sabato, giugno 06, 2009

Il pericolo Obama

Nonostante la vulgata nostrana pensi il contrario, le amministrazioni americane "democratiche" sono tutto meno che garanzia di maggiore stabilità internazionale o, per dirla col linguaggio semplice accessibile a tutti, di "pace". La Storia è là a dimostrarlo, per chi si prende la briga di studiarla anche solo superficialmente: tutti i conflitti nei quali gli Stati Uniti sono stati coinvolti dopo la Seconda Guerra Mondiale, con l'unica eccezione rappresentata dalla War on Terror, sono stati iniziati da amministrazioni democratiche e conclusi da amministrazioni repubblicane.

Le ragioni sono molteplici, ma una è ben individuabile nella natura stessa della politica estera "democrat": appeasement, dialogo ad ogni costo, multilateralità spinta, coinvolgimento degli "stati canaglia" nei processi decisionali globali, aperto contrasto politico ed economico con l'Europa (e a volte con Israele), posizioni generalmente ondivaghe e non prevedibili. La diretta conseguenza di questo comportamento - mai mutato nei decenni - è il rianimarsi delle potenze ostili agli USA in particolare e all'Occidente in generale: Corea del Nord, Vietnam, Cuba, Iran, Siria, Hamas.
Ad un primo momento di euforia pacifista durante il quale sembri che le aperture americane favoriscano un dialogo ampio e foriero di minori tensioni, si giunge ben presto ad una crisi durissima causata dalla sensazione di debolezza ed accondiscendenza che l'Amministrazione coniuga con quella endemica dell'ONU e con la farraginosità della Nato, creando un minestrone esplosivo che, puntualmente, esplode.
Al che viene avanti l'ultima caratteristica dei governi democratici americani: l'interventismo militare. E viene tirato fuori a forza da crisi ormai in stato avanzato che richiedono una discesa in campo in forze che preludono a guerre lunghe e sanguinose, con tutto ciò che ne consegue.
E' il disastro quasi annunciato che il mondo ha davanti nel perdurare dell'incertezza obamiana nello scacchiere mediorientale: già Siria ed Iran stanno stringendo patti d'acciaio che vanno ben oltre la cooperazione bilaterale in campo economico ed energetico; la Corea del Nord sta approfittando della debolezza americana per mostrare i muscoli, l'Afghanistan sta ricadendo nelle mani dei tabelani e l'Iraq appena ricostruito è pericolosamente nel mezzo, esposto a tutto.
Con l'Inghilterra tutta presa dalla crisi economica e di governo, con l'Europa che mai come adesso non ha una voce comune in politica estera e di difesa, con la Russia che muove le sue pedine sul versante del gas mentre continua imperterrita a far fuori i suoi dissidenti in giro per il mondo, con gli stati canaglia sudamericani che sodalizzano ed alzano la cresta e la Cina che sta a guardare aspettando il momento giusto per riprendersi le sue "province", l'ultima cosa della quale il mondo ha bisogno è di un mezzo presidente USA più attento a piazzare nei posti di potere i suoi finanziatori che a difendere il suo Paese - ed il resto del mondo libero - come il suo tanto biasimato - ed ora già da molti rimpianto - predecessore non ha smesso di fare per un singolo giorno del suo difficile mandato.
Ma questo mandato è molto, molto più difficile ed il simbolo mondiale della libertà rischia, ancora una volta, di diventare sinonimo di guerra e morte a causa dell'ignavia e dell'inadeguatezza del suo leader.

[Immagine da: www.falcemartello.cjb.net]

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