Il pericolo Obama
Nonostante la vulgata nostrana pensi il contrario, le amministrazioni americane "democratiche" sono tutto meno che garanzia di maggiore stabilità internazionale o, per dirla col linguaggio semplice accessibile a tutti, di "pace". La Storia è là a dimostrarlo, per chi si prende la briga di studiarla anche solo superficialmente: tutti i conflitti nei quali gli Stati Uniti sono stati coinvolti dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l'unica eccezione rappresentata dalla War on Terror, sono stati iniziati da amministrazioni democratiche e conclusi da amministrazioni repubblicane.
Le ragioni sono molteplici, ma una è ben individuabile nella natura stessa della politica estera "democrat": appeasement, dialogo ad ogni costo, multilateralità spinta, coinvolgimento degli "stati canaglia" nei processi decisionali globali, aperto contrasto politico ed economico con l'Europa (e a volte con Israele), posizioni generalmente ondivaghe e non prevedibili. La diretta conseguenza di questo comportamento - mai mutato nei decenni - è il rianimarsi delle potenze ostili agli USA in particolare e all'Occidente in generale: Corea del Nord, Vietnam, Cuba, Iran, Siria, Hamas.
Ad un primo momento di euforia pacifista durante il quale sembri che le aperture americane favoriscano un dialogo ampio e foriero di minori tensioni, si giunge ben presto ad una crisi durissima causata dalla sensazione di debolezza ed accondiscendenza che l'Amministrazione coniuga con quella endemica dell'ONU e con la farraginosità della Nato, creando un minestrone esplosivo che, puntualmente, esplode.
Al che viene avanti l'ultima caratteristica dei governi democratici americani: l'interventismo militare. E viene tirato fuori a forza da crisi ormai in stato avanzato che richiedono una discesa in campo in forze che preludono a guerre lunghe e sanguinose, con tutto ciò che ne consegue.
E' il disastro quasi annunciato che il mondo ha davanti nel perdurare dell'incertezza obamiana nello scacchiere mediorientale: già Siria ed Iran stanno stringendo patti d'acciaio che vanno ben oltre la cooperazione bilaterale in campo economico ed energetico; la Corea del Nord sta approfittando della debolezza americana per mostrare i muscoli, l'Afghanistan sta ricadendo nelle mani dei tabelani e l'Iraq appena ricostruito è pericolosamente nel mezzo, esposto a tutto.
Con l'Inghilterra tutta presa dalla crisi economica e di governo, con l'Europa che mai come adesso non ha una voce comune in politica estera e di difesa, con la Russia che muove le sue pedine sul versante del gas mentre continua imperterrita a far fuori i suoi dissidenti in giro per il mondo, con gli stati canaglia sudamericani che sodalizzano ed alzano la cresta e la Cina che sta a guardare aspettando il momento giusto per riprendersi le sue "province", l'ultima cosa della quale il mondo ha bisogno è di un mezzo presidente USA più attento a piazzare nei posti di potere i suoi finanziatori che a difendere il suo Paese - ed il resto del mondo libero - come il suo tanto biasimato - ed ora già da molti rimpianto - predecessore non ha smesso di fare per un singolo giorno del suo difficile mandato.
Ma questo mandato è molto, molto più difficile ed il simbolo mondiale della libertà rischia, ancora una volta, di diventare sinonimo di guerra e morte a causa dell'ignavia e dell'inadeguatezza del suo leader.
[Immagine da: www.falcemartello.cjb.net]
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