lunedì, febbraio 23, 2009

Le certezze dell'ignoranza

«La Nasa, ente spaziale americano, lancera' domani un satellite che avra' il compito di misurare la presenza dell'anidride carbonica sulla Terra, principale responsabile dell'inquinamento nell'atmosfera. L'obiettivo e' quello di fornire, orbitando intorno alla Terra, informazioni tali da aiutare gli scienziati a capire come e dove si disperdano le tonnellate di anidride carbonica prodotte ogni giorno dall'inquinamento terrestre. Secondo gli esperti, ogni anno vengono emesse nell'atmosfera circa 30 miliardi di tonnellate di CO2. Circa la meta' restano sospese nell'atmosfera, mentre l'altra meta' scompare. Il lancio dell' Orbiting Carbon Observatory e' in programma domani dalla California.»


Ecco un pregevole pezzo di giornalismo pseudo-scientifico e disinformativo, oltre che supponente e fuorviante.
Partiamo dalle certezze espresse nel lancio Agr riportato così pedissequamente dal Corriere della Sera: l'anidride carbonica è la "principale responsabile dell'inquinamento nell'atmosfera", ma anche "il prodotto dell'inquinamento terrestre". Che facciamo, lanciamo una veltroniana monetina?
La seconda certezza: "metà della CO2 rimane 'sospesa' nell'atmosfera, l'altra metà 'scompare'". Ma che scienziati preparati, che ci sono: sono decenni che "studiano" l'inquinamento atmosferico, il riscaldamento globale (che trent'anni fa era raffreddamento, ma fa nulla), le scorregge delle mucche che producono metano, i buchi nell'ozono, e ancora non hanno trovato dove "scompaiono" ogni anno 15 miliardi di tonnellate di CO2?
Magari se 'sti "esperti" di cui parla il lancio aspettassero i risultati delle indagini proprio del satellite del quale si parla, invece di basarsi - com'è accaduto finora - sulle stazioni di rilevazione sparse un po' per tutto il globo, per lo più vicino ai centri abitati, usate da cani e porci senza un protocollo comune... magari riuscirebbero a far quadrare i conti tra le misurazioni della CO2, i cicli climatici, quelli solari, l'andamento della popolazione rispetto all'allevamento ed all'agricoltura intensivi, lo scioglimento o l'aumento dei ghiacci polari. Conti che, finora, non quadrano proprio per nulla; tranne che per i pochi fortunati che sull'ignoranza ci campano e, a volte, ci vincono pure i premi Nobel.

***UPDATE 24/02 17:14 ***
Il vettore che trasportava il satellite verso l'orbita terrestre non s'è separato dal payload e tutta la baracca è finita in mare, assieme ai 278 milioni di dollari serviti per costruirla.

sabato, febbraio 21, 2009

Ma dove l'ho già visto?

Scovate le dieci piccole differenze tra il vecchio e lo stravecchio. La base del defunto Pd ha di che gongolare, bravi, bene, bis.

Ascoltare la base

L'84% dei lettori del Corriere (quindi, in buona parte appartenenti alla base elettorale del Pd) vuole il congresso subito: i vertici in conclave solenne, come di consueto, fanno l'esatto opposto.

Poi dici che non li votano.

«Candidarmi? Mai!»

Lo disse anche un certo Antonio Di Pietro.

giovedì, febbraio 19, 2009

Sotto col prossimo

Osservate il sondaggio comparso oggi sul sito Internet del Corriere, è qui a lato (fate click sull'immagine per ingrandirla): la domanda è lapidaria, "Walter Veltroni si è dimesso. Chi vorresti alla guida del Pd?"

Risposte possibili: 19 (DICIANNOVE) nomi pescati nel mazzo delle cariatidi della sinistra italiana (compresi Prodi e Soru, c'è anche la Binetti!), più la voce della speranza, "Un candidato nuovo", bontà loro.
Poi dici che Berlusconi (e con lui l'Italia tutta) li prende per i fondelli con una dose di perfidia davvero notevole: in effetti, si ride per non piangere sulle poche idee ma confuse che albergano a sinistra.

Per pura curiosità, diamo un'occhiata ai risultati del sondaggio (attualmente ci sono circa 32000 voti, non pochi): se un prevedibile 23% scarso vorrebbe il "candidato nuovo" (buona fortuna!), i primi tre classificati (Bersani, Soru e la Finocchiaro) disegnano un netto spostamento a sinistra delle preferenze, totalizzando un rispettabile 33,5% in capo alla corrente dalemiana. Il misero 1,3% racimolato da Piero Fassino (lo ricordiamo: segretario del più grande partito di sinistra pre-Pd), peraltro, la dice lunga sul suo gradimento, nonostante sia ad oggi forse il più papabile (sacrificabile?) per succedere a Veltroni.

mercoledì, febbraio 18, 2009

Semo sempre li mejo

Ecco perché la sinistra perde, e continuerà a perdere ancora a lungo:

«Berlusconi ha vinto una battaglia di egemonia nella società, perché ha avuto i mezzi e la possibilità anche di stravolgere i valori della società stessa, costruendo un sistema di disvalori contro i quali bisogna combattere con coraggio»
Walter Veltroni, 18 febbraio 2008

Sempre il solito vizietto comunista (senza virgolette né doppie 'M'): anche di fronte a scoppole elettorali come quella delle politiche e quella sarda, la certezza che il popolo è fatto da amebe decerebrate rincoglionite dai media del nemico è incrollabile. Trasuda da ogni dichiarazione, dalla più diplomatica a quella più urlata. La sola idea che ci possa essere qualcuno che concepisce il mondo, la società, la vita, la libertà, i diritti in modo diverso dal proprio è semplicemente inconcepibile; e dato che c'è, allora è scemo.

Continuino pure così, se si divertono: ma - prendendo in prestito la bellissima immagine di Paolo Guzzanti - la democrazia ha bisogno di due gambe per correre. Quella destra (che prima non c'era proprio) la dobbiamo a Berlusconi; quella sinistra continuano ad amputarcela.

martedì, febbraio 17, 2009

Antropologicamente diversi

Immaginate la scena: Berlusconi si dimette, lascia il PdL, molla Mediaset e scompare. Scene di giubilo per le strade, rave ad oltranza a piazza SS. Apostoli e piazza S. Giovanni, il Circo Massimo invaso da giovani "senza colore politico" che, ubriachi di felicità, salutano l'alba di una nuova era, gruppi di anarchici rossi spaccano qualche vetrina per non sbagliare, Beppe Grillo si denuda davanti a Montecitorio e canta a squarciagola "O bella ciao" sottobraccio con Di Pietro, nudo pure lui, Scalfaro che dice "ora ci stò!", Repubblica ed il Corriere che escono con edizioni speciali a ripetizione per tre giorni (quanto durano le carnee indette da Veltroni), orge nelle strade, requisite tutte le battone della Salaria per regalare un po' di gioia a chi finora ha sofferto inebetito davanti al Grande Fratello (che è di destra, l'Isola dei Famosi invece è di sinistra), Rutelli che dichiara "gli italiani sanno che ora la crisi non fa più paura", schiere di intellettuali sottoscrivono la Carta della Felicità, un'investitura per acclamazione a Veltroni per aver salvato il paese, la democrazia, la libertà, la pace, il sistema solare ed il pulsante numero 4 del telecomando. Che meraviglia.

  • «Non è bello intromettersi nelle questioni interne di un avversario. Staremo a vedere gli sviluppi» Paolo Bonaiuti
  • «Questione che riguarda la vita interna di un altro partito, ma auspico che l'opposizione comprenda che è il momento di essere costruttiva e di non fare ostruzionismo» Italo Bocchino
  • «È una questione interna al Pd. Siamo soddisfatti per la Sardegna, quando c'è una sconfitta non si infierisce sull'avversario» Roberto Cota (capogruppo Lega alla Camera)
  • «Veltroni è un galantuomo e non era prevedibile altro epilogo, ma queste dimissioni danno tristezza perché archiviano alcune speranze di questa legislatura» Gianfranco Rotondi
  • «Rispettiamo il dibattito in corso nel Pd. Certo il problema è di carattere politico e non ci sembra sia giusto scaricarlo su Veltroni. D'altronde è più comodo trovare un capro espiatorio che risolvere le contraddizioni» Lorenzo Cesa
  • «È un momento delicato per il Pd e occorre avere rispetto per le difficoltà altrui. Il Paese ha bisogno di un dibattito utile e di una opposizione costruttiva: l'augurio è che si possa avere in tempi rapidi» Alessandra Mussolini
E' vero, si è antropologicamente diversi.

Fonda TV islamica anti-pregiudizi, poi decapita la moglie

Nel 2004 Muzzammil Hassan, 44 anni originario del Pakistan (a destra nella foto), stanco dei "pregiudizi" dei quali - a suo dire - i musulmani d'america sarebbero vittime dopo l'11 Settembre, decide di fondare Bridges TV, un network televisivo con base a Buffalo, NY grazie al quale educare le masse statunitensi circa le bellezze dell'Islam e la civiltà dei suoi fedeli/cittadini.

«Questo [gli USA post-11 Settembre, ndr.] non è un buon ambiente per i bambini, quantomeno per crescere bambini, dovrebbe esserci un qualche tipo di media che faccia sì che gli americani sappiano chi sono i musulmani, chi sono gli arabi, e che noi siamo brava gente» ha affermato l'8 novembre 2006 Aasiya Zubair Hassan, 37 anni, moglie di Muzzammil Hassan, parlando della mission del network fondato dal marito.
Il quale amorevole marito, giovedì scorso - il 12 febbraio 2009 - ha pensato bene di decapitarla a causa della richiesta di divorzio avanzata dalla donna che aveva, a sua volta, indotto un giudice a disporre l'allontanamento dell'uomo dal talamo a partire dal 6 febbraio, dal momento che il buon Muzzammil la picchiava ogni santo giorno da anni.
Ora, come tutti sanno, questo per un uomo pio e devoto dell'Islam è un affronto inimmaginabile, e Muzzammil ci ha mostrato che - in effetti - era proprio una brava persona.

L'infinita luna di miele del PdL e la fine del Pd

Non sono bastati i timidi tentativi di "golpe" perpretati dai soliti panzer Di Pietro / Travaglio / Santoro, non sono bastate le difficoltà interne al Pdl in vista delle europee con il ringalluzzimento ciclico della Lega, non è bastata la devastante (ed ancora poco vista) crisi economica, non è bastata l'ondata (molto mediatica) di violenze che le cronache hanno portato nelle case degli italiani, non è bastato Mastella ed il suo inopportuno quanto questionabile ritorno nel centrodestra, non è bastato Fini-capitan-remo-contro-a-prescindere, non è bastato il tempo che - inesorabile - scorre e ci allontana dal trionfo totale alle urne che ha portato al terzo governo Berlusconi. Niente da fare.


In occasione delle elezioni (anticipate) regionali in Sardegna era opinione comune - anche tra molti commentatori di centrodestra - che tutti questi nodi sarebbero venuti al pettine, e che se non avessero determinato una débâcle per il Pdl per lo meno ne avrebbero ridimensionato (e di molto) il vantaggio sul Partito Democratico e - soprattutto - sull'Italia dei Valori.
Ed invece. Una batosta micidiale si è abbattuta sui resti già fumanti e putrefatti del Pd e di qualunque cosa graviti attorno ad esso; una batosta ancor più devastante dal momento che in occasione di questa tornata elettorale si è reincarnato nell'Unione di Prodi, tale e quale, rottami comunisti e verdi compresi. Scommettendo sul passato, rinnegando già se stesso. E perdendo. Ancora.

E' la fine di Veltroni. E' la fine del Pd. E' la fine della sinistra riformista italiana, se mai è nata. Dopo questo risultato, affrontare il nodo spinosissimo della collocazione europea del Pd è semplicemente impossibile, con gli ex-Dl (ex?) già in rotta a causa del caso Englaro e dei suoi strascichi referendari preventivi e gli ex-Ds (ex?) più gli ex-Sinistra Arcobaleno + Verdi + fauna assortita sbudellati dalle urne una volta di più.
Domani già lo si vede: un tutti-contro-tutti a suon di pesci e stracci in faccia con Cacciari che piange amaro, pover'uomo.
E per l'Italia, un altro passo indietro, lontano dal bipolarismo e dal mondo civile. Grazie, signori: grazie di cuore.

venerdì, febbraio 13, 2009

Libera circolazione, ma non troppo

Geert Wilders, il deputato olandese condannato a morte da al Qaeda a causa del cortometraggio Fitna, è da oggi anche ufficialmente bandito dall'ingresso in Inghilterra. La Commissione Europea, ovviamente, s'è affrettata a dichiarare che per essa va tutto bene, anzi.

Anzi, per non apparire sbilanciata troppo verso l'Occidente, la UE intanto pensa bene di fare l'indiana di fronte alle richieste americane di dare una mano con i quasi-ex detenuti a Guantanamo Bay, nei confronti dei quali si sente molto imbarazzata. Imbarazzo e senso di colpa che, nei confronti di Wilders, mancano completamente.
Poi dici che c'è declino.

mercoledì, febbraio 11, 2009

La giusta legge

Mi chiedo quale sia "la legge in grado di evitare drammi come quello appena concluso", come molti si affannano ad auspicare, riferendosi alla vicenda Englaro. Qui c'è un altissimo rischio ipocrisia, a mio avviso, fintantoché non si focalizza quale sia effettivamente il "dramma" del quale si parla.
Ad oggi, l'Italia è sprovvista di una legislazione sul "fine vita"; peraltro, un numero imprecisato di pazienti in gravissime condizioni muore comunque ogni giorno, e non è dato sapere se qualche mano pietosa ha sfilato un sondino da un naso. Eppure, nessuno è mai finito in galera, per semplificare.
Beppino Englaro ha impiegato diassette anni della vita vegetativa della figlia per spingere lo Stato a dotarsi di una tale legislazione, e Governo e Parlamento hanno sempre rifiutato, mentre la Magistratura si rimpallava responsabilità che - evidentemente - non voleva. Domanda: è giusto che sia lo Stato a decidere al posto di Beppino Englaro della vita o della morte della figlia in quelle condizioni? Chi meglio di lui sa in cosa credesse sua figlia, cosa pensasse, come fosse posta nei confronti di una tragedia simile? Quale regolamento, quale comma, quale normativa può sostituirsi all'amore ed alla comprensione profonda di un padre o di una madre o di un figlio o di un fratello o di una moglie?
La risposta più logica è: una legge che lasciasse totale libertà di scelta al paziente od a chi ne fa le veci. Di fatto, in questo caso, come oggi, che non c'è nessuna legge.
Cui prodest, dunque? A cosa sono serviti diciassette anni di calvario di quella povera donna, se l'unico sbocco possibile è una legge che si esprima in una ben precisa direzione (quella di Beppino Englaro, non certo quella della Chiesa, tanto per dirne una)?
E se - putacaso - il Governo ed il Parlamento che dovessero arrivare a legiferare nel merito la pensassero diversamente? Se varassero una legge che mette paletti diversi da quelli che Beppino Englaro voleva per sé e per la figlia? Perché è legittimo presumerlo: il Parlamento è sovrano, ed è fatto da rappresentanti del popolo, non da cloni di Beppino Englaro o di Benedetto Della Vedova. E che succede, in quel caso? Si fa come si vede in questi giorni, si grida al regime cileno? Alla morte della democrazia? All'orrore della politica che mette bocca in questioni che non la riguardano? Allo Stato illiberale che specula sulle disgrazie delle Eluana Englaro di tutta Italia? Al Vaticano/Spectre che tutto controlla e tutto comanda?
E' chiaro che c'è qualcosa che non torna, nel can can che osserviamo in questi giorni. Qualcosa di storto, di fuori posto, di sbagliato, di incoerente. Sono l'opinione pubblica e buona parte degli uomini politici e d'informazione, ad essere confusi.

Non si perpreti l'ipocrisia di chiedere - genericamente - "una legge sul fine vita"; si richieda esplicitamente l'eutanasia (così come si è richiesto - ed ottenuto - l'aborto) e si salvino almeno la coerenza e l'onestà intellettuale. Chiamiamo le cose col loro nome, saremo capiti meglio.

Schizofrenia di Stato e di opinione

Da venerdì scorso, è tutto un coro: la politica non metta bocca nella questione Englaro! Vero, giusto, corretto. Altroché.

Ma, a meno di non fermarsi al gossip perdendo di vista la sostanza delle cose, "la politica" non significa nulla, in questo contesto: chi ha messo bocca nella questione Englaro è stato lo Stato, e scusate il gioco di parole. E lo Stato - giova ricordarlo - non è solo Governo e Parlamento: è anche potere giudiziario. Anzi, in questa storia è soprattutto potere giudiziario.
E chi è che ha armato un casino lungo diciassette anni affinché lo Stato "mettesse bocca" in quelle che si dicono essere "le sue faccende private"? Ecco.
Perché, delle due l'una: o la scelta di far (soprav)vivere o morire Eluana Englaro era esclusivo appannaggio della famiglia, oppure era una responsabilità da condividere con la collettività. Nessuna via di mezzo, il coraggio di una scelta. E Beppino Englaro ha scelto: condividere la responsabilità.
A questo punto, la domanda sorge spontanea: perché uno dei poteri dello Stato è legittimato a raccogliere quella sfida ("mettere bocca"), circa la vita e la morte di tutte le Eluana Englaro, ed un altro no? Quanti Stati ci sono, in Italia?

giovedì, febbraio 05, 2009

Attenzione ad anticipare troppo


Ma attenzione. Quando si dice, da più parti, che "i tempi sono cambiati" e che "i bambini sono stimolati fortemente" a causa della televisione, dei computer, di internet è ovviamente vero; ma questo non deve far pensare che, nello stesso lasso di tempo, gli esseri umani siano "evoluti" in egual misura che la tecnologia e la società.
Il cervello di un bambino è sostanzialmente lo stesso di duecento anni fa, i tempi dell'evoluzione sono millenari, non certo in punta di decennio. Di conseguenza, non è assolutamente detto che a parità di stimoli vi siano corrispondenti reazioni correttamente commisurate alle fasi dello sviluppo cognitivo del bambino. Anzi.
E' vero, si dice, che i bambini vanno valutati caso per caso: ma questa non è una novità, da sempre ci sono il "genietto" ed il "tardone", fa parte della natura. Ma, complessivamente, se la scuola (ed i genitori, e la politica) pensa di modificare le modalità di somministrazione delle nozioni e dei concetti unicamente in base alla velocità con la quale questi sono reperibili, sbaglia di grosso! A cinque anni, mediamente, un bambino ha ancora un prevalente bisogno primario: giocare. E giocare in casa, con gli amichetti, con i nonni. E' importantissimo, serve per scoprire e scoprirsi, determinare i propri e gli altrui limiti, stabilire il modo col quale relazionarsi con il mondo: e sono cose che il bambino deve scoprire da sé, in modo quasi "fisico", aiutato e guidato unicamente dall'amore dei genitori e dal calore di casa.
Invece, spesso, la scuola primaria tende a trattare i bambini di cinque/sei anni come fossero alle medie, e questo è fonte di ansia sia per loro che per i genitori; e, in definitiva, non si gettano le basi corrette per un individuo equilibrato, con tutte le conseguenze che questo comporta per la società.

mercoledì, febbraio 04, 2009

Eluana Englaro, viva

«Lei è una donna. Una donna di trentotto anni: ha la mia stessa età. Ha il ciclo mestruale come ogni donna. Apre gli occhi di giorno e li chiude la notte. Respira benissimo e da sola, serenamente. Il suo cuore batte da solo, tenace e forte. Ci sono momenti nei quali forse sorride e altri nei quali forse socchiude gli occhi. Ma quanti sanno davvero che Eluana non è attaccata a nessuna macchina? Quanti sanno che nella sua stanza non c’è un macchinario, ma due orsacchiotti di peluche sul suo letto? Che non ha una piaga da decubito? Che in diciassette anni non ha preso un antibiotico?»


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martedì, febbraio 03, 2009

Quei miserevoli mille Euro

Che Giovanni Petrali, il tabaccaio milanese che nel 2003 sparò ed uccise un rapinatore e ne ferì un altro, abbia esagerato di fronte alla legge è un fatto pressoché pacifico. Magari di fronte al senso comune, ampiamente stressato dai livelli di criminalità raggiunti nel nostro Paese, lo è un po' di meno; ma di fronte alla legge, quasi certamente lo è (la sentenza è attesa a breve). Del resto, correre dietro ai due sparando otto colpi con una pistola in mezzo alla strada, brandendo una scopa con l'altra mano, e poi quasi ballare attorno al cadavere di uno dei due esultando ed insultando quello sopravvissuto, il tutto ormai a duecento metri dal luogo della rapina, se da un lato può far stare meglio (sempre feccia è, in fondo), dall'altro è... come dire... leggermente fuori dalle regole.

Ma quando un pubblico ministero, motivando la sua richiesta a nove anni e mezzo di carcere per il Petrali, dice testualmente: «[i due] se ne stavano andando con i loro miserevoli mille euro», la domanda sorge spontanea. E se invece di mille gli euro erano diecimila? Allora Petrali sarebbe stato più nel giusto? E se invece erano dieci?
Forse mille euro al pm non fanno né caldo né freddo, ma per Giovanni Petrali erano l'incasso di almeno una giornata di lavoro; e vederseli rubare da due rifiuti che l'hanno anche pestato ed insultato non dev'essere stato divertente. Forse il pm voleva essere spiritoso, forse intendeva dire che in fondo è stata una ragazzata, e che saranno mai miserevoli mille euro! Finire ammazzati per miserevoli mille euro!
Metterla sul piano della quantità è pericoloso. Fossero stati anche dieci Euro, di bottino, una rapina è una rapina.

Immagine: Repubblica.it

lunedì, febbraio 02, 2009

Il Sobbalzo è uguale per tutti

C'era una volta la Legge. Poi venne Travaglio, e fu il Sobbalzo.

«Noi che eravamo in piazza saremmo sobbalzati tutti quanti se la critica di Di Pietro [dare del mafioso al Presidente della Repubblica, ndr.] avesse veramente associato quella definizione al capo dello stato», dice Marco Travaglio. Ovviamente, per il manettaro più famoso e pagato d'Italia sono tutti colpevoli tranne gli amici suoi, e Di Pietro - lo abbiamo saputo dalla sua viva voce - "amico suo" lo è. Difatti, Travaglio non ha sobbalzato, e - cribbio - un motivo ci sarà.
E allora, giudichiamo l'eloquio sciolto e forbito con le nostre (povere) orecchie, vediamo un po' a chi era indirizzato l'epiteto:



Qualcuno ha sobbalzato?

***UPDATE del 3/2 ore 14:26***
Di Pietro è iscritto nel registro degli indagati, uscirà dal partito? Divertente.

domenica, febbraio 01, 2009

L'abbiamo perso

Povero Walter. Ora che ha finalmente capito che prendersela con Berlusconi non fa che portare altri volti al Pdl, che prendersela con Di Pietro è controproducente, che prendersela con D'Alema è masochista, che prendersela con i giudici non è nelle sue corde... finalmente libero da tutti questi impegni di alta opposizione politica, ha deciso di darsi al cazzeggio tout court ed ha lanciato nientemeno che la sua "Rivoluzione Verde".

Un patetico polpettone al pistacchio che, nei canonici Dieci Punti, tocca tutti gli argomenti di plastica dell'ambientalismo tanto al chilo, senza uno straccio di cifra a corredo se non il solito, roboante "un milione di posti di lavoro".
«Oggi il Pd è il partito di un ecologismo moderno, che ha dentro di sé il Dna del riformismo. L’ambiente è il cuore del progetto politico del Partito democratico.» Strano: avremmo giurato che fosse l'Italia e la sua salvezza dal berlusconismo e dallo strapotere delle destre, il "cuore del progetto politico" del Pd. Ci saremo sbagliati, chissà.

venerdì, gennaio 23, 2009

Hamas Show, ultimo atto

Com'era da copione, la propaganda di Hamas ha raggiunto ora la fase della solidarietà, quella più spudorata: "risarcire le vittime degli israeliani". Ovviamente, le agenzie di stampa occidentali fanno a gara a chi ci casca prima con tutte le scarpe.
Quand'anche fosse vero che Hamas avesse quasi 30 milioni "di Euro" da distribuire ai palestinesi -- cosa alquanto opinabile, essi saprebbero tanto di salario per il bravo scudo umano che ha fatto il suo dovere.

giovedì, gennaio 22, 2009

La scoperta dell'acqua calda

DUBBI SUL NUMERO DELLE VITTIME: POTREBBERO ESSERE 600 E NON 1.300

«Così i ragazzini di Hamas
ci hanno utilizzato come bersagli»

Abitanti di Gaza accusano i militanti islamici: «Ci impedivano di lasciare le case e da lì sparavano»

GAZA - «Andatevene, andatevene via di qui! Volete che gli israeliani ci uccidano tutti? Volete veder morire sotto le bombe i nostri bambini? Portate via le vostre armi e i missili», gridavano in tanti tra gli abitanti della striscia di Gaza ai miliziani di Hamas e ai loro alleati della Jihad islamica. I più coraggiosi si erano organizzati e avevano sbarrato le porte di accesso ai loro cortili, inchiodato assi a quelle dei palazzi, bloccato in fretta e furia le scale per i tetti più alti. Ma per lo più la guerriglia non dava ascolto a nessuno. «Traditori. Collaborazionisti di Israele. Spie di Fatah, codardi. I soldati della guerra santa vi puniranno. E in ogni caso morirete tutti, come noi. Combattendo gli ebrei sionisti siamo tutti destinati al paradiso, non siete contenti di morire assieme?». E così, urlando furiosi, abbattevano porte e finestre, si nascondevano ai piani alti, negli orti, usavano le ambulanze, si barricavano vicino a ospedali, scuole, edifici dell’Onu.

In casi estremi sparavano contro chi cercava di bloccare loro la strada per salvare le proprie famiglie, oppure picchiavano selvaggiamente. «I miliziani di Hamas cercavano a bella posta di provocare gli israeliani. Erano spesso ragazzini, 16 o 17 anni, armati di mitra. Non potevano fare nulla contro tank e jet. Sapevano di essere molto più deboli. Ma volevano che sparassero sulle nostre case per accusarli poi di crimini di guerra», sostiene Abu Issa, 42 anni, abitante nel quartiere di Tel Awa. «Praticamente tutti i palazzi più alti di Gaza che sono stato colpiti dalle bombe israeliane, come lo Dogmoush, Andalous, Jawarah, Siussi e tanti altri avevano sul tetto le rampe lanciarazzi, oppure punti di osservazione di Hamas. Li avevano messi anche vicino al grande deposito Onu poi andato in fiamme E lo stesso vale per i villaggi lungo la linea di frontiera poi più devastati dalla furia folle e punitiva dei sionisti», le fa eco la cugina, Um Abdallah, 48 anni. Usano i soprannomi di famiglia. Ma forniscono dettagli ben circostanziati. E’ stato difficile raccogliere queste testimonianze. In generale qui trionfa la paura di Hamas e imperano i tabù ideologici alimentati da un secolo di guerre con il «nemico sionista».

Chi racconta una versione diversa dalla narrativa imposta dalla «muhamawa» (la resistenza) è automaticamente un «amil», un collaborazionista e rischia la vita. Aiuta però il recente scontro fratricida tra Hamas e Olp. Se Israele o l’Egitto avessero permesso ai giornalisti stranieri di entrare subito sarebbe stato più facile. Quelli locali sono spesso minacciati da Hamas. «Non è un fatto nuovo, in Medio Oriente tra le società arabe manca la tradizione culturale dei diritti umani. Avveniva sotto il regime di Arafat che la stampa venisse perseguitata e censurata. Con Hamas è anche peggio», sostiene Eyad Sarraj, noto psichiatra di Gaza city. E c’è un altro dato che sta emergendo sempre più evidente visitando cliniche, ospedali e le famiglie delle vittime del fuoco israeliano. In verità il loro numero appare molto più basso dei quasi 1.300 morti, oltre a circa 5.000 feriti, riportati dagli uomini di Hamas e ripetuti da ufficiali Onu e della Croce Rossa locale. «I morti potrebbero essere non più di 500 o 600. Per lo più ragazzi tra i 17 e 23 anni reclutati tra le fila di Hamas che li ha mandati letteralmente al massacro», ci dice un medico dell’ospedale Shifah che non vuole assolutamente essere citato, è a rischio la sua vita. Un dato però confermato anche dai giornalisti locali: «Lo abbiamo già segnalato ai capi di Hamas. Perché insistono nel gonfiare le cifre delle vittime? Strano tra l’altro che le organizzazioni non governative, anche occidentali, le riportino senza verifica. Alla fine la verità potrebbe venire a galla. E potrebbe essere come a Jenin nel 2002. Inizialmente si parlò di 1.500 morti. Poi venne fuori che erano solo 54, di cui almeno 45 guerriglieri caduti combattendo».

Come si è giunti a queste cifre? «Prendiano il caso del massacro della famiglia Al Samoun del quartiere di Zeitun. Quando le bombe hanno colpito le loro abitazioni hanno riportato che avevano avuto 31 morti. E così sono stati registrati dagli ufficiali del ministero della Sanità controllato da Hamas. Ma poi, quando i corpi sono stati effettivamente recuperati, la somma totale è raddoppiata a 62 e così sono passati al computo dei bilanci totali», spiega Masoda Al Samoun di 24 anni. E aggiunge un dettaglio interessante: «A confondere le acque ci si erano messe anche le squadre speciali israeliane. I loro uomini erano travestiti da guerriglieri di Hamas, con tanto di bandana verde legata in fronte con la scritta consueta: non c’è altro Dio oltre Allah e Maometto è il suo Profeta. Si intrufolavano nei vicoli per creare caos. A noi è capitato di gridare loro di andarsene, temevamo le rappresaglie. Più tardi abbiamo capito che erano israeliani». E’ sufficiente visitare qualche ospedale per capire che i conti non tornano. Molti letti sono liberi all’Ospedale Europeo di Rafah, uno di quelli che pure dovrebbe essere più coinvolto nelle vittime della «guerra dei tunnel» israeliana. Lo stesso vale per il “Nasser” di Khan Yunis. Solo 5 letti dei 150 dell’Ospedale privato Al-Amal sono occupati. A Gaza city è stato evacuato lo Wafa, costruito con le donazioni «caritative islamiche» di Arabia Saudita, Qatar e altri Paesi del Golfo, e bombardato da Israele e fine dicembre. L’istituto è noto per essere una roccaforte di Hamas, qui vennero ricoverati i suoi combattenti feriti nella guerra civile con Fatah nel 2007. Gli altri stavano invece allo Al Quds, a sua volta bombardato la seconda metà settimana di gennaio.

Dice di questo fatto Magah al Rachmah, 25 anni, abitante a poche decine di metri dai quattro grandi palazzi del complesso sanitario oggi seriamente danneggiato. «Gli uomini di Hamas si erano rifugiati soprattutto nel palazzo che ospita gli uffici amministrativi dello Al Quds. Usavano le ambulanze e avevano costretto ambulanzieri e infermieri a togliersi le uniformi con i simboli dei paramedici, così potevano confondersi meglio e sfuggire ai cecchini israeliani». Tutto ciò ha ridotto di parecchio il numero di letti disponibili tra gli istituti sanitari di Gaza. Pure, lo Shifah, il più grande ospedale della città, resta ben lontano dal registrare il tutto esaurito. Sembra fossero invece densamente occupati i suoi sotterranei. «Hamas vi aveva nascosto le celle d’emergenza e la stanza degli interrogatori per i prigionieri di Fatah e del fronte della sinistra laica che erano stato evacuati dalla prigione bombardata di Saraja», dicono i militanti del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina. E’ stata una guerra nella guerra questa tra Fatah e Hamas. Le organizzazioni umanitarie locali, per lo più controllate dall’Olp, raccontano di «decine di esecuzioni, casi di tortura, rapimenti nelle ultime tre settimane» perpetrati da Hamas. Uno dei casi più noti è quello di Achmad Shakhura, 47 anni, abitante di Khan Yunis e fratello di Khaled, braccio destro di Mohammad Dahlan (ex capo dei servizi di sicurezza di Yasser Arafat oggi in esilio) che è stato rapito per ordine del capo della polizia segreta locale di Hamas, Abu Abdallah Al Kidra, quindi torturato, gli sarebbe stato strappato l’occhio sinistro, e infine sarebbe stato ucciso il 15 gennaio.

Lorenzo Cremonesi
21 gennaio 2009

Fonte: Il Corriere della Sera online

Stampatevelo bene in testa, voialtri adoratori di Hamas e difensori a spada tratta delle "vittime dei sionisti", leggete bene il labiale: «Ci impedivano di lasciare le case e da lì sparavano». Chiaro?

mercoledì, gennaio 21, 2009

Che Dio ce la mandi buona

Speriamo di non dover veramente rimpiangere George W. Bush.

sabato, gennaio 17, 2009

H.A.M.A.S.

Lucia Annunziata la markettara

Il finale lo conosciamo ormai tutti: Lucia Annunziata, ex presidentessa della RAI, ora conduttrice della trasmissione (sempre RAI) "In 1/2 Ora", finita più volte nel mirino dei garanti e delle autorità per le ripetute violazioni della "par condicio" durante le campagne elettorali passate, e protagonista di un increscioso episodio quando Berlusconi - presidente del Consiglio - abbandonò polemicamente la sua trasmissione, ebbene proprio lei, ospite di Santoro a Annozero, s'è tolta con tutta probabilità un sassolino dalla scarpa ed ha fatto notare al raìs in studio che anche la sua conduzione, "al 99,9% schierata a favore della Palestina", non è che poi fosse tanto obiettiva. E parlava da esperta (anche se avrebbe dovuto dire "schierata a favore di Hamas", ma fa nulla, semplifichiamo). Dopo pochi secondi, si alza, si toglie il microfono e replica la scena di Berlusconi andandosene via (lui era però meno arrabbiato).

Bene. Se si scorrono le cronache sui quotidiani e su Internet, l'idea che ci si fa è che la Annunziata fosse talmente schifata dalla parzialità di Santoro e del conseguente taglio filo-palestinese dato alla sua trasmissione, da non aver potuto sopportare oltre ed aver dovuto alzarsi ed andarsene.
E giù di critiche dalle anime belle (ad esempio Edmondo Berselli su Repubblica), che danno sostanzialmente della cretina alla Annunziata dicendo che "doveva sapere a cosa andava incontro, partecipando a Annozero", intendendo che non poteva certo aspettarsi tutto uno sventolìo di bandiere con la stella di David. Insomma, una imprudente e tutto sommato sempliciotta ragazza di campagna andata allo sbando nel mare della sua superficialità. Che, per di più ed orrore! - ha osato criticare il totem palestinese.

E invece no. Io non provo alcuna simpatia per Lucia Annunziata, che trovo odiosa e faziosa quasi come Santoro, ma stavolta devo prendere le sue difese ed invitare il lettore ad ascoltare bene cosa Santoro le dice e - soprattutto - cosa la Annunziata bofonchia mentre se ne va via.



E' evidente che la ragione dell'abbandono non è la faziosità della trasmissione in qualche modo per lei insopportabile, ma il fatto che Santoro le ha sostanzialmente dato della puttana, nel migliore dei casi della markettara. Certo: professionalmente parlando; ma il senso era inequivocabilmente quello.
Quindi, l'80% della stampa italiana (e buona parte della blogosfera -- ecco un esempio lampante) da ieri conta balle. Occhio a cosa si legge o si ascolta, quando c'è di mezzo Santoro (ed il suo amichetto Travaglio) ciò che sembra non è mai ciò che è. Mai.

venerdì, gennaio 16, 2009

Eufemismi

Non prendo posizione sul merito della questione, mi preme solo sottolineare l'eufemismo politicamente corretto col quale La Repubblica si riferisce all'eutanasia di Eluana Englaro:

Anche la clinica di Udine dice no a Eluana
Il comunicato arriverà nelle prossime ore. Il consiglio d'amministrazione ha votato diviso, ma ha prevalso la linea della porta chiusa. Ora Beppino Englaro ha due strade: il ricorso al Tar lombardo, o la ricerca di un'altra struttura disponibile ad accompagnare la ragazza alla morte naturale

La parte finale dell'ultima frase del sunto all'articolo è disarmante per il suo incoerente distacco dalla realtà ed è la cifra dell'incapacità - tutta umana, prima che politica - nell'affrontare obiettivamente argomenti come questo.

giovedì, gennaio 15, 2009

La parte da cui stare

Nessuna "tregua" tra Israele e Hamas, razzi e bombe continuano a volare, e qualcuno (legittimamente) inizia a chiedersi da che parte stare. Bella domanda. Vediamo un po'.


Allora, vogliamo stare davanti o dietro la carrozzina?

D'Alemah e i suoi fratelli

D'Alema colpisce ancora, ed incassa i complimenti dei leader arabi. Facile, del resto: per lui è sufficiente continuare a fare quello che fa da sempre, lisciare il pelo ai fratelli col turbante da bravo nostalgico dei tempi che furono.

«Quella di Israele contro Gaza è una spedizione punitiva», aveva detto nei giorni scorsi l'ineffabile lìder Massimo; «la posizione dell'Italia è sbilanciata nel sostegno acritico ad Israele», ha puntualizzato oggi temendo di lasciarci senza la sua perla giornaliera.

«Gentile onorevole, ho il piacere di esprimerle a nome del Consiglio degli ambasciatori arabi in Italia pieno apprezzamento per le posizioni che Sua Eccellenza ha espresso e mantenuto sin dall’inizio dell’ultima gravissima crisi che ancora oggi insanguina la striscia di Gaza. [...] La misurata e lucida analisi dei fatti che Ella ha espresso nelle Sue recenti dichiarazioni riflettono purtroppo la drammatica situazione», è stata la risposta degli ambasciatori di numerosi stati arabi contenuta in una lettera finita nelle mani del Corriere della Sera. Che finisce - come riporta il giornale - con «stima» e «la più alta considerazione» a D’Alema per l’«infaticabile impegno » in favore «della pace possibile».
Certo, "pace possibile" a patto di cancellare Israele e tutti i suoi abitanti dalla faccia della terra, beninteso. Così com'è chiaramente scritto nello statuto di Hamas, senza bisogno di misurate e lucide analisi.

mercoledì, gennaio 14, 2009

Gaza è un campo di prigionia pensato e voluto dai Paesi arabi

“Le condizioni di Gaza dopo 40 anni” è uno dei titoli apparsi sulla BBC la settimana scorsa. Parlando della Striscia, una settimana passa raramente senza una lamentela politica o organizzativa sulla situazione umanitaria. Ma non sento nessuno che ne descriva la causa d’origine: 60 anni di politica araba hanno contribuito a mantenere i palestinesi in una condizione di rifugiati senza patria allo scopo di fare pressioni su Israele.

Ho vissuto a Gaza da bambina negli anni Cinquanta quando l’Egitto conduceva delle operazioni di guerriglia contro Israele partendo proprio dalla Striscia che allora era sotto il controllo del Cairo. Mio padre ha comandato alcune di queste operazioni, compiute dai fedayeen (che significa “auto-sacrificio”). Era la linea del fronte del Jihad arabo contro Israele. Mio padre fu ucciso da Israele in un assassinio mirato nel 1956.

Oggi la Striscia di Gaza, sotto il controllo di Hamas, è diventata un campo di prigionia per un milione e mezzo di palestinesi e continua a servire come piattaforma di lancio per gli attacchi contro gli israeliani. Questa è l’eredità della politica del mondo arabo per i rifugiati palestinesi iniziata 60 anni fa, quando la Lega Araba realizzò delle leggi speciali per i palestinesi a cui tutti i paesi arabi dovettero attenersi.

Anche se un palestinese sposasse un cittadino di un paese arabo, quel palestinese non potrebbe acquisire la cittadinanza del suo o della sua consorte. Un palestinese può nascere, vivere e morire in uno stato arabo e non ottenere mai la cittadinanza. Anche ora ricevo e-mail da palestinesi che mi raccontano di non riuscire ad avere un passaporto siriano, per esempio, e devono rimanere palestinesi anche se non hanno mai messo piede nella West Bank o a Gaza. La loro identità forzata è stata pensata apposta per eternare lo status di rifugiato. I palestinesi sono stati manovrati e sfruttati dalle nazioni arabe, e dai terroristi palestinesi, con l’obiettivo di distruggere Israele.

Quei 22 stati arabi certamente non hanno scarsità di terra. Molte zone nelle vicinanze, come il Sinai, la Giordania, l’Arabia Saudita, hanno un basso tasso di densità di popolazione. Ma assorbendo i palestinesi cesserebbe il loro status di rifugiati e il desiderio di nuocere a Israele. La ricchezza degli arabi, che sta incrementando drasticamente per via del prezzo del greggio che sale alle stelle, non è mai stata usata per migliorare la vita, le infrastrutture, e l’economia della popolazione della West Bank e di Gaza. Invece è servita a finanziare i gruppi terroristici che rifiutano l’esistenza di Israele e si oppongono alla pace.

La gente comune di Gaza ha migliori opportunità di impiego se si unisce ad Hamas. La breccia aperta a gennaio nel posto di controllo tra Egitto e Gaza, orchestrata da Hamas, è il risultato di queste politiche per i rifugiati palestinesi. Il checkpoint sul fronte arabo di Gaza non poteva contenere dei reclusi. Il piano arabo per sovrappopolare Gaza, dunque, è esploso nella direzione sbagliata. Dopo questa esplosione, Suleiman Awwad, uno dei portavoce dell’amministrazione egiziana, ha detto: “l’Egitto è uno stato rispettabile, i suoi confini non possono essere danneggiati e non possiamo tollerare che vengano scagliate delle pietre contro i nostri soldati”. In altre parole l’Egitto non è come Israele, uno stato a cui si può mancare di rispetto. Gli abitanti di Gaza non devono indirizzare la violenza contro l’Egitto ma solo verso Israele. Questo è il giudizio comune nel mondo arabo.

Il mese scorso Hamas ha minacciato di condurre 40.000 palestinesi, principalmente donne e bambini, al confine tra Gaza ed Israele per protestare contro le restrizioni imposte dallo stato ebraico alla Striscia. Alcuni leader di Hamas hanno fatto balenare l’ipotesi che avrebbero spinto i manifestanti verso i valichi, dimostrando ancora una volta che i terroristi palestinesi non hanno alcuno scrupolo nel mettere in pericolo le vite di persone innocenti – israeliane o palestinesi. Fortunatamente solo 5.000 persone si sono fatte vive.

Ma Hamas ha avuto successo nell’uccisione di un israeliano due giorno dopo: un uomo di 47 anni, padre di quattro figli, è morto durante un attacco di razzi provenienti da Gaza mentre stava guidando la sua auto, in prossimità del Sapir College, vicino a Sderot. Due settimane prima, due fratelli israeliani, Osher e Rami Twito, di 8 e 19 anni, sono stati seriamente feriti da un razzo mentre compravano il regalo di compleanno al padre. La gamba sinistra di Osher deve essere amputata.

Israele si è ritirato da Gaza nell’agosto del 2005. Tra maggio e giugno del 2007, Hamas ha ingaggiato una guerra contro i suoi fratelli palestinesi di Fatah per ottenere il controllo della Striscia. Il movimento islamico ha intensificato gli attacchi missilistici contro le città israeliane, obbligando Israele a prendere misure economiche e militari contro Gaza. Hamas è diventato un pericolo non solo per Israele, ma anche per i palestinesi e i paesi arabi vicini. Tuttavia, il mondo arabo ancora si rifiuta di riconoscere quali sono le sue responsabilità nella creazione di questo mostro. E’ difficile trovare situazioni del genere nella Storia umana: la creazione internazionale dello status di rifugiato per un milione e mezzo di persone che dura da 60 anni. Come dire, il mondo arabo si è dato la zappa sui piedi.

Il mondo ha bisogno di capire che questa pericolosa confusione è iniziata quando i 22 paesi arabi si accordarono per creare un campo di prigionia chiamato Striscia di Gaza. Gli arabi proclamano il loro amore verso il popolo palestinese ma sembrano più interessati a sacrificarlo. E’ tempo per il mondo arabo di aprire i suoi confini e integrare gli arabi della West Bank e di Gaza che desiderano vivere altrove. E’ tempo per il mondo arabo di aiutare sinceramente i palestinesi, non di usarli in modo strumentale.


Foto: Wikipedia

I veri palestinesi sono moderati

Tralasciamo il «Morte agli ebrei» su alcune bandiere durante le manifestazioni di Bruxelles, Parigi o Madrid. Tralasciamo il sindacato italiano della Flaica-Cub che in «segno di protesta» contro l'operazione israeliana a Gaza fa un appello — avvenimento senza precedenti in Europa, da tre quarti di secolo — a «non comprare più nulla nei negozi appartenenti a membri della comunità ebraica». Non avrò la crudeltà di insistere sull'asse, a dir poco nauseabondo, che si forma quando la signora Buffet ( dirigente del partito comunista francese, n.d.t.), il signor Besançenot ( dirigente di un nuovo partito anticapitalista N.P.A, n.d.t.) e altri vengono raggiunti in testa di corteo dal faurissoniano ( Robert Faurisson, celebre negazionista, n.d.t.) Dieudonné ( attore comico francese, n.d.t.) o quando il suo degno compare, Jean-Marie Le Pen, si unisce al coro per paragonare la Striscia di Gaza a «un campo di concentramento».

Per un caso, proprio da Ramallah, capitale dell'Autorità palestinese, e poi da Sderot, la città israeliana alla frontiera di Gaza continuo bersaglio del fuoco dei razzi Qassam, scopro le immagini di simili manifestazioni di sostegno alla «causa palestinese». Proprio da questi due luoghi, vedo le folle di europei urlanti, vociferanti e scatenati: le immagini scorrono mentre sono in compagnia di persone la cui sola preoccupazione resta, malgrado le bombe, le sofferenze e i morti, quella di non perdere mai il filo della convivenza e del dialogo. Voglio dunque aggiungere alcune riflessioni a quelle già fatte nei giorni scorsi e che hanno dato vita, da parte degli internauti di Point, a una enorme serie di reazioni. Primo.

Che sollievo vedere i palestinesi veri, reali, anziché quelli immaginari che, in Francia, pensano di fare la resistenza prendendo di mira le sinagoghe! I primi, lo ripeto, si impongono di essere moderati e con ammirevole sangue freddo si sforzano di mantenere le chance della convivenza di domani; i secondi sono rabbiosi, più radicali dei radicali, pronti alla violenza, nelle strade di tutta Europa, fino all'ultima goccia di sangue dell'ultimo palestinese. I primi considerano e riflettono, sanno che niente in questa storia è tutto nero o tutto bianco, e conoscono la schiacciante responsabilità di Hamas nel disastro in cui sta precipitando il loro popolo. I secondi, come se la confusione non fosse già abbastanza, si bevono di gusto le enormi panzane della propaganda anti-israeliana e fanno dei teorici dell'attentato suicida e dello scudo umano, dei nuovi Che Guevara, di cui sfoggiano emblemi e simboli: anziché infondere calma, mettono in scena la politica del peggio, infiammando gli animi.

Secondo. Quale regressione, quale azzeramento del pensiero e dell'azione, da parte di costoro, che da lontano, ignorando i contorni del dramma, fomentano odio, quando invece si dovrebbe fare di tutto per andare nel senso della pace e della riconciliazione! La pace vuole due Stati che accettino di vivere l'uno accanto all'altro, e che comincino a dividersi la terra; la pace vuole, da entrambe le parti, la rinuncia all'estremismo, a posizioni radicali, ai luoghi comuni, e perfino ai sogni. La pace implica, per esempio, che Israele si ritiri dalla Cisgiordania così come si è ritirata dal Libano e da Gaza, ma implica l'esistenza di una parte palestinese che non tragga vantaggio dalla ritirata per trasformare, ogni volta, il territorio evacuato in una base per il lancio di missili sui civili. La pace deve passare per il cessate il fuoco, per la fine della guerra che sta facendo un insostenibile numero di vittime, soprattutto tra i bambini. Ma questa pace passa anche attraverso l'eliminazione politica di Hamas, cui poco o nulla importa delle vittime, e della pace — e che, non essendo stata capace di imporre la sharia al suo popolo, lo trascina sulla via del «martirio» e dell'inferno.

Terzo. Sono a Ramallah, dunque. A Sderot e a Ramallah. E vedendo da Sderot e da Ramallah questa mobilitazione contro un «olocausto», che nel momento in cui scrivo è di 888 morti, mi faccio una semplice domanda. Dov'erano i manifestanti quando si trattava di salvare, non gli 888, ma i 300.000 morti dei massacri programmati del Darfur? Perché non si sono visti nelle strade quando Putin radeva al suolo Grozny e trasformava decine di migliaia di ceceni in tiro al bersaglio? Perché hanno taciuto quando, tempo prima, e per anni, e stavolta nel cuore stesso dell'Europa, sono stati sterminati 200.000 bosniaci, il cui solo crimine era quello di essere nati musulmani? Per alcuni, i musulmani sono buoni solo quando sono in guerra con Israele. Meglio ancora: ecco i nuovi seguaci dell'antico «due pesi, due misure » che si preoccupano della sofferenza di un musulmano solo quando possono attribuirne la colpa agli ebrei. L'autore di questo articolo ha manifestato, in prima fila, per il Darfur, per la Cecenia e per la Bosnia. Si batte, da 40 anni, per un valido stato palestinese accanto a quello di Israele. Mi si permetterà di considerare questo doppio atteggiamento ripugnante e frivolo.

Bernard-Henri Lévy
14 gennaio 2009

Fonte: Il Corriere della Sera online

martedì, gennaio 13, 2009

Achtung: Juden!

Boicottare. Mettere all'indice. Israele. Sempre e comunque. Perché? Boh. Non ricordo. Ma un motivo ci sarà.
Parola del signor Silvano Leso, arzillo nazicomunista pensionato sessantenne, curatore del sito di un gruppuscolo di cattocomunisti piemontesi e molto arrabbiati contro Berlusconi, il capitalismo, gli USA ed, ovviamente, gli ebrei. E' lui, assieme ai suoi "kompagni" di lotta e di preghiera, che diffonde le Liste come un novello Schinlder ma al contrario; è lui che muove i primi passi per una nuova notte dei cristalli; è lui che fornisce i primi secchi di vernice gialla con la quale marchiare gli ebrei, cosa che a Roma è stata presa sul serio da un altro nazisindacato di base, la settimana scorsa.
Ma non ricorda perché lo fa. "Sarà stato per qualcosa di grave", dice "ma ora non ricordo". Ed in fondo, chissenefrega: se c'è da dargliele agli eBBrei, che forse c'è bisogno di un motivo?

lunedì, gennaio 12, 2009

La bugia della centralità del conflitto israelo-palestinese

Un sempre impagabile Fausto Carioti sui falsi ragionamenti e sui luoghi comuni.

sabato, gennaio 10, 2009

Gradimento

E pensare che stiamo parlando dei lettori del quotidiano più paraculo (dopo Repubblica) nei confronti del Pd e di Veltroni:

Quando si dice il gradimento della base.

mercoledì, gennaio 07, 2009

Occhi aperti, mente aperta

Dopo Panebianco, ora Pierluigi Battista, sempre sul Corriere: che ventata di onestà intellettuale nel buio dell'allineamento globale delle menti!

lunedì, gennaio 05, 2009

D'Alema Quiz

  1. Domanda: se la reazione di Israele è sproporzionata, quale sarebbe una reazione proporzionata?
    Risposta: _____________________________
  2. Domanda: se non è nell'interesse di Israele far la guerra ad Hamas, cos'è nell'interesse di Israele?
    Risposta: _____________________________
Vediamo cosa scrive qui sopra l'insigne statista col baffetto.

Sorpresa: in inverno fa freddo

Ci sono pool interi di insigni scienziati che si lambiccano il cervello attorno a quello che sembra essere l'enigma del momento: l'inverno fa freddo. Incredibile, ma vero.

venerdì, gennaio 02, 2009

Travaglio è nudo

Tutto da gustare un immenso Angelo Panebianco sul Corriere del 31 dicembre. Se ci fosse modo di diffondere certe verità con la stessa semplicità con la quale certe storture vengono propinate, l'Italia comincerebbe ad essere veramente un posto migliore. E gente come Travaglio avrebbe più tempo da dedicare alla pesca con la mosca, con guadagno universale.

mercoledì, dicembre 31, 2008

Punture di spillo

Quando la superficialità (per non dire colpevole parzialità) fa disinformazione. Questo articolo di Guido Olimpo, apparso sul Corriere.it di oggi, ha una doppia faccia: da un lato, descrive abbastanza bene ed esaurientemente la natura di alcune delle principali armi offensive, assieme ai "kamikaze", utilizzate da Hamas contro Israele, i razzi Qassam: la loro natura "artigianale" (sarebbe più corretto dire "primitiva"), il loro basso costo, la loro provenienza araba ed iraniana, l'impressionante numero di unità sparate contro il territorio israeliano (più di settemila, con un trend in fortissimo aumento negli ultimi mesi), il modo col quale vengono contrabbandati nella Striscia di Gaza utilizzando i tunnel sotterranei (più volte erroneamente indicati dai media come utilizzati per far passare cibo e medicinali aggirando l'embargo israeliano); dall'altro, però, descrive una realtà inesistente quando identifica nell'IDF, l'esercito israeliano, l'obiettivo di tali ordigni, argomentando che i Qassam equivalgono a "punture di spillo" per le possenti forze armate con la Stella di David.
La natura primitiva dei razzi e quella disumana di chi li lancia formano una combinazione micidiale di terrore scagliato non già sull'esercito, ma sulle popolazioni civili: i Qassam vengono sparati alla cieca con l'intento di fare più vittime civili possibile, e laddove falliscano (fortunatamente molto spesso), con quello di ingenerare il terrore nelle popolazioni fiaccandone la resistenza morale, con un "occhio di riguardo" ovviamente agli arabi d'Israele. Non è un caso se le scuole di tutto il sud di Israele siano allestite in bunker sotterranei.
Non è proponibile un parallelo con le azioni militari israeliane, portate a termine con armi di precisione e con l'unico obiettivo di annientare i capi militari e le infrastrutture nemiche; e nelle quali ogni vittima civile "collaterale" è un'arma di propaganda fortissima nelle mani dello stesso Hamas nei confronti delle opinioni pubbliche occidentali, sempre pronte a vedere in Israele un nuovo Terzo Reich.
E le vittime civili, da parte palestinese, purtroppo sono estremamente probabili: non perché gli israeliani le cerchino (come fanno invece i loro nemici), ma perché i guerriglieri di Hamas usano nascondersi tra le abitazioni ed utilizzare i civili come scudi umani, sapendo di trovarsi in una condizione di sostanziale win-win: se muoiono, sono "martiri" e hanno - così credono - schiere di vergini ad attenderli in paradiso; se al posto loro muoiono quegli stessi civili che li hanno "eletti democraticamente" col beneplacito dei D'Alema di tutto il mondo, meglio ancora: un bambino morto per mano israeliana ed una madre urlante in prima pagina sono meglio di qualsiasi impreciso Qassam.
Ci pensino, i giornalisti come Guido Olimpo: ogni vergata di penna sull'argomento che prescinda dal descrivere cosa accade in quella martoriata terra con onestà intellettuale e completezza imparziale, ad esempio cercando di far passare il messaggio che settemila Qassam piovuti sugli abitati israeliani in fondo non sono altro che una manciata di innocui tubi di ferro con qualche mortaretto infilato dentro rimbalzati sulle corazze dei tank, favorisce unicamente Hamas e contribuisce alla distruzione sistematica del popolo palestinese, molto più di qualsiasi effetto collaterale israeliano.

[Immagine: Espresso Blog]

martedì, dicembre 16, 2008

lunedì, dicembre 15, 2008

Di Pietro defenestra Veltroni

Non è ancora terminato lo spoglio delle elezioni regionali in Abruzzo (una catastrofe per il Pd) e Di Pietro, dallo studio di "Porta a Porta", ha appena dichiarato:

"Io, qui ed ora, mi candido per la costruzione di un soggetto riformista, non giustizialista, che si proponga come alternativa al conservatorismo del Governo in carica"
Bene, le carte sono in tavola ed i giochi sono fatti: ora la parola passa a D'Alema.

UPDATE del 16/12, ore 03:22
Con pochissime sezioni rimaste da scrutinare (appena 97), il Pd in picchiata ha sfondato anche la soglia psicologica del 20%, attestandosi al 19,93%. E con l'arresto del sindaco di Pescara nonché coordinatore regionale del Pd, avvenuto a seggi ancora caldi, il successo di Di Pietro, pur nella sconfitta, è completo. A Veltroni non resta che dimettersi.

(Foto: da Repubblica.it)

venerdì, dicembre 12, 2008

Riforma della scuola, ma quale marcia indietro!

Dopo la riunione tra governo e sigle sindacali durante la quale sono state definite alcune delle modalità di attuazione dei provvedimenti Gelmini su scuola ed università, è tutto un fiorire di sgomente e scomposte reazioni nei sostenitori del Governo e, contemporaneamente, di altrettanto scomposte manifestazioni di giubilo nelle scassate fila del Pd: tutti a cianciare di una "marcia indietro" del Governo sul "maestro unico".

Cosa è successo? E' successo che questa sera si è definito il modo col quale le classi da 24 ore andranno, dal prossimo anno scolastico, ad affiancare le altre soluzioni (tempo pieno compreso): ed il metodo scelto è lo stesso già in essere, quello della richiesta da parte dell'utenza, cioè dei genitori. Se c'è sufficiente richiesta di classi da 24 ore, queste verranno istituite plesso per plesso, così come già avviene da anni per il tempo pieno o per il modulo.
Dov'è lo scandalo? Dov'è la marcia indietro? Ovviamente da nessuna parte. Che le classi a "maestro prevalente" avrebbero affiancato (e non sostituito) le altre soluzioni lo si sapeva da mesi: anzi, all'epoca gli strépiti si levarono perché qualcuno s'inventò che il Babau Unico, oltre a lasciare in mezzo alla strada decine di migliaia di statali (qualcuno giurò fossero tre milioni...), avrebbe decretato la fine del tempo pieno. Chiaramente nessuno, finora, s'è mai preso la briga di chiedersi quale sarebbe stato il criterio di affiancamento. Fifty-fifty? Si tira una monetina? Se esce testa è modulo, se croce è maestro unico?
Qui l'unico vero scandalo è un sistema di media prono nei confronti del dissenso contro questo Governo, sia quando è motivato sia quando - come in questo caso - non lo è; un sistema per il quale strillare in prima pagina falsità come questa evidentemente paga.
Ed il fatto che molti commentatori di centrodestra e di destra - quindi tendenzialmente lontani dalle posizioni del Corriere e di Repubblica - ci siano cascati con tutte le scarpe (assieme perfino al quotidiano più berlusconiano che c'è) dopo solo pochi minuti, fa capire quanto paghi.

***AGGIORNAMENTO del 12/12 ore 11:00***

A dodici ore di distanza dall'inizio della schifosa campagna di disinformazione dei principali quotidiani online, è ormai una marea: decine di blogger di area liberale e di centrodestra hanno spento il cervello ed hanno abdicato alla causa veltroniana. E' un massacro.
Tra le poche SCHIENE DRITTE, DestraLab, Lo Sbigottito Quotidiano e Max Bruschi. Onore al merito.

sabato, novembre 08, 2008

Siamo tutti antirazzisti

Due perle imperdibili, per chi s'è fatto impressionare dalle parole razziste di Berlusconi su Obama abbronzato.

La prima perla.






La seconda.

"Io..., noi..., voi tutti... beh, tutti insieme abbiamo creduto nella vittoria di quest'uomo nero"
(Walter Veltroni)

Un grazie al mitico Aribandus di Sul Terrorismo.

mercoledì, novembre 05, 2008

Potevano, l'hanno fatto

Il martellante (e pateticamente scopiazzato) slogan "yes, we can!" è diventato "yes, we did it!", "si, l'abbiamo fatto!". Barack Hussein Obama ha stravinto le elezioni ed è diventato il primo presidente nero nella storia degli Stati Uniti, completando di fatto il percorso iniziato secoli fa dal repubblicano Abramo Lincoln e affrancando definitivamente i democrats dalla loro storia grondante sangue di schiavi.

Tutto bene, dunque? No. NO. L'unica cosa positiva è che Obama ha stravinto: una vittoria di misura sarebbe stata drammatica. Ma al di là di questo, è il buio più totale: le incognite sull'adeguatezza del personaggio al ruolo incredibilmente gravoso cui è stato destinato permangono tutte e, anzi, si acuiscono con lo scemare della musica rap e dei fuochi d'artificio che hanno illuminato la scorsa notte.
Il "change" professato in tutti questi mesi (anni) durerà molto di più: a meno che Obama non si circondi fin da subito di un certo numero di collaboratori repubblicani nel segno della continuità istituzionale (cosa che, peraltro, aveva promesso più volte), questa sorta di "interregno" dovuto alla necessità di sostituire praticamente tutti gli apparati di potere americani è destinata a durare, e come tutti gli interregni sarà un periodo di alta instabilità geopolitica, in cui tutti i galli faranno a gara a chi starnazza più forte. E non è che il mondo difetti di galli, ultimamente. Non sommiamoci poi sopra la crisi economica, che da grande alleata ora è la grande sfida del neo presidente e dei democrats.
L'impressione è che Obama sia troppo piccolo per il futuro che lo aspetta: vedremo se l'impressione si rivelerà sbagliata, ed il Cielo lo voglia. Vedremo se sotto lo strato di lustrini e ottima retorica c'è la stoffa di un leader con gli attributi. Il Cielo lo voglia.

Registriamo, intanto, e a malincuore, le scomposte reazioni nei tradizionali luoghi della politica da bar, Italia in testa. Da una parte, il prevedibile, povero, triste e patetico Veltroni che ci ricorda come il vento, già cambiato al di là dell'Atlantico, sta per cambiare anche al di qua (sic!); dall'altra, Beppe Grillo e Travaglio in piena estasi da "l'avevo detto io!" (ovviamente oggi), e giù con i vari Testa d'Asfalto & C.; Berlusconi che non aspetta neanche tre secondi dal concedes di McCain per ricordarci che è molto spiritoso e che, da bravo nonnetto settantaduenne, ha due o tre cosine da insegnare allo sbarbatello dell'Illinois (cosa, peraltro, molto probabilmente vera, ma un "buon lavoro Presidente!" era sufficiente); ci manca solo Franceschini che rivendica il ruolo del Pd nel trionfo dei neri d'America, e siamo a posto.

martedì, novembre 04, 2008

Go, Old Mac, GO!


In queste ore, nelle quali anche uomini della destra italiana cedono al politicamente corretto, alle pulsioni modaiole, al qualunquismo e si accomunano alla sinistra tutta nell'osannare l'inutile Barack Obama, qui si vuol gridare alto e forte che no: non è lui il "change", non è lui il futuro. L'America è il mondo, il presidente americano è il presidente del mondo, quindi anche il mio: go, Old Mac, GO!