lunedì, luglio 13, 2009

La politica dei figuranti

Com'era prevedibile, Marco Travaglio trova "divertente" l'auto-candidatura di Beppe Grillo alla guida del Partito Democratico. Si dice annoiato dai candidati attuali, l'avvento del comico genovese invece porterebbe quella "ventata di allegria necessaria in una manifestazione di questo genere".

Forse qualcuno dovrebbe spiegare a Marco Travaglio che, anche ammettendo che l'apparato dell'ex-PCI si metta volontariamente una tale serpe in seno, non si sta per assistere ad un'opera buffa, di quelle tanto in voga nei salotti che egli frequenta di solito; che non c'è nulla di "divertente", né di "allegro" in un momento cruciale della vita politica di un'opposizione in estrema difficoltà; che una democrazia senza un'opposizione, se in principio può far piacere e comodo alle controparti a causa della relativa libertà di movimento che lascia ad un Governo che gli italiani chiedono a gran voce che sia attivo e libero da lacci e lacciuoli, a lungo andare è destinata a zoppicare, se non a cadere rovinosamente a terra.
Ma tutto questo evidentemente non tocca individui del tipo di Travaglio, Grillo o Di Pietro; che accecati come sono da una concezione fascista ed autoritaria - quando non mafiosa - del potere, vedono nelle strutture portanti della democrazia, come (può piacere o meno) è un partito quale è il Pd, un ostacolo sulla strada della realizzazione dei loro ideali; e come insegna una dottrina presa di sana pianta dalla sinistra, il sistema migliore per screditare il nemico è ridicolizzarlo, far passare l'idea che faccia parte di un'operetta di bassa lega, un insieme di buffoni, di figuranti.
Categorie che i Nostri, evidentemente, conoscono bene.

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