Dico, il grande boomerang
In vista del voto di fiducia al Senato previsto per questa sera, lo scenario che si va delineando nelle ultime ore vede la questione "Dico" tornare prepotentemente in primo piano.
C'è la concreta possibilità che sia proprio il controverso disegno di legge sulle unioni di fatto l'anello debole della già fragile catena che tiene in piedi il governo Prodi dopo lo scivolone al Senato sulla politica estera.
Prodi ha scelto di lasciare fuori i Dico sia dai dodici punti programmatici presentati all'indomani della crisi, sia dal discorso col quale si è ripresentato al Senato ieri per chiedere la fiducia. Diversi esponenti del governo e della maggioranza hanno dichiarato che i Dico sono, ormai, "materia da parlamento", e non più di competenza del governo.
Tale decisione, però, rischia ora di rivelarsi un boomerang: se sulle altre questioni scottanti (Afghanistan in primis) i leader del centrosinistra ed i membri del governo si sono allineati obtorto collo, sui Dico pare farsi strada la convinzione che è possibile dichiarare tutto ed il contrario di tutto. E questo, nelle ore calde che precedono il voto di fiducia, non è un bene per Prodi.
Tale "dimenticanza" (fatta coscientemente per non vanificare l'apertura al centro che è stata l'architrave del dopo-crisi), e il chiacchiericcio che ne consegue, rischiano ora di indispettire proprio quei senatori-chiave che si trovano dalle parti di Andreotti e, forse, ma per ragioni opposte, quelli che gravitano attorno alla sinistra radicale. Per non parlare di Mastella.
Prodi ora ha davanti una rosa molto ristretta di scelte: la prima (e più logica) è quella di fare una dichiarazione sui Dico nel corso della replica prima della votazione, ma dovrà stare molto, molto attento a quel che eventualmente dirà. La coperta è sempre più corta.
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