tutti O Sono Guai. E lo sanno, che è giunto: lo sanno ed hanno paura (anche se continuano stupidamente a pensare al divorzio di Berlusconi -- notare il ridicolo indirizzo internet del link).
Esagererò, certamente, purtroppo; nessun nuovo ordine è in vista, con tutta probabilità. Ma la sola idea è così bella che non posso fare a meno di godermela, ora. Svegliatemi tra un po'.

mercoledì, settembre 02, 2009

L'imbarbarimento tempestivo

Come al solito, l'imbarbarimento ed il "killeraggio" scattano solo quando è Berlusconi ad attaccare (per la prima volta ora dopo quindici anni di stillicidio): prima, di ditini alzati non se n'era visto neanche uno. Ora, è tutto un florilegio.

Sarebbe piaciuta una parola super partes e monitrice anche quando Berlusconi e l'Italia erano sotto attacco da parte dei disperati di Repubblica; invece no, grosse responsabilità in quella brutta storia ce le ha proprio Fini, per mezzo della fondazione FareFuturo che a lui fa capo.
E la cosa ridicola è che se ora si cerca di screditare chi i ditini li ha alzati a sproposito nei mesi precedenti, questo viene fatto passare come un inedito "imbarbarimento della politica". Verrebbe da puntare l'indice nel più classico degli "è stato lui ad iniziare" indicando il cattocomunista redivivo, ma sarebbe un gioco al ribasso nella scala della decenza e non lo faremo. Notiamo, solo, con tristezza, l'immaturità cronica della politica di questo povero paese: geneticamente incapace di rinnovarsi nelle sue classi dirigenti. Il popolo, invece, s'è bello che rinnovato da un bel po'.

E il Cav. si ruppe i coglioni

Finalmente, dopo quindici anni da incassatore, Silvio Berlusconi ha deciso di rispondere (quasi) colpo su colpo allo tsunami di insulti che lo investono ogni giorno che Dio manda in terra, provenienti per lo più dalla cosiddetta "stampa libera". Ieri l'altro Repubblica, oggi L'Unità. Che, tra parentesi, non ha alle spalle i fondi infiniti di De Benedetti e di Mediobanca: una causa milionaria, a meno di una colletta tra nostalgici baffoni con la piadina in bocca, può realmente seppellire in modo definitivo il già più volte zombificato quotidiano di Gramsci, ormai ridotto - alla stregua di Repubblica, del Corriere e de La Stampa - ad un ciclostilato da centro sociale sfigato.

Il politicamente corretto vorrebbe che, a questo punto, si scrivesse che una voce in meno nel panorama dell'informazione sarebbe sempre un male; ma al sottoscritto del politicamente corretto frega nulla e dico che non sarebbe poi tutta 'sta gran perdita. Anzi.

martedì, settembre 01, 2009

Travaglio scopre il travaglismo

E fa l'orsolina scandalizzata. Patetico. Lui che ha dato la stura alla vulgata del Dell'Utri mafioso (e del Berlusconi colluso) con la panzana dell'intervista a Borsellino (un falso clamoroso -- o meglio, un abile lavoro di taglio e cucito, ma a tutt'oggi uno dei cavalli di battaglia del compare di Grillo), lui che ravana nei cestini delle Procure di mezza Italia alla ricerca di frammenti da riorganizzare nei suoi epici collage con forbici, scotch e bianchetto, lui che appoggia al 100% l'operato di Eugenio Scalfari e Giuseppe D'Avanzo quando trasformano lo storico quotidiano romano in un surrogato scarso di Novella Tremila; proprio lui si straccia le vesti di fronte al "linciaggio preoccupante" e ci regala questo nuovo momento di sane risate.


P.S.: per chi volesse sapere come mai Dell'Utri non è un mafioso e tantomeno lo è Berlusconi, cominci da qui. C'è di che divertirsi.