lunedì, giugno 08, 2009

Europee 2009: poche storie

In attesa dello spoglio delle Amministrative e preso atto della generale affermazione delle formazioni di centrodestra e destra in Europa (e del corrispondente crollo pressoché totale dei partiti socialisti), guardando ai risultati italiani le considerazioni da fare sono le seguenti.
Il PdL segna il passo e rimane ben lontano dal 45% sparato in TV da Berlusconi (che si spera ora divenga un po' più prudente con le sue previsioni) ma anche da quel 40% considerato la soglia minima per dare una risposta forte in termini di consenso al potentissimo fuoco di fila - anche e soprattutto internazionale - diretto contro il premier in campagna elettorale e proveniente da tutte le parti (opposizioni, stampa italiana ed estera, lo stesso Fini). I voti che separano quello che rimane saldamente il maggior partito d'Italia dal suo obiettivo sono andati pari pari alla Lega, in una sorta di travaso interno al governo che non ne pregiudica (né ne consolida) la tenuta. Il risultato del PdL rappresenta una salutare "scossa", un pressante invito a schiacciare sull'acceleratore con decisione lasciandosi alle spalle una sorta di "timidezza" che, fatti salvi i noti exploit di Gelmini e Brunetta, ha caratterizzato questo primo capitolo di governo. Ma rappresenta anche il "rimbalzo" dovuto al raggiungimento della quota limite, oltre la quale il partito di Berlusconi difficilmente potrà mai arrivare; con buona pace dei soliti farisei che gridano alla dittatura.
La Lega porta a casa i frutti del lavoro dei suoi ministri nel governo, ultimo solo in senso temporale il successo dell'applicazione dell'accordo prodiano con la Libia, all'origine dei cosiddetti "respingimenti" che hanno azzerato il flusso di clandestini verso l'Italia. Ma ridurre tutto a ciò sarebbe fare un'ingiustizia alla Lega, che ha guadagnato sul campo il proprio consenso intercettando gli umori profondi non solo del nord. Chapeau.
Il Pd è ampiamente sotto la soglia di sicurezza. Tutti gli analisti individuano nel 27% il livello minimo al di sotto del quale il rischio scissione non è più un rischio ma una certezza, ed è già un livello sconfortante sia nei confronti del PdL sia nei confronti del risultato delle precedenti tornate elettorali. Ma numeri e numerilli a parte, l'indecente (ma parzialmente proficua) campagna elettorale condotta dal partito di Franceschini, l'assenza assoluta di qualsivoglia proposta politica, la fragilità estrema del partito stesso che mostra ogni giorno le sue laceranti divisioni interne, uniti al risultato ottenuto (un imbarazzante 26%, ma pur sempre un quarto dell'elettorato), dimostrano che anche qua si è raggiunto il limite fisiologico (quello basso) oltre il quale lo "zoccolo duro" di elettori - che voterebbe il partito anche se vendesse fusaglie allo stadio - non consente proprio di andare.
L'Italia dei Valori è, dopo la Lega, l'altro outsider di queste elezioni, ampiamente prevedibile e previsto: intercetta una montagna di voti in fuga dal Partito Democratico, voti di elettori che vedono nell'iroso ex- pm un antiberlusconiano d.o.c., molto più credibile di un Pd dilaniato e ben lontano da quel modello di "moralità" preteso (seppur mai incarnato) dall'Idv nei confronti di chi si deve opporre al premier. Grazie a ciò, e grazie al provenire da percentuali passate insignificanti, il movimento dipietrino ha avuto gioco facile nel raddoppiare o triplicare la propria quota e presentarsi al Paese come il "vero cambiamento". Che poi questo non si traduca, così come per il Pd, in alcuna proposta politica passa in secondo piano, e da la cifra della qualità delle opposizioni in Italia. Inoltre, il risultato dell'Idv mette ancor più nell'angolo il Partito Democratico, cui i propri elettori non hanno mai perdonato l'alleanza con Di Pietro e che, domani, rischiano di non perdonarne il successivo allontanamento.
L'Udc è, come al solito, né carne né pesce: il suo elettorato è quello, la quota del 6.5% è la sua, non ha alcuna possibilità di incrementarla né di diminuirla. Chi pronosticava un boom di voti in fuga dal PdL a causa della bufala-Noemi si sbagliava (l'effetto c'è stato, ma verso l'astensionismo), così come sono rimasti delusi gli analisti che prevedevano un rastrellamento a sinistra ai danni della componente meno socialista del Pd. Il partito di Casini rimane fermo nel suo ruolo di attesa, sempre pronto ad accogliere i fuoriusciti dai due partiti maggiori che lo circondano, ma che finora sono mancati all'appello. Nel futuro prossimo, Rutelli e Montezemolo potrebbero smuovere le acque. Da tenere d'occhio.
La sinistra estrema era e rimane fuori dai giochi: ampiamente al di sotto della soglia del 4% prese singolarmente, le due componenti in guerra feroce tra loro avrebbero potuto totalizzare lo stesso risultato dell'Udc e portare delegati a Strasburgo. Ma la Storia ha punito troppo duramente il comunismo italiano (per lo meno quello sfacciato, quello con falce e martello nel simbolo) disgregandone l'identità ed i tempi non sono assolutamente maturi per una sua riaffermazione nei cuori degli elettori, neanche dei più nostalgici. Forse non succederà mai più.

Ora, visto che tutti lo fanno e pare vada di moda, facciamo anche qui per un attimo finta che politiche ed europee siano paragonabili tra loro, e forse nel caso italiano lo sono veramente dal momento che - come sempre accade, e stavolta molto più e peggio che in passato - si è trattato del solito referendum pro o contro Berlusconi in particolare ed il Governo in generale.

Politiche 2008
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PdL + Lega 45,69%
Pd + IdV 37,54%
Pd + IdV + Udc 43,16%

Europee 2009
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PdL + Lega 45,50% (-0,19%)
Pd + IdV 34,10% (-3,44%)
Pd + IdV + Udc 40,60% (-2,56%)

Come è evidente dai numeri, decimale più decimale meno, la coalizione di governo non ha risentito del combinato crisi+campagna elettorale e dimostra di continuare imperterrita la sua infinita luna di miele con l'elettorato. L'opposizione, per contro, cede più di due punti e mezzo, che salgono a tre e mezzo se si considera solo il duo Pd + IdV con il suo rapporto interno mai chiarito.
Per questo, sentire Franceschini parlare di "tenuta" del Pd e di "governo minoranza nel paese" fa un po' tenerezza e ci ricorda quella notte del 2006 nella quale Fassino annunciò la "vittoria" dell'Unione; così come è fuori luogo un certo catastrofismo che si respira a destra. Certo, una Lega ringalluzzita (ed un Fini che può dire "l'avevo detto io!") è un grattacapo in più per Berlusconi; che, però, ha dimostrato di avere le spalle ben larghe e di aver affrontato situazioni ben più critiche di questa. Se il governo terrà la barra dritta e, anzi, accelererà con le riforme avrà capitalizzato il mancato plebiscito e ne guadagnerà tutto il Paese.
Ora, i prossimi dati in arrivo completeranno il quadro: il consenso personale di Berlusconi (confrontato con i tre milioni di preferenze ottenuti nel 2004) e, soprattutto, i risultati delle Amministrative, il cui spoglio sta per iniziare ma che già prefigurano ulteriori brutte notizie per il Pd.

1 commento:

paolo della sala ha detto...

Vedo che anche su L'Occidentale però aggallano critiche. Gli errori di SB sono stati due: quello storico, cioé non saper valorizzare chi sa comunicare bene. Quello aggravatosi in questa campagna elettorale: la mancanza di modestia. Con un'accorta campagna di modestia, il Pdl avrebbe ottenuto 2-3 punti in più. Io ritengo che la partita in futuro si giocherà al centro. Ormai Montezemolo & Co. hanno capito che con i DS non si va da nessuna parte. Io mi immagino che la fine della Seconda Repubblica avvenga se Rutelli (come immagini) avrà il coraggio di sparigliare le carte andando con Casini. In quel caso Berlusconi andrebbe in crisi. E' una manovra che metterebbe in moto anche l'area liberaldemocratica, ora agonizzante. Ma è troppo intelligente mossa, per i cattocom. Il rischio è che il quadro si cristallizzi, senza riforme.