giovedì, aprile 30, 2009

Apartheid e superiorità

Quando accade, in un paese che dovrebbe essere libero e democratico, che una categoria di esseri umani viene costretta nel tempo, nello spazio e nella forma a sottostare a dettami imposti da un'altra categoria di esseri umani senza alcun apparente motivazione logica, sociale, civile, di ordine pubblico o di superiore interesse della collettività, ma unicamente per il proprio credo religioso, allora si applica pacificamente il concetto di apartheid.

Stabilire a priori e forzatamente un orario, un luogo, un abbigliamento ed un codice di comportamento per una categoria di donne (quelle islamiche), isolandola da qualsiasi contatto con il resto del mondo, è esattamente come relegare i negri nei dieci posti in fondo all'autobus. E tutto alla luce del sole, sotto l'amorevole cappella della Santa Costituzione, con l'approvazione plaudente delle anime belle e progressiste e dei preti da talk show che si gongolano nel successo dell'integrazione.
Attenzione (che già vedo il ditino alzato dei soliti noti): qui non si sta parlando, tanto per fare un esempio, del divieto alle donne di officiare la Messa cattolica, quelle sono regole interne ad una religione che riguardano le pratiche religiose durante le celebrazioni religiose; inoltre, celebrare messa non è un diritto fondamentale dell'uomo (o della donna). Poter accedere agli impianti sportivi della città ove si abita, invece, lo è. Così come camminare per la strada o sedere nel posto davanti sull'autobus. Lo stabilisce la Santa Costituzione. Sì, proprio quella con la quale ci stracciano i maroni ogni tre minuti proprio quelle stesse persone che, oggi, sono felici del "grande passo in avanti" compiuto dalle donne islamiche. Oh sì, verso il precipizio.
E noialtri non stiamo messi tanto meglio, beninteso. Ogni diritto negato ad una categoria di persone è un diritto negato a tutti gli individui che insistono sulla medesima società, a prescindere dai colori, dalle religioni, dai credi politici o da cosa c'è sotto i vestiti. Se non altro, per opposta reazione: in definitiva a me, che non sono certo donna islamica, è comunque vietato l'accesso a quell'impianto sportivo, in quell'orario, non perché sotto manutenzione o perché in riposo settimanale, ma perché c'è in vigore l'apartheid ad ore. Altro che "civiltà superiore": le società sedicenti "occidentali" (Chiesa cattolica compresa) stanno sistematicamente svendendo il vantaggio sociale e civile accumulato nei secoli nei confronti di quelle islamiche per un assurdo, masochista e pericolosissimo senso di colpa misto ad una paura fottuta.

P.S.: Chissà cosa ne pensa l'indomita neo-paladina dei diritti femminili, tal Miriam Raffaella Bartolini.

1 commento:

Elly ha detto...

Poi leggevo proprio in quell'articolo che la possibilità di questo gli è stata data dalla curia. E' grave. Perchè non è questa la "reciprocità" di cui tutti parlano (compresa la chiesa), perchè non è questo il "presunto" dialogo tra religioni e popoli. Stiamo facendo la stessa fine dell'inghilterra. A quando i tribunali islamici anche qui?