La Caporetto di Repubblica
Repubblica, il quotidiano-partito, ha perso. Punto. Finito. Tutto l'amba aradam montato per tentare di abbattere l'odiato nemico, Silvio Berlusconi, ha fallito. E' un'arma ormai spuntata, inutilizzabile, un ferro vecchio.
Il filo glielo ha tolto - tanto per fare una cosa nuova - Berlusconi stesso, quando con uno dei suoi ineguagliabili colpi da maestro ha dichiarato, con apparente candore, che gli italiani lo vogliono così e che non cambierà.
Per chi non coglie la portata di questa semplice affermazione, che potrebbe passare per una delle sue tante spacconate, basti considerare su cosa era basata tutta la gioiosa macchina da guerra (in versione 2.0) messa in moto da Repubblica su mandato del Pd: il ricatto. Visto che sul versante politico a sinistra - per conclamata incapacità - sono anni che non si cava un ragno dal buco, Berlusconi andava sputtanato pubblicamente, in modo via via più esteso e devastante, distruggendone l'immagine e la credibilità fino a costringerlo artificialmente a fare quel passo indietro che alberga nei sogni degli ex- comunisti fin dal 1994, anno in cui il Cavaliere "scippò" l'Italia alla versione originale della gioiosa macchina di cui sopra, all'epoca guidata da Achille Occhetto e dalla longa manus del PCUS.
Ma come si fa a ricattare uno che non ha nulla da perdere né nulla da nascondere? Evidentemente non si può.
Infatti, quella che doveva essere la vittima s'è velocemente (ed una volta di più) trasformata nel peggiore incubo dei suoi aguzzini, avendo smontato in un sol colpo l'impianto ricattatorio con quella semplice frase: si ricatta moralmente e pubblicamente uno che predica bene e razzola male, ma uno che predica e razzola esattamente allo stesso modo, cosa lo si ricatta a fare? Quale imbarazzante informazione si spera di svelare agli italiani, che questi non sappiano già?
A ben vedere, a Largo Fochetti si sono impiccati con la loro stessa corda: spiattellando in pubblico molti dei più personali particolari delle abitudini private di Berlusconi, non hanno fatto altro che "certificare" quanto gli italiani già sapevano dell'uomo che hanno messo a capo del proprio Paese con percentuali mai viste nella storia repubblicana. Il risultato è che la maggioranza (i suoi elettori) o s'è compattata attorno al proprio leader o s'è sganasciata a furia di sbadigli; la minoranza di antiberlusconiani incalliti s'è invece incarognita ancor di più affondando fino al collo nella melma dell'invidia e della bile, perdendo anche l'ultima speranza di uscire dal tunnel nel quale s'è ormai irrimediabilmente persa. Cui prodest?
Non che non fosse prevedibile, beninteso. Così come è facilmente prevedibile che continueranno imperterriti: non saranno quisquilie come una disfatta totale a fermare queste allegre brigate di kamikaze politici, loro continueranno come Lemmings a schiantarsi fino all'ultimo uomo. Ma forse è ora che, dalle parti del Partito Democratico, ci si decida una buona volta a mollare monsignor Scalfari e le sue sgangherate truppe di bucanieri al loro triste destino, ché c'è un'opposizione da costruire. E' il Paese a chieder loro di ridargli la gamba sinistra: così com'è ora, a furia di saltellare sulla sola destra, oltre a fare una fatica del diavolo si rischia anche di inciampare.
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