Sembrava una carretta ma era un Carroccio
«Ho tirato la carretta da solo», si sfoga Berlusconi all'indomani del deludente risultato delle Europee che ha visto il PdL mancare clamorosamente la quota sparata in TV dal suo leader (il 45%), ma anche quella comunemente considerata "di sicurezza" (il 40%) per fargli affrontare con sufficiente forza le prove che lo attendono nell'immediato futuro, a cominciare dal braccio di ferro sulla riforma della giustizia.
Ma più che una carretta, quella tirata con forza ed ostinazione dal premier durante la campagna elettorale è sembrato più un Carroccio.
Ne aveva di argomenti, Berlusconi, per fare campagna elettorale in Europa: non ultimo (anzi) l'enorme successo politico ottenuto dal Governo italiano con la messa in funzione degli accordi con la Libia che hanno portato, per mezzo dei cosiddetti "respingimenti", all'azzeramento dell'immigrazione clandestina nel nostro Paese. Ed è stato un successo da sbandierare proprio per le Europee, una battaglia vinta in Europa e contro l'Europa, ma anche per l'Europa contro l'ingerenza dell'ONU.
Poteva anche fare quello che sa fare meglio: elencare pedissequamente e puntigliosamente ogni singolo provvedimento varato dal suo governo, e poteva farlo per venti giorni di seguito, ogni giorno, quattro volte al giorno. Ci avrebbe rincoglionito di cose fatte (perché ce ne sono, e di ottime!) e alle urne avrebbe preso lui i sei milioni di preferenze personali che vagheggiava in aprile, ed il PdL quel 47% che fu la punta massima che i "suoi" sondaggisti raggiunsero un mese dopo.
E invece. Berlusconi è una vecchia volpe, uno che rompe gli schemi della politica, uno che ti manda in bestia e ti ammalia proprio perché non segue i cliché e le prassi polverose dei Palazzi; ma dopo quindici anni i suoi nemici l'hanno ormai inquadrato ed hanno trovato la piccola crepa dove infilare il piede di porco col quale scardinare l'intera corazza. E lui, quella crepa, non l'ha coperta a sufficienza.
E così Repubblica, il braccio armato del Pd, ci si è infilata violentemente e con lo sprezzo della decenza che le è proprio: ha colto al volo la coincidenza mai più ripetibile di un Berlusconi contemporaneamente all'apice della sua popolarità, lasciato dalla moglie che lo accusa di essere malato o pazzo (musica per certe orecchie!) e messo in mezzo dall'ennesima sentenza ad orologeria. Prese così, però, queste coincidenze ancora non bastavano, a largo Fochetti volevano giocare sul sicuro ed essere certi di colpire tanto a fondo e tanto forte che l'Avversario non si rialzasse più; e così, spulciando le agenzie, ecco saltar fuori una velina che parla di una festa di compleanno di una ragazzina, evidentemente figlia di amici di famiglia, alla quale Berlusconi ha partecipato per un'oretta scarsa. Ecco! Il pezzo mancante del puzzle, l'innesco capace di far esplodere tutta la baracca. Una calunnia in perfetto stile Don Basilio, un sospetto velatissimo ma persistente di pedofilia: quale crimine più odioso? Gli italiani sono quindici anni che sono assuefatti al premier bugiardo e corruttore, ma il premier pederasta! Corruttore non già di giudici ed avvocati, ma di ragazzine vergini! Tutto torna, la moglie che lo lascia, lui che va con le minorenni, la giustizia che lo bracca e - asso nella manica - migliaia di fotografie scattate col teleobiettivo a Villa Certosa nel cassetto, pronte ad essere calate sul tavolo a bomba esplosa. Un po' come fanno i terroristi, che fanno scoppiare un primo ordigno per richiamare curiosi e soccorritori, per poi far esplodere il secondo - quello più potente - facendo il maggior numero possibile di vittime. Tutto è pianificato, la trappola scatta.
E Berlusconi cosa fa? Logica vorrebbe, vista l'imminenza delle elezioni e la sfacciata coincidenza dello "scandalo" con l'inizio della campagna elettorale, che il premier affidasse le articolesse di Repubblica al suo fido avvocato Ghedini ed andasse per la sua strada a fare quello che abbiamo detto sopra. Invece, abbocca. Per venti giorni si lascia trascinare nella fogna dalla quale Repubblica vomita i suoi escrementi, e vi rimane inesorabilmente invischiato, sempre più, finché ci finisce dentro fino al collo.
Le tante cose buone finalmente fatte o iniziate dal governo in questo primo anno vengono dimenticate, gli enormi successi personali di Berlusconi vengono improvvisamente sommersi di melma e tutti i media (TUTTI, nessuno escluso) non fanno altro che ciarlare ed urlare in continuazione della sorella della zia della madre di Noemi e del pisello del premier ceco. L'Italia sprofonda in questa fogna assieme al suo premier in un turbinìo impresentabile di gossip e calunnie, di diffamazioni e querele, e Repubblica ha gioco facile nell'esportare all'estero i suoi articoli tradotti alla bisogna e nel farsi dar man forte dalle testate gemellate, soprattutto inglesi e spagnole, che non se lo son fatto ripetere due volte, pressate anche da un Murdoch che non aspettava altro che farla pagare all'eterno rivale.
Non che dalle stesse linee del PdL non venisse fuoco amico: Fini, personaggio in cerca d'autore, un giorno si e l'altro pure non risparmiava il premier di un ditino alzato, complice pure il ruolo "istituzionale" ricoperto ed al quale deve evidentemente pagare pegno; i "colonnelli" di AN, Gasparri e La Russa, spesso in ordine sparso e con presenze televisive vicine a quelle di Di Pietro, contemporaneamente alla totale assenza ed invisibilità dei dirigenti ex- Forza Italia; il neo eletto governatore della Sardegna che se l'è legata al dito per lo spostamento del G8 all'Aquila; quello della Sicilia che, a due giorni dalle elezioni, scioglie la sua giunta pidiellina e riesce a mantenere un consenso stellare; il quotidiano "amico", Il Giornale, che per più di un mese ha seguito col copia/incolla il Corriere e Repubblica come un branco di infoiati, infilandosi poi con tutte le scarpe nella fogna di cui sopra.
Fogna che comunque, alla fine, non ha puzzato solo nella direzione cui era stata predestinata: i mandanti del massacro perpretato da Repubblica si sono insozzati come e più di Berlusconi, tanto che a conti fatti tutto l'amba aradam non è servito a nulla - nel breve periodo - se non a screditare l'immagine dell'Italia all'estero, cosa per la quale qui si pensa che ci siano precise e gravissime responsabilità in capo a persone con nome e cognome, che dovrebbero pagare un conto salatissimo con la società.
Fatto sta che, sommando tutto ciò, l'immagine che l'elettore ha tratto è stata di un Berlusconi in totale confusione e preoccupato unicamente delle sue beghe familiari e personali (dove l'ho già sentita, questa?), di un PdL poco incisivo e senza una voce guida autoritaria ed univoca sugli argomenti scottanti (crisi, immigrazione, lavoro) e, nelle more, una Lega Nord pigliatutto che, dopo il successo dei respingimenti in capo a Maroni, sembrava l'unica veramente in contatto con la gente; l'unica che, al di là dei sorrisi e dei bagni di folla - che pur servono e sono serviti, abbia ascoltato ed esaudito le preghiere degli italiani.
Ecco che Berlusconi, con la sua scelta di rincorrere gli squallidi repubblicones sul loro terreno, ha tirato il Carroccio come un paio di buoi verso una vittoria che, se era già nell'aria, non lo era certo in tale misura.
Cosa voglia dire questo negli assetti futuri della coalizione di governo e negli equilibri interni al PdL, è presto per dirlo: di certo, si apre un periodo difficile che doveva essere messo in sicurezza dal plebiscito delle Europee. Staremo a vedere se quello centrato delle Amministrative basterà a rimettere le cose al loro posto, per i bene di noi tutti.
Non che di motivi per gioire a destra non ce ne siano, soprattutto per il devastante tracollo del Pd, unito al perpetuarsi dei comportamenti al limite dell'idiozia da parte dei suoi leader. Ma l'onda lunga mediatica sarà difficile da spegnere e la quantità di fango accumulata sarà dura da smaltire.
Intanto, un primo apparente effetto si è manifestato: Berlusconi ha dichiarato che "non sosterrà" il referendum sulla legge elettorale che si celebrerà il 21 giugno prossimo, in concomitanza con i ballottaggli delle Amministrative, inviso alla Lega. Prima della campagna elettorale aveva dichiarato che se il referendum è pensato per premiare il partito che prende più voti, egli non sarebbe stato di certo masochista e l'avrebbe sostenuto.
Diciamo "apparente effetto" perché la strada da oggi al 21 è lunga e chissà cosa può succedere nel frattempo; inoltre, la dichiarazione odierna è servita a sugellare l'accordo tra PdL e Lega in vista dei ballottaggi, ma chissà che le immediate reazioni di Fini e degli altri sostenitori della consultazione, unite all'alto numero di ballottaggi, non portino comunque al superamento del quorum, con conseguente scontata vittoria del "SI". Sarebbe un colpaccio.
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