Suo Onore Travaglio bis
Che pacchia: fossero tutti cosi i procedimenti penali intentati contro Berlusconi non servirebbero neanche le decine di avvocati che lo devono difendere, basterebbe aver bisogno di carta per pulire i vetri.
Meglio se politicamente scorretto.
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«In Italia non c'è razzismo, c'è tanta xenofobia che è l'anticamera del razzismo». Caro Presidente Fini, se te la piantassi di cianciare un giorno si e l'altro pure di improbabili integrazioni alle vongole, forse - dico: forse - la gente sarebbe anche disposta a calare un po' in xenofobia, che ne dici?
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«Non posso non rispettare il responso della Corte Costituzionale nel quadro di un sistema democratico. Prendo atto tuttavia che questo sistema, soprattutto per le modalità con cui vengono eletti i membri della Corte, rischia di alterare nel tempo un corretto equilibrio fra i poteri dello Stato, i quali traggono tutti origine dalla sovranità del popolo.
La solidità di questo governo non è in alcun modo intaccata da questo pronunciamento né tantomeno la mia volontà di proseguire con determinazione nel mandato ricevuto dal popolo e rinnovato in tutte le più recenti competizioni elettorali. Una volontà che si rafforza e che riceve ogni giorno il sostegno compatto e solidale della volontà politica della maggioranza che sostiene l’attuale governo. Per il resto, non ho il minimo dubbio che le accuse infondate e risibili che ancora mi vengono rivolte cadranno sotto il vaglio di magistrati onesti, indipendenti e ossequienti alla legge e alla propria coscienza».
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Nessuno sa come la Consulta si esprimerà sul Lodo Alfano, non c'è alcuna previsione possibile. Ma una cosa è più che certa: comunque andrà, i professionisti dello sfascismo potranno dire di aver avuto ragione.
Se la Corte si pronunzierà a favore dei ricorsi presentati, bocciando così di fatto la legge, avranno ovvia stura nel gridare all'abbattimento del tiranno nel nome della Giustizia e della Democrazia con le 'G' e 'D' maiuscole; se invece si pronunzierà contro i ricorsi, approvando di fatto il Lodo, useranno il paracadute della famosa cena nel corso della quale - secondo loro - i giudici furono corrotti da Berlusconi, Letta e dallo stesso ministro Alfano, probabilmente a suon di manicaretti tricolore.
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Mai un O.T. fu più benvenuto. Osservate attentamente lo scimpanzé in questo video, valutate bene come reagisce alle situazioni nelle quali si viene a trovare e poi rispondete a questa domanda: è lui che è "quasi umano" o siamo noi che siamo scimmie?
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El Ketawi Dafani (foto), l'amorevole papà islamico che ha sgozzato la figlia Sanaa perché aveva osato fidanzarsi con un italiano apostata, ha «agito con sevizie e crudeltà, mosso da motivi futili ed abietti», e si becca pure una perizia psichiatrica. Altro che volere di Allah.
Per fortuna, in Italia c'è ancora qualcuno capace di chiamare le cose col loro nome (il gip del Tribunale di Pordenone Alberto Rossi, in questo caso): uno schiaffo al relativismo grosso così.
Ora, per non sbagliare, ingabbiamo pure la moglie, che è pure peggio di lui.
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Un mese a partire da oggi. Il 12 ottobre verificheremo se la guerra sarà effettivamente iniziata o se saremo tutti presi a discutere di palinsesti RAI e di riforma della giustizia, come in un qualsiasi altro giorno di una normale legislatura italiana.
Perché se è buona la seconda, il senatore Guzzanti l'abbiamo definitivamente perso.
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Uno ci prova. Veramente, col cuore. Credere che la sinistra italiana abbia raggiunto finalmente il fondo del suo personalissimo ed oscuro barile e che un sussulto di amor proprio e di orgoglio politico la faccia rimbalzare verso l'alto iniziando una lunga e faticosa risalita è la speranza neanche tanto nascosta in molti di noi, per lo meno in chi ha a cuore le sorti di questo Paese.
Ma poi leggi l'intervista di oggi che Aldo Cazzullo ha ottenuto da Dario Franceschini per il Corriere della Sera e torni nel mondo reale.
Pare che il Nostro abbia visto Videocracy, l'ennesimo polpettone antiberlusconista ed autoreferenziale, nuovo vangelo per quella - per fortuna - minoritaria parte di italiani che non hanno capito un'acca di quanto è successo negli ultimi quindici anni e che si ostinano a vedere in Silvio Berlusconi una specie di anticristo, ma più cattivo. Bene, non si capisce se il film gli sia piaciuto o no; fatto sta che Franceschini si lancia in una serie di esternazioni e metafore da far impallidire un acrobata circense in quanto a spregiudicatezza.
Tralasciando la botta di moralismo da ascensore ("signora mia, è tutto un apparire!"), la prima chicca ci viene offerta col biasimo dell'arrivismo a tutti costi, anche con le gomitate nei denti: speriamo che Massimo D'Alema non legga mai questa intervista, potrebbe sentirsi chiamato in causa. Subito dopo, si lancia in una profonda analisi della bassa competitività italiana snocciolando dati sul numero di laureati e additando come responsabile la televisione di Berlusconi, ovviamente: invece di studiare e lavorare, i ragazzi italiani da sempre ambiscono a fare i tronisti e le veline -- nonostante i livelli di eccellenza dei nostri atenei e delle nostre scuole, mi permetto di aggiungere sommessamente, certo di non allontanarmi troppo dal Franceschini-pensiero nel merito. Già questa da sola fa ridere a crepapelle, ma è ancora più divertente se ci ricordiamo l'euforia della sinistra tutta quando il travestito più noto di Montecitorio (soprattutto per i suoi problemi nella scelta del cesso) si presentò all'Isola del Famosi deciso/a a combattere una battaglia di libertà e civiltà a nome di tutti gli emarginati ed i "diversamente normali" di questo mondo. Ma non divaghiamo.
Perché arriva il piatto forte, il fulcro del programma franceschiniano per il futuro dell'Italia: «Rompere le reti di protezione (?, ndr), liberare le energie, coniugare il merito con l'uguaglianza (!!!!!!, ndr), stabilendo pari opportunità per tutti, il figlio dell'operaio come il figlio del notaio». Ora, a parte le cripticità buone per tutte le stagioni e le palesi barzellette maanchiste di veltroniana memoria, è sempre divertente osservare i bacilli della lotta di classe fare capolino anche nei discorsi di un prete mancato come Franceschini, che è comunista come lo è oggi Sandro Bondi. Ma si sa, farsi fotografare seduto in un "salotto della sinistra" col panciotto di cachemere fa talmente figo che nessuno può rinunciarvi, specialmente se è gratis.
Ma andiamo avanti, che non è finita. Si dice "ottimista", Franceschini, sul fatto che le generazioni emergenti si affrancheranno dall'instupidimento tipico della televisione per abbeverarsi ai torrenti digitali, nei quali l'informazione potrà finalmente essere liberata dall'inquinamento berlusconiano. Vero, la televisione come unico mezzo di (in)formazione è destinata a morire entro pochissimi anni e ad essere sostituita da qualcosa d'altro che, vista la velocità di mutamento in questo campo, ad oggi non è certamente identificabile in pieno; ed è ragionevole supporre che sarà proprio Internet a far la parte del leone, come del resto sta già facendo tra chi è un minimo "smart", vuoi per età, vuoi per attitudine mentale, vuoi per pura fortuna. Ma le verità nei discorsi di Franceschini finiscono qua: già oggi è evidente come il mezzo digitale (leggi: il Web) sia infinitamente più utilizzabile della televisione per creare disinformazione, e Franceschini ne ha sotto gli occhi un esempio a portata di mano. Proprio il Corriere della Sera che lo sta intervistando è un campione nella manipolazione delle notizie al fine di crearne di nuove inducendo il lettore poco accorto (e sono la stragrande maggioranza) a capire fischi per fiaschi. Non è che abbattendo il TG3, Anno Zero o il TG4 hai risolto il problema della parzialità dell'informazione: prendi il blog di Beppe Grillo, forse il medium più seguito tra chi usa il Web per cercare notizie; è una tale accozzaglia di stupidaggini da imbarazzare una scimmia ubriaca, eppure è portato in palmo di mano manco fosse la RAI degli anni sessanta. Ma Franceschini pare non interessarsene, per lui l'unica cosa importante è che Mediaset smetta semplicemente di esistere. E problema risolto. Fortuna che Mediaset non ha alcuna intenzione di sparire, anzi è ben decisa a chiamare le cose col loro nome.
Ma è alla fine che l'apice viene finalmente raggiunto e che tutte le profondità e lucidità del pensiero franceschiniano ci vengono svelate. E che una grande verità viene portata alla nostra attenzione: nella situazione italiana, con i soldi tutti dalla parte di Berlusconi, Obama non avrebbe mai sconfitto McCain. Capiamo bene, è importante: Barack Obama, che secondo il Dario nazionale ha vinto solo con la forza delle sue visioni, qui in Italia non avrebbe avuto chances di vittoria contro l'infoiato psiconano che con i suoi soldi si sarebbe certamente comprato la vittoria, cosa che evidentemente ha fatto a spese di Walter Veltroni.
OK.
A dicembre 2008 Barack Hussein Obama aveva raccolto (e speso) 750 milioni di dollari per la sua campagna elettorale, più di quanto avevano messo in campo nel 2004 Bush Jr. e J.F. Kerry messi assieme, più di ogni altro presidente nella storia degli Stati Uniti. E alla fine della transizione di governo la cifra ha toccato lo stellare totale di UN MILIARDO DI DOLLARI. Un miliardo di dollari, caro Franceschini: sono nove zeri con i quali sono stati pagati tour, convention, emittenti televisive e radiofoniche, siti Web, spille e palloncini. McCain ha raccolto circa la metà.
E qui c'è la par condicio.
(Foto: da Corriere.it)
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No, non quella Italiana, ma quella di Largo Fochetti: «E' di tutta evidenza che il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è assolutamente fuori da qualsiasi responsabilità penale», afferma il Procuratore della Repubblica (Italiana) presso il Tribunale di Bari, Antonio Laudati.
"Invece, altri dovrebbero avere il cagotto", aggiungiamo noi. Il cerchio inizia a chiudersi attorno ai colli giusti.
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Ne da notizia, come al solito, Il Giornale (sperare che queste cose si sappiano da altre fonti è pura utopia): i due procuratori palermitani Ingroia e Scarpinato (nella foto) sono intervenuti ad una delle riunioni di kick-off de "Il Fatto", il nascituro quotidiano diretto da Marco Travaglio e Antonio Padellaro.
Certamente, sono due magistrati in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata; ma quella non è l'unica prima linea nella quale militano. I due discepoli di Gian Carlo Caselli sono noti per il loro attivismo politico all'interno di Magistratura Democratica, la "corrente" più a sinistra tra quelle dei magistrati (che, a rigor di logica, non dovrebbero neanche esistere), nonché per la loro aperta avversione nei confronti di Silvio Berlusconi (e qualsiasi cosa lo riguardi), che perseguitano da prima ancora che scendesse in politica.
Il fatto (sic) che i due prestino i loro servigi al foglio di Travaglio (il primo che si azzarda a dire che si tratta di "libera stampa super partes" è in tremenda malafede, ma ci sarà comunque chi avrà questo coraggio) la dice lunga sulla liceità degli allarmi lanciati da Berlusconi in primis, e da tutto il PdL (e non solo) a seguire circa le "attenzioni particolari" di cui l'attuale Governo ed i suoi esponenti sono fatti oggetto fin dalla loro comparsa nel panorama politico italiano da parte di quelle che, amichevolmente, vengono definite "toghe rosse", ma che sono semplicemente persone che usano uno dei poteri dello Stato contro un altro; con la differenza che il primo non è stato eletto da nessuno né risponde a nessuno, il secondo invece si.
Suonano così alquanto patetici (e miopi, quando non ipocriti) gli stracciamenti di vesti sia dell'ANM che, oggi, del CSM e di Napolitano, tutti tesi a lanciare allarmi sulla tenuta democratica di questo Paese ed a trovare nuovi sistemi per "tutelare" i magistrati. Anche quando tramano con personaggi come Marco Travaglio, che poi sappiamo bene tutti cosa fa con i loro "servigi".
E via così.
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Acque agitate nel PdL, si dice. A guardar da fuori il maggiore partito italiano sembra che ognuno vada per conto proprio, parli di cose diverse, spesso in contrapposizione l'uno con gli altri, non si capisce nulla. Sacconi, Fini, Maroni, Gasparri, Calderoli, Bossi, La Russa. Un coro stonato all'ascolto del quale gongola una sinistra ottusa e idiota, che applaude sgangheratamente con la bava alla bocca come un demente in piena crisi che non capisce un'acca di quel che vede. E così è.
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"C'è clima fascista", lamenta Dario Franceschini. Ah, no: non si riferisce all'arrivo in Italia di Hugo Chavez.
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Paolo Guzzanti ha appena fatto un passo importante: ha lanciato la sua "sfida" a Berlusconi in persona, per "contendergli l'elettorato" che - è la posizione dell'ex PdL - è deluso dalla vana promessa di liberalismo rappresentata dal berlusconismo e da berlusconi stesso, il quale ha "ingannato" tutti presentandosi in un modo e poi plasmando l'Italia a suo uso e consumo.
Contemporaneamente, però, mette anche le mani avanti: se il redivivo Partito Liberale non dovesse avere successo sarà inequivocabilmente perché Berlusconi in persona lo oscurerà. In effetti, pensare all'elettorato del PdL ed a quello del Partito Liberale come a due entità in competizione fa una certa impressione. Ma, come al solito, il sanguigno senatore si trova a suo agio nei panni del Davide, stavolta partito a testa bassa contro il Golia per eccellenza, che sfida apertamente a duello (televisivo), già sapendo di ricevere picche in risposta e potendo, quindi, già incassare la prima "vittoria".
Bene, che vinca il migliore: sarà interessante vedere come andrà a finire.
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Riprendiamo la nostra divertente (si fa per dire) carrellata sulla disinformatjia in salsa italiota operata sistematicamente dai media vicini od assoggettati alle "sinistre" (sarebbe meglio dire potentati, banche, comitati d'affari), e lo facciamo con un classico che più classico non si può: il "taglia-e-cuci con cappottamento a sinistra".
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L'editoriale odierno di Sergio Romano sul Corriere della Sera è di quelli che devi leggere tre, quattro volte prima di convincerti che non stai sognando. Il succo del discorso è, secondo il famoso giornalista, che Berlusconi ha sbagliato a querelare Repubblica e L'Unità perché quella non è un'azione politica -- come se ciò che il Gruppo De Benedetti sta facendo da mesi a questa parte lo fosse.
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Quello in cui un padre non può passeggiare abbracciato alla figlia, al fianco della moglie ed attorniato dagli amici, altrimenti viene considerato un pedofilo è un mondo veramente malato. Un mondo nel quale impera la paura, il sospetto, l'ignoranza, l'arroganza.
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Si parla della viceda Sme, trascrizione testuale dal processo per diffamazione nel quale Eugenio Scalfari, fondatore ed attuale Gran Sacerdote di Repubblica, è stato condannato, nel giugno scorso, per alcune sue affermazioni calunniose nei confronti dell'allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi.
«[...] Io ho dato dell’illecito al comportamento non di Berlusconi ma di Craxi, quindi il problema è completamente un altro. È una mia opinione, certo, io non ho dato giudizi su Berlusconi, li ho dati su Craxi. Se si legge il testo non vi è il minimo dubbio. Allora è chiaro che Berlusconi non ha fatto... in quel caso, nel caso di partecipare, di mettere in piedi una cordata. Berlusconi non ha fatto nulla di illecito, Berlusconi è solo un imprenditore [...]».
«[...] Un gruppo americano si disse interessato all’acquisto della Sme, così chiamai l’allora presidente dell’Iri, Prodi, e glielo feci presente. Prodi mi escluse categoricamente che la Sme, pezzo pregiato dell’Iri, sarebbe mai stata venduta. Poi quando pochi mesi dopo De Benedetti mi chiamò per comunicarmi che aveva preso la Sme, parlai nuovamente con Prodi. Ero decisamente sorpreso. Gli dissi perché a Carlo De Benedetti sì e agli altri no, e lui mi rispose secco: “Perché Carlo ha un taglietto sul pisello che tu non hai”... [...]»
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Quindici anni di impunità, quindici anni di vomito venefico sul governo italiano (ma solo a tratti, sappiamo bene quali), quindici anni di scorrazzamenti per i media dei professionisti dell'insulto e della diffamazione, quindici anni di cuccagna durante i quali le vittime di queste angherie hanno dimostrato una superiorità tale da riuscire ad ignorare i propri aguzzini, col risultato che questi si incattivivano sempre più. Quindici anni durante i quali gli italiani hanno imparato a capire da che parte sta il giusto e da che parte sta il marcio, quindici anni di liberazione progressiva dal giogo comunista e cattocomunista, culminata con la distruzione dei partiti della sinistra estrema (e, cosa altrettanto goduriosa, degli ambiental-catastrofisti, i maggiori responsabili dell'arretratezza energetica ed economica di questo paese) e con l'annientamento della sinistra cosiddetta "riformista" (?), sprofondata sotto il proprio stesso peso.
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Come al solito, l'imbarbarimento ed il "killeraggio" scattano solo quando è Berlusconi ad attaccare (per la prima volta ora dopo quindici anni di stillicidio): prima, di ditini alzati non se n'era visto neanche uno. Ora, è tutto un florilegio.
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Finalmente, dopo quindici anni da incassatore, Silvio Berlusconi ha deciso di rispondere (quasi) colpo su colpo allo tsunami di insulti che lo investono ogni giorno che Dio manda in terra, provenienti per lo più dalla cosiddetta "stampa libera". Ieri l'altro Repubblica, oggi L'Unità. Che, tra parentesi, non ha alle spalle i fondi infiniti di De Benedetti e di Mediobanca: una causa milionaria, a meno di una colletta tra nostalgici baffoni con la piadina in bocca, può realmente seppellire in modo definitivo il già più volte zombificato quotidiano di Gramsci, ormai ridotto - alla stregua di Repubblica, del Corriere e de La Stampa - ad un ciclostilato da centro sociale sfigato.
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E fa l'orsolina scandalizzata. Patetico. Lui che ha dato la stura alla vulgata del Dell'Utri mafioso (e del Berlusconi colluso) con la panzana dell'intervista a Borsellino (un falso clamoroso -- o meglio, un abile lavoro di taglio e cucito, ma a tutt'oggi uno dei cavalli di battaglia del compare di Grillo), lui che ravana nei cestini delle Procure di mezza Italia alla ricerca di frammenti da riorganizzare nei suoi epici collage con forbici, scotch e bianchetto, lui che appoggia al 100% l'operato di Eugenio Scalfari e Giuseppe D'Avanzo quando trasformano lo storico quotidiano romano in un surrogato scarso di Novella Tremila; proprio lui si straccia le vesti di fronte al "linciaggio preoccupante" e ci regala questo nuovo momento di sane risate.
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Presi con le dita nella marmellata, mettono da parte ogni pudore, vestono la faccia tosta che più tosta non si può e si stracciano le vesti di fronte allo "ignobile attacco" e alla violazione della privacy.
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E' che proprio non ci arriva, è un sempliciotto, l'hanno abituato a credere in Babbo Natale e non gli hanno mai detto che non esiste. Poi, vabbe': se è una crociata sfigata e se sopattutto contribuisce al tirarsi dietro masse di Lemmings in stile Pifferaio Magico che lo ricoprono letteralmente di soldi, come resistere allo scrivere di "testimonianze" come questa?
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Sarà il caldo, sarà la manciata di voti di beoti e sfigati che ha racimolato alle ultime tornate elettorali, ma Antonio Di Pietro sta "svalvolando" pericolosamente, come si dice a Roma.
«Con quali voti pensa di fare la differenza politicamente nel Paese, il Cavalier nostrano, se non con quella dei sodali malavitosi?»
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No, non è uno scherzo: purtroppo è tutto vero. "La Groenlandia si scioglie", è l'allarmato titolo col quale Repubblica ci da conto della grande preoccupazione di Greenpeace nei confronti del riscaldamento globale, il "misfatto" come viene drammaticamente definito dal pennivendolo italiano.
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Dalle parti di Repubblica sono sempre più fuori dal mondo. Da qualche giorno a questa parte, falliti tutti i patetici tentativi che ben conosciamo e venuta a mancare anche la sponda dei giornali esteri gemellati (dover citare quotidiani africani è sinceramente troppo anche per Largo Fochetti), hanno deciso di fare il grande passo e considerare Berlusconi già sotto due metri di terra.
Gli scoop (vabbe'...), infatti, sono tutti sulla... eredità di Berlusconi che, come al solito, ringrazia sentitamente. E si gratta anche un po' le palle, per non sbagliare.
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Di ritorno dalle ferie cosa meglio di un'altra sparata di Beppe Grillo per ricordarsi di quant'è marcio questo mondo? Adesso, visto che nel Pd non lo vogliono e che la Washball è una truffa (per chi l'ha comprata, non certo per lui che l'ha pubblicizzata), il giullare sudato si (ri)butta sulla boutade della depenalizzazione delle droghe leggere.
Ma bravo, evidentemente vuole che tutta l'Italia sia come lui: colpevole di omicidio colposo plurimo per aver sdraiato diverse persone con l'auto. Diamo uno spinello in bocca a tutti gli italiani, sai che drastico calo negli schianti! Un genio.
Il problema con Grillo non è lui (è che lo disegnano così...), è la massa di sfigati mononeuronici che gli va appresso osannandolo come un dio: gente che, evidentemente, il cervello se l'è già bello che fottuto a furia di fumo. E che, ora, si sente sola e vuole condividere.
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Giuseppe D'Avanzo, il dipendente di Repubblica che si fregia del titolo altisonante di "giornalista d'inchiesta", quello che se cerchi la sua foto con Google ti ritrovi con la brutta faccia di Marco Travaglio (sarà un segno del destino), è disperato. Ormai neanche Eugenio Scalfari crede più alle stronzate che scrive quotidianamente su quel giornale ed ormai è in una fase di delirio schizofrenico e compulsivo.
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Qualcuno, un paio di settimane fa, mi disse: "Guarda, è matematico: non appena scoppierà il bubbone pugliese e il fallimento della bufala morale sarà sotto gli occhi di tutti, vedrai che ritorneranno alla carica col conflitto di interessi".
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