lunedì, giugno 15, 2009

Duri a morire

Strategia che paga non si cambia. Massimo D'Alema, deus ex machina della disastrata carretta del (centro)sinistra italiano, non lo manda a dire: in occasione del G8 dell'Aquila il Partito Democratico tenterà il bis del novembre 1994 quando, nel pieno di una conferenza internazionale sulla criminalità organizzata, la Procura di Milano fece filtrare per mezzo del Corriere della Sera la notizia che Berlusconi - allora premier - sarebbe stato indagato per corruzione, evento che scatenò la caduta del governo e la presa del potere da parte della sinistra per mezzo di Labmerto Dini, prequel dell'infinita serie di passaggi di mano tra amici, tutto meno che democratici, che terminò solo nel 2001. E i soliti media complici rincarano la dose e fanno da cassa di risonanza.

Che si tratti di pura fuffa, di parole al vento studiate però ad arte (non dimentichiamo che la campagna elettorale non è finita, il 21 ci sono i ballottaggi-chiave nelle roccaforti rosse) pare non importare, sono solo dettagli. L'importante è il messaggio, in perfetto stile sovietico: non importa quanto disastrato sia il Partito Democratico, non importa che goda di un consenso popolare bassissimo e che sconti direttamente la stanchezza (anzi, la rabbia) del suo elettorato nei confronti di una politica inesistente, nelle more dannosa; la cosa importante è insinuare il dubbio, distrarre le menti, seminare la zizzania dell'instabilità, della precarietà, dell'incertezza. D'Alema è maestro, in queste cose: come politico è men che mediocre, ma come ambasciatore e primo interprete delle pratiche staliniane è unanimemente riconosciuto imbattibile.
La sfacciataggine con la quale lui ed i suoi compagni sbattono in faccia all'opinione pubblica le loro intenzioni la dice lunga sul livello di assoggettamento di quest'ultima nei loro confronti, per lo più a livello subliminale (e quindi di sostrato culturale): lo sprezzo per la sovranità popolare sbattuto in faccia al popolo stesso è tipico, da manuale, cristallinamente rintracciabile in tutti i testi di dottrina politica politica comunista e la sua spudorata diffusione per mezzo delle televisioni di stato e dei maggiori quotidiani - senza che nessuno senta il bisogno di alzare un solo sopracciglio - è rivelatrice dell'ampiezza e dalle portata di ciò che Berlusconi, in maniera drammatica ma non certo fuorviante, chiama "complotto eversivo". Nella foto, un indizio.

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