lunedì, agosto 27, 2007

Zero, ovvero il complottismo colto

Ci risiamo, puntuale come la dichiarazione dei redditi ritorna l'orda complottista al suo meglio, stavolta sotto forma di "panel" mondiale di autorevoli capoccioni che, una volta di più, si sperticano in acrobazie mentali per cercare di dimostrare l'indimostrabile.
Certo, cambiano gli adepti, cambiano i blasoni ed i doppi e tripli cognomi, ma il vertice rimane sempre quello: Giulietto Chiesa. E, a ben vedere, non cambiano le modalità di propagazione di questa infezione: la stampa allineata e acefala.
Stamattina è stato il Corriere della Sera, per mezzo dei suo sito Internet, a farmi tornare indietro di qualche anno: questo articolo-spot, incominciando con un "Dunque, ecco la verità" e sapientemente messo nella sezione "Esteri" e non "Spettacoli e Cultura", ci delizia con la buona novella della nascita di "Zero", polpettone complottista scritto a duecento mani dalla crema dell'intellighenzia mondiale, economisti, sacerdoti, scrittori, filosofi, giornalisti e cuochi. Tutti concordi nell'individuare Bush (o giù di lì) il vero responsabile degli attacchi dell'11 Settembre; ma non perché - come un lettore superficiale ed ingenuo potrebbe presupporre - con la sua politica imperialista avrebbe ridotto alla disperazione i 19 kamikaze, ma perché le torri Bush se l'è proprio tirate giù da solo. Con l'aiuto degli ebrei, ovviamente.

sabato, agosto 18, 2007

La Sindrome "B"

Povera Maria Laura Rodotà. Si potrebbe pensare ad una crisi da noia estiva, oppure ad un vuoto di ispirazione, ma no: la Nostra non è nuova a scenate del genere, ed oggi ha dato tutto il suo peggio.
Quante energie sprecate. Invece di preoccuparsi di un governucolo piccolo e dannoso, che sta portando l'Italia oltre il bordo del baratro (e lo fa sheeeeeeeeeeeriameeeente), la Rodotà si preoccupa - e pare preoccuparsi molto - della bigiotteria maschile "rubata" anch'essa, come già fu per "forza Italia!" e per le bandane, dal Nano Malefico.
Per lei va bene tutto, va bene un Caruso che sputa sui morti, va bene un Amato che si cala le mutande davanti al primo Imam terrorista, va bene Vischioppa che ci porta sul lastrico, va bene - anzi benissimo! - Veltroni-uomo-nuovo-4-stagioni (che come governa Roma è una favola!), va bene tutto. Ma la cordina con lo smeraldo no, quella proprio NO! NO!!

UPDATE: Forse voleva anche i capelli rossi.

martedì, maggio 08, 2007

Vorremmo essere tutti francesi

Che invidia. Il breve discorso che Nicolas Sarkozy ha pronunciato pochi minuti dopo la sua bellissima vittoria nella corsa all'Eliseo ha scaldato e riacceso gli animi. Certamente il mio, e spero vivamente quello di tutti i miei concittadini come me impantanati in questa piccola, patetica, triste italietta tutta conflitto di interessi, coordinatori e scissioni.
Che invidia. Sentire un leader parlare di diritti dopo i doveri, di sicurezza, di orgoglio nazionale, di rispetto e libertà, di aiuto reciproco e di responsabilità, di pacchia finita per i mangiapane a tradimento... e non doversi vergognare, giustificare, scusare per l'aver goduto di un discorso subito messo all'indice come nazifscista dai soliti farisei, se fosse successo in Italia.
Che invidia. Vedere le facce della gente felice, con gli occhi pieni di gioia e speranza, con davanti una strada nuova, col '68 ed i suoi rottami ideologici finalmente sulla via del cesso, col politicamente corretto frantumato dal coraggio delle parole, con l'Europa finalmente messa a nudo per quel covo di mollicci burocrati succhiasangue buoni solo a determinare la dimensione giusta per le banane, e forse manco per quello.
Che invidia. Noi qui a straziarci di tesoretto, emergenze preventive, fusioni fredde, scissioni calde, leadership e coordinatori, centri e non c'entri, conflitti di interesse e bancarelle rovesciate, Cogne e Telecom-che-no-agli-yanlees-ma-si-a-zapatero, Enzo Biagi e Beppe Grillo.
Siamo vent'anni indietro; se non altro, quelli di età che passano tra uno come Sarko ed il reparto geriatrico che ci portiamo appresso da sessant'anni a questa parte.
Che invidia. Vorrei essere francese, oggi.

venerdì, aprile 20, 2007

Meglio del Viagra

Oggi Paolo Mieli, direttore del Corriere della Sera, ha avuto un orgasmo. Multiplo. Tutti gli altri, invece, si dormiva.
Solo la presentazione del simbolo ci scuoterà dal sonno, ma sarà una breve interruzione.
Povero, povero Fassino.

mercoledì, marzo 28, 2007

Astensione e caduta

Leggo nella blogosfera di area centrodestra e liberale un certo senso di confusione e scoramento dopo il voto di ieri al Senato. In particolare, si accusa Berlusconi (e Fini e Bossi) di aver "sbagliato", di aver fatto "autogol", di aver "rafforzato Prodi". Beh, questo lo dice Prodi, attenzione a non credere alla sirena.
Le motivazioni a sostegno dell'astensione erano e rimangono valide: il decreto licenziato ieri sera dal Senato non aiuta i nostri militari, anzi li espone a rischi enormi soprattutto in Afghanistan, in quanto lascia sostanzialmente le cose come stavano (non sarà un Predator ed un C130 in più a far la differenza, né lo faranno le promesse di "sentire i comandanti") a fronte di una recrudescenza del teatro di guerra. E non potrebbe essere altrimenti, dal momento che il decreto medesimo non è altro che il risultato di un certosino lavoro di bilancino politico tutto teso a non scontentare i comunisti ed i verdi domestici, possibilmente senza farsi mettere troppo all'indice dagli ormai iper-sospettosi alleati europei e, se avanza qualcosa, d'oltreoceano/manica. E la dimostrazione di ciò è stata la bocciatura dell'OdG che chiedeva l'ovvio: che "in tempi brevi, ai nostri militari venissero messi a disposizione veicoli di massima blindatura, elicotteri, postazioni per attivare la reazione immediata in caso di attacco, eliminando così quanto più possibile il rischio della vita dei soldati".
Con tutto ciò ben presente, l'astensione è stata un chiaro segnale di protesta contro questo governo e la sua non-politica estera, a favore dei nostri militari e non contro di loro.

Poi, voltiamo pagina, e veniamo alla questione di far cadere Prodi quanto prima. Nella seduta di ieri, le speranze in merito erano tutte accentrate sul balletto degli ordini del giorno (che, come le mozioni, sono una vera e propria trappola politica per una maggioranza risicata e rissosa - ne sa qualcosa Prodi che vi è caduto sopra il mercoledì delle Ceneri), e si è cercato il bis. In aggiunta, la quasi matematica certezza che il "quorum politico" di 158 voti non sarebbe stato raggiunto dalla maggioranza induceva a perseguire la strada del "trappolone" per tentare di unire astensione e caduta in un'unica mossa combinata e letale. La tattica non ha avuto successo e Prodi è uscito indenne dal pantano degli OdG. Il voto successivo, grazie al palese e noto sostegno da parte dell'UDC, è stato una (quasi) passeggiata.
Quasi, perché i fatidici 158 voti non ci sono stati. Ora, si attendono le decisioni dell'UDC e della CdL - li cito volutamente separati in queto modo, prendiamone atto - per vedere se si terrà fede a quanto annunciato ieri e se si salirà al Quirinale per chiedere le dimissioni di Prodi. Atto puramente formale e "dovuto", dal momento che Napolitano si guarderà bene dall'accogliere una simile richiesta, per quanto legittima.

Occhio, quindi: non ci si pianga addosso per colpe che non esistono e non si confonda il decreto con gli OdG, l'astensione con l'auspicata caduta di Prodi. Non si pratichi lo sport della banderuola agitata, nel quale tanto bravi sono i nostri avversari politici, che un giorno gridano una cosa ed il giorno dopo, come se nulla fosse, gridano l'opposto. Si lasci a loro questo ridicolo comportamento.
Noi guardiamo avanti e traiamo il buono dagli eventi: probabilmente ci leviamo di torno "i casini" dell'UDC (la vera "svolta politica" di cui va parlando Prodi) e la CdL ha finalmente ascoltato come un solo uomo la sua base ed il suo grido. Altro che sconfitta.

martedì, marzo 27, 2007

Il decreto passa, Prodi no

Il Senato ha approvato la conversione in legge del decreto sul rifinanziamento delle missioni all'estero: 155 voti dell'Unione, 20 dell'UDC, 4 dei senatori a vita ed uno di un senatore di Forza Italia "impazzito".
La maggioranza politica richiesta era di 158, mancano tre voti. Domani, pellegrinaggio al Quirinale e situazione estremamente fluida.

venerdì, marzo 23, 2007

Non diamo dell'ingenuo a D'Alema

Altro che ingenuo: arrogante e superficiale, ma non certo ingenuo. Il comportamento del governo italiano, non dimentichiamolo, al di là dei proclami pro-Mastrogiacomo e pro-vite umane, è in realtà dettato dalle condizioni della politica interna all'Unione. L'eventuale morte di Mastrogiacomo sarebbe stata subito devastante per la tenuta del governo e della maggioranza, ogni mezzo era lecito per tirarlo via da là. Per di più, non si poteva essere certo da meno di Berlusconi, che di ostaggi ne aveva tirati fuori già un bel po'. Ma serviva un punto di rottura, una discontinuità, come nella migliore tradizione.

La quasi infantile soddisfazione di Bertinotti, come è evidente, è stata la più chiara conferma di questo fatto: la vicenda si è risolta, e si è risolta nel modo gradito alla sinistra radicale (niente USA, niente militari - ministri della Difesa compresi, niente intelligence, centralità delle ONG, sostegno ai terroristi, depistaggio e disinformazione, appoggio e sfruttamento della stampa amica, mobilitazione delle piazze e dei consueti vivai di utili idioti della politica, dello sport e dello spettacolo, e tutto il repertorio canonico che ben conosciamo). Il voto al Senato incombe ed occupa l'intero campo visivo di Prodi e kompagni assortiti, del resto: meglio sobbarcarsi i mugugni di Rutelli e Mastella (e del resto del mondo civilizzato), che inimicarsi i comunisti ed i verdi domestici.
La strada era già tracciata, dunque: mentire con tutti (a cominciare dagli USA, ma forse anche con l'Afghanistan stesso e Dio solo sa con chi altro), tirare a campare finché Strada non avesse fatto le sue cose e solo poi mettere in campo tutte le arti acrobatico-labiali per negare l'evidenza; cosa che, come si vede, D'Alema riesce a fare benissimo. Come sempre.

Altro che ingenuità: quest'operazione è stata un capolavoro nel suo genere. Peccato che il mondo sia un altro; ma questo a loro non importa.

giovedì, marzo 22, 2007

Orgoglioni

C'era da aspettarselo. I veri protagonisti della vicenda Mastrogiacomo, gli esponenti della sinistra radicale italiana, sono finalmente venuti allo scoperto: questa mattina Fausto Bertinotti, Presidente della Camera dei Deputati, ha dichiarato apertamente ciò che tutti sapevamo:

Penso che ci sia una legittima rivendicazione di orgoglio nazionale nelle cose che sono state fatte. [...] E' stata fatta la trattativa come si doveva, utilizzando tutte le forze ufficiali e informali dentro un progetto guidato dal governo. Penso che possiamo dirci orgogliosi di questa operazione.
Bene, bravo, bis. Voglio chiedere al Presidente Bertinotti (uso le maiuscole per rispetto alle istituzioni) a chi si riferisca con quel "possiamo". Non certo al sottoscritto.
Orgogliosi di aver liberato cinque criminali talebani di primo livello? Orgogliosi di aver infranto la regola, non scritta ma da tutti finora accettata, che con i terroristi non si tratta e, soprattutto, non si scambiano prigionieri? Orgogliosi di aver gioìto in mondovisione con le braccia al cielo, mentre la testa di Sayed Agha ancora rotolava? Orgogliosi di aver esposto il nostro Paese al pubblico ludibrio, parìa sul delicato scacchiere internazionale della guerra al terrorismo fondamentalista? Orgogliosi di aver indicato chiaramente ai terroristi come fare per ottenere un facile ed immediato risultato? Orgogliosi di aver finalmente esposto completamente i nostri soldati ai capricci del primo capotribù con la luna storta? E, soprattutto, orgogliosi di rivendicare il ruolo del governo nell'ordire tutto ciò?
No, caro Presidente. Si sciacqui la bocca, prima di parlare di orgoglio nazionale. Non siamo orgogliosi. Non dovete essere orgogliosi. Siete e ci fate sentire ORGOGLIONI.

martedì, marzo 20, 2007

Ed ora, a casa

E' un fatto che se la sono cantata e se la sono suonata, dal principio fino all'ultimo istante. Tanto di cappello a Strada ed alla sua organizzazione, se riesce a risolvere situazioni come questa lasciando fuori governi, servizi segreti ed eserciti (il suo "fuori dai coglioni Sismi e Ros" ha fatto il giro del mondo); di certo c'è che l'Italia che sta appena fuori Emergency ha fatto una figura pessima, in questa storia.
Tatticamente, perché per la prima volta ha spiattellato ai quattro venti il prezzo pagato per riavere indietro l'ostaggio, e questo non si fa. Politicamente, perché era evidente fin da primo istante come il governo ed i ministeri coinvolti non avessero mai avuto sotto controllo la situazione, nonostante le compulsive esternazioni di Prodi e D'Alema. Diplomaticamente, perché ora D'Alema si presenta dalla Rice portando in dote un comportamento che più anti-coalizione non si può, ed ha speranze ora veramente nulle di essere anche solo preso in considerazione con la sua patetica conferenza di pace.
Una volta di più il gioco a voler fare l'amico equivicino è rovinato in farsa, una volta di più i nostri soldati ed il nostro personale civile verranno esposti ai capricci di questo o quel capo tribù; che ora, più che mai, sa benissimo dov'è l'albero della cuccagna.
Stavolta lo dico io: in queste condizioni, con questo governo, a casa, e subito. Lasciamo là Emergency (che tanto ci stava già prima) ed i Mastrogiacomo col turbante, ma tiriamo via subito tutti gli altri. Che d'ora in poi tirerà una pessima aria, da quelle parti.

lunedì, marzo 19, 2007

Cinque al prezzo di uno

Daniele Mastrogiacomo è libero. Cinque detenuti talebani sono liberi.
Ora, Mastrogiacomo tornerà a fare servizi giornalistici dalle zone "calde" del Pianeta, i cinque talebani con tutta probabilità sono quelli che contribuiranno a renderle tali.
E la barca va.....

Governo chiacchierone

La vicenda del rapimento di Daniele Mastrogiacomo sta mettendo a nudo, vieppiù ogni giorno che passa, la confusione ed il pressapochismo dell'attuale governo italiano. Voci, passaparola, conferme e smentite, mezze parole.
Con Prodi che ci tiene a mostrarsi "al lavoro", salvo poi dire che c'è poco da fare e lasciare campo libero a Gino Strada e compagni; con Fassino che, con un occhio al 15% raggiunto dal suo partito e l'altro occhio supplichevole diretto a sinistra, propone assurde conferenze di pace con i talebani; con i servizi segreti decapitati e sputtanati di fronte al mondo; con i media imbavagliati che da quattordici giorni forniscono copertura H-24 sul nulla assoluto, salvo rimbalzare quanto c'è di falso, non confermato o mera "speranza".
Sembrano lontani milioni di anni i tempi del rapimento della Sgrena o di Quattrocchi e compagni, i tempi del Sismi e dell'intelligence: ora siamo nell'era dei rapimenti soap-opera, dove i rapitori sono gli interlocutori parificati da soddisfare ad ogni costo. E sotto i riflettori.
Meglio, forse, quando si pagava sotto banco e via.

mercoledì, marzo 07, 2007

Aborto e vita

Senza alcuna velleità nel voler esaurire un argomento così complesso e controverso in due righe, la storia raccontata dai giornali di oggi mi pone di fronte ad una domanda dalla quale non si scappa.
Me la pongo dopo aver riportato uno stralcio dell'articolo:

La legge 194 prevede che l'interruzione volontaria di gravidanza dopo i 90 giorni possa essere praticata se c'è un grave pericolo per la vita della donna oppure se sono stati accertati processi patologici "tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna". È ovviamente un medico a dover certificare l'esistenza di questi problemi. Cosa avvenuta nel caso della donna fiorentina. Ma la legge dice anche che "quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 (cioè se c'è il grave pericolo per la donna, ndr) e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto". È ciò che è successo a Firenze. Chi era in sala per fare l'interruzione di gravidanza ha visto che il feto era vivo, il cuore continuava a battere. Così ha chiamato un pediatra della terapia intensiva neonatale che ha rianimato il bambino. Il piccolo pesa 500 grammi ed ora è ricoverato al Meyer (a Careggi non c'era posto) dove disperano di salvarlo. Le sonde che sono state messe nel suo organismo hanno rivelato che non c'è alcuna atresia dell'esofago.
Al di là dell'errore di diagnosi (comprensibile e scusabile), quello che non si capisce è: ma 'sto feto è "vivo" o no? Perché se non lo è, che deve "salvaguardare" il medico? E se invece lo è, perché lo si uccide? Come mai un attimo prima di essere tirato fuori dall'utero è un feto passibile di aborto e un attimo dopo è un "bimbo" (come scritto nell'articolo) la cui vita è da "salvaguardare con ogni misura"?

C'è qualcosa che non torna.

**UPDATE**
Non ce l'ha fatta. Il feto/bimbo (si decidessero) è morto (anche qua si decidessero) per complicanze cardiocircolatorie.

sabato, marzo 03, 2007

Bullismo? Non fateci ridere.

Non passa giorno che i media non ci sottopongano un nuovo "caso" di bullismo nelle scuole, e tutti a stracciarsi le vesti per una società non a misura di giovane, contro i videogiochi, contro chissà quale altra chimera.
Poi, si scopre che un preside di Bari viene spedito all'ospedale non dagli alunni ribelli, ma dai loro genitori. La causa? Valla a sapere, non si può dar credito ai giornali. Fatto sta che, qualche giorno fa, pare che lo stesso preside sia stato oggetto di minacce ed insulti per aver osato sequestrare i cellulari ad alcuni alunni per consentire lo svolgimento di una lezione.
Ora, dov'è il problema del "bullismo"? Nella "società"?

mercoledì, febbraio 28, 2007

Dico, il grande boomerang

In vista del voto di fiducia al Senato previsto per questa sera, lo scenario che si va delineando nelle ultime ore vede la questione "Dico" tornare prepotentemente in primo piano.
C'è la concreta possibilità che sia proprio il controverso disegno di legge sulle unioni di fatto l'anello debole della già fragile catena che tiene in piedi il governo Prodi dopo lo scivolone al Senato sulla politica estera.
Prodi ha scelto di lasciare fuori i Dico sia dai dodici punti programmatici presentati all'indomani della crisi, sia dal discorso col quale si è ripresentato al Senato ieri per chiedere la fiducia. Diversi esponenti del governo e della maggioranza hanno dichiarato che i Dico sono, ormai, "materia da parlamento", e non più di competenza del governo.
Tale decisione, però, rischia ora di rivelarsi un boomerang: se sulle altre questioni scottanti (Afghanistan in primis) i leader del centrosinistra ed i membri del governo si sono allineati obtorto collo, sui Dico pare farsi strada la convinzione che è possibile dichiarare tutto ed il contrario di tutto. E questo, nelle ore calde che precedono il voto di fiducia, non è un bene per Prodi.
Tale "dimenticanza" (fatta coscientemente per non vanificare l'apertura al centro che è stata l'architrave del dopo-crisi), e il chiacchiericcio che ne consegue, rischiano ora di indispettire proprio quei senatori-chiave che si trovano dalle parti di Andreotti e, forse, ma per ragioni opposte, quelli che gravitano attorno alla sinistra radicale. Per non parlare di Mastella.
Prodi ora ha davanti una rosa molto ristretta di scelte: la prima (e più logica) è quella di fare una dichiarazione sui Dico nel corso della replica prima della votazione, ma dovrà stare molto, molto attento a quel che eventualmente dirà. La coperta è sempre più corta.

venerdì, febbraio 23, 2007

Follini salta il fosso e fa Centro

Era una questione di programma: si è rivelata solo una questione di numeri.
Ormai è praticamente una certezza: il senatore Marco Follini e la sua Italia di Mezzo faranno da stampella al disastrato governo Prodi, regalandogli quel minimo di sostegno in più al Senato che gli permetterà di galleggiare con l'acqua alla gola e non più alle narici.
Il compenso? La cadrega, anzitutto; poi, otto o nove dei dodici punti "non negoziabili" di Prodi, più l'affossamento dei Dico. Diamine, manca solo il Ponte sullo Stretto e sembra un regalo confezionato con carta scudocrociata.

E la sinistra radicale? Al di là delle trionfalistiche sparate di Pecoraro Scanio ("abbiamo rilanciato il programma"), i compagni comunisti ingoiano un rospo di dimensioni epiche, TAV e pensioni comprese. Se lo ingoiano.
Infatti, questo è l'ultimo dubbio rimasto: basteranno a Napolitano le assicurazioni di reciproco amore da Follini a D'Alema e il silenzio-assenso da là fino a Caruso per far si che riaffidi la baracca nelle mani di Prodi?

Noi, permettetecelo, abbiamo i nostri legittimi dubbi.

**UPDATE**
A quanto pare (era ovvio) i "dubbi" iniziano ad averli anche i compagni. Neanche ad un'ora dal vertice.

giovedì, febbraio 22, 2007

Il problema è il programma

Ho quasi un senso di nausea, ma stasera dopo aver seguito Porta a Porta mi ritrovo a pensare: "Tonino for president!"
Conterà come il due di picche (e non perdono occasione per ricordarglielo), ma ha preso una posizione indiscutibilmente seria e condivisibile: non è questione di quel senatore in più o in meno, il problema di fondo è il programma. Prodi e questa maggioranza sono stati eletti perché, pur se sul filo di lana, pur se grazie alla legge elettorale e pur con tutte le contraddizioni del caso, hanno saputo trovare una specie di sintesi in quelle quasi trecento pagine di programma che hanno presentato agli elettori. Ora, se ad ogni pié sospinto quel medesimo programma viene messo in discussione (e non potrebbe essere altrimenti, visto come è nato) non ci si deve stupire se il governo prima annaspa, poi affonda e alla fine muore.
Rifondazione, l'Ulivo e persino Rutelli dicono in coro: andiamo avanti. Ma lo dicono pelosamente, come lo dice Franca Rame: andiamo avanti, col naso turato, sennò torna Berlusconi.
Non è pensabile né un Prodi-bis né far finta di nulla, su queste basi. E' una presa in giro di sé stessi e del Paese.
Anche e soprattutto perché quei due "dissidenti" che, oggi, hanno mollato non lo hanno fatto perché improvvisamente impazziti o perché pagati da qualcuno: hanno mollato perché non tolleravano più il dover scendere quotidianamente a compromessi con la propria coscienza politica votando provvedimenti che fanno rivoltare nella tomba qualsiasi comunista degno di questo nome.
E se l'Unione (sic!) decide di andare avanti ottusamente su questa strada (può farlo, non c'è nessuna legge, né la Costituzione ad impedirglielo), fatalmente un altro Rossi presenterà il conto tra qualche settimana o tra qualche mese; non scordiamoci che tra Dico, rifinanziamento ISAF e pensioni non c'è tanto da stare allegri per il prossimo futuro parlamentare.
Ancora, c'è il sospetto che si voglia tirare avanti quel tanto che basta a scongiurare le elezioni anticipate di primavera (i tempi tecnici ci sono ancora): questo sarebbe ancora più miope e puerile, ma ci sarebbe da aspettarselo. Serietà al governo un paio di palle.

Aspettiamo quindi l'esito delle consultazioni che iniziano domattina. Solo allora si saprà dove andremo a finire.

Nel caso in cui non ci fossero le condizioni (maggioranza) per continuare con Prodi e questo governo, allora ne vedremo delle belle: già Udc e Lega fanno a botte sulle larghe intese e sui "tavoli" proposti da Casini.

Ma intanto, portiamo a casa un importante risultato: Prodi è politicamente finito, e con lui D'Alema (per non parlare del Partito Democratico). Rimangono solo pezzi sparsi, dei quali c'è solo da capire quanti sono. Importante risultato, ho detto: non positivo. L'Italia non ci guadagna nulla, ancora.

mercoledì, febbraio 21, 2007

Senza parole

[Foto tratta dall'homepage del Corriere.it; il file si chiama "tristezz.jpg" :-) ]

Diliberto e i "criminali"

«Criminale sarebbe riconsegnare il Paese alle destre». Con questo epiteto il leader del Comunisti Italiani Oliviero Diliberto commenta il disastro odierno al Senato, quando l'Unione è andata sotto nel voto sulla mozione riguardante la politica estera, ed in particolare la missione afghana.

Proprio lui, parla di criminali. Proprio lui che, assieme al Prc, costituisce la facciata politicante di quell'humus nel quale crescono e si alimentano le nuove Brigate Rosse, nonché i loro fratellini minori spaccavetrine. Proprio lui, che si fregia tutt'oggi di quel simbolo di morte ed oppressione che è un insulto alla libertà, alla democrazia, al genere umano.

Moderi i termini, Diliberto: faccia un esame di coscienza - se ne ha facoltà - ed accetti la realtà dei fatti. Lei, il suo partito, la sua coalizione di governo appartenete ad un mondo che, grazie al Cielo, non c'è più e che resiste solo nelle tristi e buie pagine di storia e nei sogni distorti di alcuni. Almeno in questo Paese.

21 febbraio 2007, ore 14:47

Ricorderemo questo momento: è la bocciatura della mozione dell'Unione (sic) sulla politica estera e, in particolare, sulla missione in Afghanistan. La fine del secondo governo Prodi.

Due voti, due soli voti ed il quorum di 160 non è raggiunto. Pesano le astensioni: Rossi, Pininfarina e Andreotti, su tutti.

Ma anche Vicenza ha avuto il suo peso. Le parole stesse di D'Alema, hanno avuto il loro peso: aveva chiesto un "voto chiaro". Più chiaro di così, si muore.

Ora, le dimissioni. Subito.

Afghanistan rosso

Mentre scrivo sto ascoltando D'Alema che, al Senato, cerca di convincere la sinistra radicale a non uccidere il goveno sull'Afghanistan.
L'argomento chiave di D'Alema è stato: "le istituzioni afghane sono di sinistra". Lascio a voi ogni commento.
Altro punto chiave: l'Italia non manda soldati, l'Italia sta là per promuovere conferenze di pace. E, se fino l'altroieri non se la filava nessuno su questa strada, oggi si raccolgono "crescenti consensi da parte di altri paesi europei". All'inevitabile brusio interrogativo, Baffetto spiega: "Si, ad esempio la Spagna". Ah.
Infine la chicca: l'esercito italiano deve stare in Afghanistan altrimenti là rimangono solo gli yankees della NATO. Non "per" l'Afghanistan, ma "contro" la NATO.
Un polpettone politically correct su multilateralismo, impegno per la pace, anti-occidentalismo, aria fritta e preghiere del tipo: "per favore, turatevi il naso, lo so che non condividete una virgola, ma datemi un bel SI convinto che ne abbiamo bisogno".

**UPDATE**
Il "SI convinto" non è arrivato. Ora, vediamo il livello di coerenza di questo esecutivo.